Detto dei vantaggi passiamo ora agli svantaggi o aspetti negativi del cloud computing, naturalmente sempre per piccole organizzazioni.
Il problema principale è costituito dal fatto che per usufruire dei servizi cloud occorre un collegamento ad internet e pure veloce. Sembra una banalità, ma sono venuto a conoscenza di situazioni reali nelle quali il collegamento non è costante come prestazioni durante tutto l’arco della giornata, anzi è inaccettabile per alcune ore (mi riferisco ad una zona industriale poco distante da un piccolo centro abitato, non ad un paesino fra i monti) ed anche di collegamenti assenti (in un’area ad elevata urbanizzazione) per periodi prolungati (alcuni giorni) o intermittenti nel corso della giornata per lunghi periodi (settimane). In questi ultimi casi occorre sopperire con una connessione di backup (chiavetta USB, se disponibile il collegamento su rete 3G) e non tutti i servizi potrebbero essere disponibili, quindi il collegamento a internet deficitario può creare importanti danni all’azienda “cloud”, tanto più gravi quanto più sono i servizi “in the cloud”. Provate ad immaginare un sistema ERP che funziona solo se c’è il collegamento ad internet: in assenza di connessione l’azienda si blocca con conseguenti costi improduttivi (personale che non lavora, ordini che non vengono processati, ecc.) e perdita di immagine verso i clienti. Occorre tener presente che se da un lato i servizi di cloud computing a pagamento arrivano a garantire dei livelli di affidabilità (disponibilità del servizio, sicurezza dei dati) elevatissimi, dall’altro i provider di servizi internet e telefono del nostro paese danno poche garanzie al riguardo in caso di guasto: ben che vada garantiscono l’intervento entro 48 ore, ma se il problema non si scopre i tempi si possono allungare e vengono riconosciuti risarcimenti danni ridicoli (comparabili con il costo dei canoni del servizio).
Dunque il digital divade ed i problemi di connessione sono i principali ostacoli alla diffusione del cloud computing.
Poi viene il problema della sicurezza dei dati, declinato (ISO 27000 docet) in termini di riservatezza, integrità e disponibilità. Su questo aspetto bisogna verificare i contratti di servizio che, per una piccola azienda, potrebbero risultare ostici e sulla riservatezza bisogna fidarsi.
Alcuni imprenditori italiani sono restii ad affidarsi anche semplicemente ad un servizio di storage in the cloud proprio per timore che qualcuno vada a curiosare fra i suoi dati (quando magari non ha il benché minimo controllo su quello che potrebbe accadere all’interno della sua azienda).
Accanto a questo potrebbero esserci problemi di compliance normativa (ad es. legge sulla privacy), talvolta di difficile interpretazione se il server che custodisce i nostri dati (e dei nostri clienti e fornitori) è collocato in un paese extra UE o non si sa dove.
Infine, senza fare terrorismo, parliamo di sabotaggi e di terrorismo. Se i dati delle aziende si spostassero sempre più “in the cloud” a qualcuno potrebbe venir voglia di sabotare questi dati attraverso tecniche di hacking e quindi di bloccare la produttività di moltissime imprese, causando danni ingenti all’economia globale. Provate a pensare se qualche terrorista riuscisse ad impossessarsi dei dati gestiti da multinazionali come Google, Microsoft o Amazon.
Ma il freno alla diffusione del cloud computing non deve essere la paura, ne lo slancio deve essere il costo basso o addirittura nullo. Occorre effettuare un’adeguata valutazione dei rischi di caso in caso per decidere di rivolgersi a servizi di questo tipo ed a livello di risk management aziendale le nostre piccole imprese non sono certo dei fenomeni! Da un lato ci sono le finte paure, con gradi di rischio minimi perché la probabilità che si verifichino è bassissima e gli effetti si possono prevenire o mitigare con adeguate contromisure. Dall’altro ci sono rischi reali che vengono sottovalutati, accecati magari dalla parola gratis, che contraddistingue molti servizi. Infatti lo sviluppo di molti servizi gratuiti su internet, dalle Google Apps ai vari servizi di backup e storage on line, da Microsoft Live ai tool di collaborazione on-line oppure ai social network professionali come Linkedin o Viadeo, è principalmente dovuto al fatto che spesso i servizi di base sono gratis e molte aziende italiane ci si buttano a pesce senza sapere neanche quali garanzie è in grado di fornire il servizio. Ovviamente i servizi gratis ed il mondo open source non potrebbero sopravvivere senza che nessuno paghi per il lavoro delle persone. Ciò può avvenire o attraverso la pubblicità oppure mediante servizi aggiuntivi più professionali a pagamento. Pensate cosa accadrebbe se domani Facebook ci dicesse che non è più gratis, ma che ad ogni utente – per continuare ad operare sulla piattaforma di social network più diffusa nel mondo – verrà richiesto un minimo obolo, diciamo 1 euro al mese….
Cito un esempio: recentemente la piattaforma NING (un misto fra un sito web ed un social network ristretto) ha deciso di non offrire più i servizi gratis e, molto onestamente, ha proposto servizi a pagamento ed ha permesso ad ogni iscritto di scaricarsi i propri contenuti qualora non volesse aderire ai servizi a pagamento.
Non vorrei essere frainteso, tanto di cappello ai numerosi servizi free come Google Apps o altri che potrebbero migliorare la vita lavorativa di piccole organizzazioni che però non sanno usarli perché nessuno ha detto loro che esistono e come fare per utilizzarli. Il miglioramento dell’efficienza aziendale (e dei piccoli studi professionale) passa anche attraverso l’utilizzo consapevole di strumenti web per la gestione delle attività (calendari, appuntamenti, progetti, documenti) e la comunicazione con l’esterno (sito web, blog, newsletter, forum,…), però occorre che tutto ciò venga pianificato con criterio dall’imprenditore, magari con il supporto di personale competente ed indipendente che sappia indirizzare nel modo giusto le scelte imprenditoriali, senza farsi condizionare dall’enfasi della spinta promozionale di alcuni player che operano sul mercato e che magari hanno già un piede in azienda con altri prodotti o da voci provenienti da colleghi e concorrenti che operano in realtà con esigenze e problematiche diverse.
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