Le imprese italiane e la crisi: il motore Italia si ferma?

Le sfide delle PMI italiane: le criticità emerse a Motore Italia

Lo scorso 26 marzo, durante l’evento “Motore Italia”, sono stati affrontati alcuni dei principali problemi che le imprese italiane devono affrontare in un contesto economico sempre più complesso e incerto. Dalla carenza di manager nelle PMI alla crisi di alcuni settori, passando per le minacce legate ai dazi, all’inflazione e ai costi energetici, il panorama imprenditoriale italiano si trova di fronte a sfide cruciali per il futuro. Vediamo nel dettaglio i temi emersi.

Pochi manager nelle PMI italiane

Le piccole e medie imprese italiane soffrono di una carenza strutturale di manager. Molte aziende, specialmente quelle a conduzione familiare, sono gestite senza una figura manageriale esterna, con il rischio di una limitata innovazione e crescita strategica. La mancanza di competenze manageriali rende più difficile affrontare le sfide del mercato globale e adottare soluzioni innovative per la competitività.

La causa di ciò? Scarsa fiducia degli imprenditori “che si sono fatti da soli” nei dirigenti esterni alla famiglia, desiderio di controllare tutti i processi strategici dell’azienda (a partire dall’amministrazione, finanza e controllo di gestione, spesso assente), timore di eccessivi costi per la retribuzione di manager a contratto, esperienze negative di temporay management

Le imprese a conduzione familiare continuano a rappresentare una parte significativa del tessuto economico italiano, ma la mancanza di un adeguato ricambio generazionale e l’assenza di manager esterni rischiano di limitarne la crescita. La professionalizzazione della gestione aziendale e l’apertura a investitori esterni potrebbero essere soluzioni chiave per garantire la continuità e lo sviluppo di queste aziende.

Crisi aziendale in alcuni settori

Alcuni settori produttivi italiani stanno attraversando una fase di crisi a causa della riduzione della domanda, dell’aumento dei costi delle materie prime e della concorrenza internazionale. Il settore manifatturiero, in particolare, sta soffrendo per l’aumento dei costi di produzione e dell’energia e la difficoltà di reperire manodopera specializzata. La necessità di una trasformazione digitale e di una maggiore efficienza produttiva diventa sempre più urgente, ma la voglia di intraprendere questa strada è spesso frenata dalle nubi che si intravvedono all’orizzonte.

È nota la crisi profonda del settore dell’automotive e di tutto l’indotto. La Germania non tira più gran parte la produzione di componentistica italiana, anzi sta vivendo una crisi ancor più profonda per la forte esposizione delle aziende tedesche nel mercato automobilistico.

Le ragioni sono spesso relative al contesto esterno, alla situazione geopolitica internazionale che sta incidendo in modo sempre più pesante nella produzione industriale.

A fronte delle difficoltà nel settore manifatturiero, il terziario ha mostrato una crescita significativa. I servizi, in particolare quelli digitali, finanziari e professionali, hanno registrato un’espansione importante, evidenziando la necessità per le imprese di investire in nuove competenze e modelli di business più orientati alla conoscenza e all’innovazione.

Le minacce più o meno rilevanti a seconda del settore merceologico sono evidenti:

  1. Elevati costi dell’energia
  2. Possibili dazi imposti dal mercato USA
  3. Concorrenza infra-UE ed extra-UE
  4. Politiche comunitarie
  5. Guerre

 Alcune di queste minacce sono fra loro correlate.

Ad esempio, la politica della Comunità Europea ha significativamente influenzato il mercato energetico (l’embargo al gas Russo ha fatto impennare i costi dell’energia, la tassazione ETF, divieto di omologazione di veicoli a motore termico o ibrido dal 2035, ecc.), così come l’aumento del costo del denaro ha fatto inevitabilmente contrarre la domanda dei consumatori finali in alcuni settori.  

Anche la crescita del terziario, servizi digitali a parte, è stata fortemente influenzata da alcuni elementi nel complesso negativi per l’intero Paese: aumento del costo del denaro, aumento dei costi dell’energia, …

Minacce dal contesto internazionale e incertezza su inflazione e costi energetici

Il contesto internazionale rappresenta una minaccia costante per le imprese italiane. Le tensioni geopolitiche, l’inflazione e l’aumento dei costi energetici stanno incidendo negativamente sulla stabilità economica. Le PMI, in particolare, sono più vulnerabili a queste oscillazioni, avendo minori risorse rispetto alle grandi imprese per assorbire gli shock economici.

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Oltre al generalizzato aumento dei costi energetici, chiaramente influenzato dalla Guerra Russo-Ucraina, poiché ovviamente una fonte energetica come il gas proveniente da un processo di rigassificazione (e da un lungo trasporto transatlantico di gas liquido) costa molto di più di un gas proveniente da un gasdotto, ci sono altri fattori che influenzano alcuni settori industriali fortemente energivori, come l’ETF.

Le tasse ETF (Energy Taxation Framework) legate ai consumi energetici imposte dalla UE si riferiscono alla tassazione sull’energia nell’Unione Europea, regolata dalla Direttiva sulla tassazione dell’energia (Energy Taxation Directive – ETD). Questa normativa stabilisce le aliquote minime di tassazione sui prodotti energetici e sull’elettricità utilizzati nei trasporti, nell’industria e nelle abitazioni. 

Obiettivi della tassa ETF sulla tassazione energetica sono i seguenti:

  • Ridurre le emissioni di CO₂ incentivando l’uso di energie rinnovabili; 
  • Evitare distorsioni del mercato allineando la tassazione tra i diversi Paesi UE; 
  • Generare entrate per la transizione ecologica, sostenendo il Green Deal Europeo. 

Quest tassazione colpisce alcuni settori in particolare:

  • Carburanti per i trasporti (benzina, gasolio, GPL, ecc.); 
  • Energia elettrica (in base alla fonte di produzione); 
  • Combustibili per il riscaldamento (gas naturale, carbone, oli combustibili); 
  • Settori industriali ed energetici che consumano combustibili fossili. 

Nel 2021 la Commissione Europea ha proposto una riforma dell’ETD per: 

  • Aumentare le tasse sui combustibili fossili più inquinanti; 
  •  Introdurre un sistema di tassazione basato sul contenuto energetico e sulle emissioni di CO₂; 
  • Eliminare alcune esenzioni fiscali per il gasolio e il carbone. 

Questa riforma rientra nel pacchetto “Fit for 55”, che mira a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030. 

Le tasse ETF sull’energia hanno un impatto significativo sia sulle aziende che sui cittadini, con effetti diversi a seconda del settore e del tipo di consumatore.

L’’impatto sulle aziende riguarda:

  1. Industrie energivore (acciaierie, cementifici, chimica) subiranno un aumento dei costi operativi se usano combustibili fossili. Questo potrebbe portare a;
    • Prezzi più alti sui prodotti finali;
    • Necessità di investire in efficienza energetica e fonti rinnovabili.
  2. Trasporti e logistica
    • Il costo del carburante per camion, navi e aerei aumenterà con l’abolizione delle esenzioni fiscali su gasolio e cherosene;
    • Si incentivano alternative come biocarburanti, idrogeno e elettrificazione.
  3. Produzione di energia
    • Le centrali a carbone e gas pagheranno più tasse, spingendo verso una transizione alle energie rinnovabili;
    • Le imprese fornitrici di energia potrebbero scaricare i costi sui consumatori.

L’Impatto sui cittadini, invece, riguarderà

  1. Costo del carburante
    • Aumenti su benzina e diesel potrebbero rendere il trasporto privato più costoso.
    • Maggiore convenienza per auto elettriche e trasporto pubblico.
  2. Bolletta energetica
    • Gas e combustibili per il riscaldamento potrebbero diventare più cari;
    • Incentivi per ristrutturazioni green e pompe di calore potrebbero compensare i costi.
  3. Aumento generale dei prezzi
    • Se le aziende scaricano i costi sui consumatori, il costo di beni e servizi può solo salire.
    • Settori come agricoltura e manifattura saranno particolarmente colpiti.

In altre parole, gli effetti sui consumatori finali porteranno (hanno già portato) a minori disponibilità economiche per acquisto di beni e servizi, soprattutto quelli non essenziali.

I Possibili benefici e mitigazioni di questi effetti negativi potranno essere:

  • Sussidi e incentivi per energie rinnovabili, auto elettriche e ristrutturazioni;
  • Compensazioni per famiglie a basso reddito per evitare disuguaglianze sociali;
  • Transizione verso economia più sostenibile con meno dipendenza dai fossili.

In sintesi, la riforma della tassazione energetica UE ha l’obiettivo di accelerare la decarbonizzazione, ma avrà un impatto economico non trascurabile, soprattutto nel breve termine.

Il settore automotive è invece stato fortemente rallentato – oltre che dalla generale contrazione dei consumi, soprattutto per beni di elevato costo – dalla transizione obbligata all’elettrico che sta facendo sentire i suoi effetti, anche in termine di tassazione. Infatti, nell’Unione Europea ci sono sanzioni per i produttori di auto che non rispettano i limiti sulle emissioni di CO₂, anche se, non esiste un obbligo diretto di produrre una certa quantità di auto elettriche o ibride, ma piuttosto un sistema di penalità basato sulle emissioni medie della flotta venduta. In pratica ’UE impone limiti di CO₂ alle case automobilistiche in base alla media delle emissioni delle auto vendute in un anno.

Le imprese di alcuni settori tecnologici, pur condividendo il fine, non giustificano i mezzi di questa politica UE. In particolare, sulle ETF si contesta (un esempio al convegno “Motore Italia” è venuto dall’industria ceramica) il fatto che alcune produzioni manifatturiere sono necessariamente energivore e non hanno alternative all’utilizzo di gas naturale.

A questi impatti negativi si aggiunge il fattore concorrenza del mercato asiatico che non ha i medesimi vincoli.

Questo introduce un altro aspetto: la disuguaglianza nella competizione tra UE ed extra UE ed anche fra Paesi della stessa Comunità Europea, tra cui l’Italia ed altri Paesi comunitari.

La produzione non solo di autoveicoli e motoveicoli, ma di diverse tipologie di prodotti complessi, come elettrodomestici, prodotti elettronici, ecc., prevede oggi una supply chain molto “lunga” e con diversi fornitori. La maggior convenienza produttiva in Paesi extra-UE o, specie per aziende italiane, anche in Paesi intra-UE, ma comunque con costo del lavoro inferiore, ha portato molte aziende italiane a produrre componenti, se non interi prodotti finiti, in altre Nazioni.

Evidentemente produrre all’estero comporta costi inferiori, nonostante i costi di trasporto, perché in altri Paesi (anche della UE) l’energia costa meno che in Italia, la manodopera costa meno perché ci sono minori vincoli (sicurezza sul lavoro, diritti dei lavoratori…) e costi di contribuzione obbligatoria inferiori. L’effetto che si è avuto negli ultimi anni è stato quello di danneggiare le PMI italiane (più piccole che medie) e di rendere il lavoro maggiormente precario e peggio retribuito.

Recentemente anche il comparto agroalimentare (agricoltori ed allevatori in primis) hanno lamentato le politiche UE che favorirebbero l’acquisto di prodotti agroalimentari dal Sudamerica rispetto ai prodotti nostrani.

Quindi, se l’obiettivo è la sostenibilità, dobbiamo considerare che tutto ciò aumenta le emissioni nocive in termini di inquinamento e minori controlli sulle aziende estere, oltre che una concorrenza sleale che favorisce imprese estere. Probabilmente gli obiettivi ESG si sono troppo focalizzati sulla E  e poco sulla S.

In Italia, anche se la produzione industriale è stata migliore nel 2024 rispetto ad altri Paesi UE, le previsioni sono meno rosee anche perché è stato recentemente certificato che stipendi e salari italiani sono cresciuti molto meno rispetto ad altri Paesi, rendendo il potere di acquisto degli italiani, rispetto ai cittadini di altri Paesi UE ed extra-UE come la Gran Bretagna, molto inferiore di quello ad inizio secolo!

Se una qualsiasi persona ha avuto l’opportunità di fare un viaggio negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia o Germania negli anni ’80, negli anni ’90, ad inizio secolo e negli ultimi due anni ha potuto constatare quanto sia peggiorata la situazione del turista italiano all’estero in termini di potere d’acquisto.

Negli Stati Uniti, anche oggi quando si paventa il rischio recessione, l’economia “gira”: i prezzi per beni e servizi sono alti rispetto al nostro Paese, ma le retribuzioni sono adeguatamente elevate per consentire un livello di consumi sostenibile.

E veniamo al tanto temuto problema dei dazi.

È bella la libertà del commercio globale senza vincoli, ma quando la concorrenza è leale ed equa.

La mossa degli USA, per ora solo annunciata nei confronti della UE, di imporre elevati dazi sui prodotti europei, potrebbe sconvolgere il mercato internazionale e danneggiare fortemente alcuni settori ed imprese del nostro Paese. Ma se l’obiettivo è quello di avvantaggiare la produzione interna agli Stati Uniti rispetto all’export, forse dovevamo pensarci anche noi. Perché favorire l’ingresso in Europa e soprattutto in Italia di prodotti realizzati in Paesi dove la regolamentazione è profondamente diversa a danno di altre imprese italiane?

Diciamolo francamente: i prodotti acquistati dai consumatori finali oggi sono di qualità largamente inferiore a quelli acquistati 20 o 30 anni fa. Ovviamente non intendo in termini di funzionalità (chiaramente un telefono cellulare o un computer di fine secolo scorso aveva caratteristiche largamente inferiori a uno smartphone o PC di oggi, anche ad un prezzo equivalente al netto dell’inflazione), ma di affidabilità, non conformità rilevate nel breve e nel medio periodo dall’acquisto.

Naturalmente ci sono aziende che temono più i dazi dei costi elevati dell’energia e aziende che la vedono in modo opposto.

La crisi delle imprese italiane è iniziata

Le incertezze ed i rischi oggi sono tanti: sicuramente l’eventuale fine della guerra russo-ucraina porterebbe maggiori effetti positivi rispetto all’introduzione dei dazi su alcuni beni importati negli USA.

Da ultimo vorrei stigmatizzare la virata della UE verso il riarmo: la conversione di fabbriche automobilistiche in fabbriche di armamenti non è una cosa buona, il PIL è come il colesterolo, c’è quello buono e quello cattivo! Così come il Covid ha fatto aumentare il fatturato per alcuni prodotti e servizi, non tutti così utili e di buona qualità, così ora l’aumento delle spese militari potrebbe nascondere problemi più grossi.

ESG e certificazione

La sostenibilità è un tema sempre più centrale per le aziende italiane. Ottenere certificazioni ESG (Environmental, Social, Governance) rappresenta un’opportunità per differenziarsi sul mercato e accedere a finanziamenti dedicati. Tuttavia, molte PMI faticano a intraprendere questo percorso per la complessità burocratica e i costi associati.

Nel convegno “Motore Italia” si sono potuti apprezzare alcuni interventi di imprese che hanno effettivamente migliorato i loro parametri ESG, soprattutto attraverso interventi di efficientamento energetico che comunque sono utili anche in caso di riduzione dei costi dell’energia.

Anche per le aziende, non solo per le istituzioni, gli aspetti Sociali e di Governance devono essere migliorati e soprattutto occorre puntare ad interventi che non danneggino altri settori, come quello dell’agricoltura (interessanti sono gli impianti fotovoltaici che non precludono l’uso agricolo dei terreni).

Difficile gestione della crescita dimensionale

Uno dei principali limiti delle PMI italiane è la difficoltà di crescere in termini di dimensioni. Le barriere burocratiche, la difficoltà di accesso al credito e la scarsa propensione alla collaborazione tra aziende ostacolano il processo di espansione. La crescita dimensionale è fondamentale per affrontare i mercati internazionali e aumentare la competitività.

Purtroppo, molte aziende, anche del settore dei servizi, non sono riuscite a governare adeguatamente la crescita dimensionale. Questo aspetto è fortemente collegato alla carenza di manager: se un’impresa con N persone può essere gestita da 3 responsabili di funzione – o dal solo imprenditore ed un paio di familiari – che controllano le funzioni Commerciali, Acquisti, Amministrazione, Produzione o Erogazione del Servizio – se l’azienda cresce e raddoppia la forza lavoro con 2xN dipendenti non basteranno più i 3 responsabili di funzione di prima.

Oltre al problema di ampliare le figure di responsabilità, la crescita deve essere accompagnata da un adeguata crescita anche dei sistemi informatici e della digitalizzazione per rendere i processi più efficienti e controllabili.

Purtroppo, questo molti imprenditori non lo hanno capito.

Conclusioni

L’evento “Motore Italia” ha evidenziato sfide cruciali per il futuro delle imprese italiane. La carenza di manager, la crisi in alcuni settori, l’impatto dell’inflazione e dei costi energetici e dei possibili dazi USA, e la necessità di una maggiore sostenibilità sono tutti elementi che richiedono strategie mirate e interventi efficaci. Solo attraverso un’innovazione continua, un miglioramento della governance e una maggiore apertura ai mercati internazionali, le PMI italiane potranno affrontare con successo le sfide del futuro.

In un contesto internazionale così incerto cambiano i rischi che dovranno affrontare le organizzazioni del nostro Pase, ma purtroppo diversi eventi non sono controllabili dagli imprenditori, pertanto alcune misure di mitigazione dei rischi che si prospettano all’orizzonte potrebbero risultare inefficaci non per mancanze dell’imprenditore.

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