Il cliente straniero viene a fare un audit: che fare?

RelazioneMolte piccole e medie imprese italiane negli ultimi anni sono riuscite ad uscire dalla crisi e – in molti casi – anche ad incrementare sensibilmente i ricavi di vendita, attraverso la vendita di prodotti a clienti esteri, soprattutto in area UE. L’acquisizione di un nuovo cliente estero (oggi divenuta sempre meno difficoltosa attraverso siti internet anche in lingua inglese e un’adeguata indicizzazione nei motori di ricerca) e soprattutto la crescita degli ordinativi dopo le prime campionature passa spesso attraverso una visita del cliente estero presso lo stabilimento del fornitore italiano.

La prassi di molte imprese estere, tedesche ed inglesi soprattutto, specialmente se operanti nel settore automotive e se multinazionali, prevede che questa visita al fornitore italiano sia un vero e proprio audit sul sistema qualità e sul processo produttivo interessato alla realizzazione dei prodotti del cliente estero.

Questi audit sono preceduti da comunicazioni formali, quali piani di audit e accordi commerciali o CSR (Customer Specific Requirments) che costituiscono veri e propri Quality Agreement. Tali documenti sono quasi sempre molto impegnativi per le PMI italiane, anche se certificate ISO 9001 (ma non ISO/TS 16949 per il settore automotive).

Il primo audit ha l’obiettivo di valutare lo stato della qualità e dei processi produttivi del fornitore rispetto ai propri standard e di registrarne gli scostamenti al fine di far crescere il fornitore.

A fronte di queste richieste il management dell’impresa italiana talvolta si chiede “Perché non basta la certificazione di qualità?” oppure crede che vengano solo per discutere di aspetti commerciali.

Sicuramente un audit sul sistema qualità, ovviamente in inglese, da parte di un cliente spaventa un po’. Dapprima ci si preoccupa della lingua: un conto è scambiare qualche mail in inglese sulla fornitura di prodotti o su specifiche tecniche note, un conto è rispondere a domande precise e circostanziate poste da un auditor qualificato, talvolta neanche facente parte della struttura di riferimento principale del cliente con cui si ha rapporti, in lingua inglese e rispondere in modo sensato nella stessa lingua su aspetti che probabilmente non vengono gestiti come vorrebbe il cliente. La visita annuale dell’Organismo di Certificazione è un’altra cosa!

Alcuni clienti esteri strutturati, poi, effettuano l’audit con due o tre persone: un esperto di sistemi qualità, un referente degli acquisti per parlare di aspetti commerciali, un membro dell’ufficio tecnico e/o della produzione per discutere di problematiche tecniche… come fare per “marcare a uomo” tanti soggetti pericolosi? Un problema è, come detto, la conoscenza della lingua inglese, un altro è quello della conoscenza anche del “qualitese” da parte di più persone all’interno dell’azienda.

La Direzione di alcune aziende pensa di assoldare un traduttore per essere al riparo da rischi di interpretazione linguistica, altri pensano di mettere in piedi del “cinema” per stupire il cliente con effetti speciali e fargli credere di essere perfetti, soprattutto dal punto di vista della qualità, anche con l’ausilio di registrazioni “finte”. Premesso che assoldare un ottimo attore come George Clooney che conosca anche un po’ di italiano non servirebbe a nulla e costerebbe un pochino troppo, vediamo quali sono i comportamenti da evitare e l’approccio corretto per affrontare questi audit stranieri.

Per prima cosa è opportuno adottare la massima trasparenza nei confronti del cliente, soprattutto se la situazione esistente è parecchio lontana dai requisiti riportati nel Quality Agreement o CSR. Non si può pensare di inventarsi una FMEA o un controllo statistico di processo (SPC) o una MSA (Measurement System Analysis) in un paio di settimane se non si ha l’abitudine all’impiego di tali strumenti. Il rappresentante del cliente sarà sicuramente sufficientemente scafato per accorgersi della messinscena.

Se una determinata prassi non è adottata meglio dichiararlo apertamente e dimostrarsi disponibili ad adeguarsi alle richieste del cliente (dopo aver valutato quanto è importante il cliente e quanto costa adeguarsi).

È bene però evitare troppe promesse che non si potrà mantenere o affermare troppe volte “lo stiamo facendo”: il cliente tornerà per vedere se avete completato quello che stavate facendo!

In questi audit c’è maggiore enfasi sulle Responsabilità della Direzione secondo la ISO 9001 rispetto a quello che normalmente avviene negli audit di certificazione. Lo scostamento di molte imprese fra gli obiettivi e gli indicatori del riesame della direzione e le strategie e gli obiettivi reali della Direzione stessa emergono immediatamente ad un esame attento. I piani di miglioramento simili ad una letterina a Babbo Natale (“Prometto che sarò più bravo”) sono inadeguati: l’auditor del cliente chiederà quali sono gli obiettivi, quali gli indicatori per misurarli, come si pensa di perseguirli, con quali azioni, con quali risorse (persone, mezzi, strumenti, risorse finanziarie), responsabilità, tempi e modalità di monitoraggio dell’avanzamento delle attività pianificate.

In produzione l’identificazione e la rintracciabilità dei prodotti è considerata molto importante, non basta dire che “tutti sanno che prodotto o componente è questo”, occorre identificarlo in modo opportuno.

I controlli in produzione e finali devono essere fatti in tempo reale, l’auditor del cliente estero non concepisce il fatto che le registrazioni si mettono a posto prima che arrivi l’Organismo di Certificazione.

Anche se nessun auditor dirà che il sistema informatico è inadeguato dalle sue richieste si capirà se i fabbisogni informativi sono soddisfatti in modo adeguato dai programmi software utilizzati, soprattutto in ambito produzione, controlli qualità ed analisi dei dati.

Teoricamente l’auditor del cliente dovrebbe esaminare solo la produzione degli articoli realizzati per esso, ma se sono state effettuate solo alcune campionature potrà spaziare su tutta la produzione per capire come siete organizzati, anche se su altri prodotti i relativi clienti non hanno richieste particolari di assicurazione qualità.

Non serve a nulla tradurre in inglese il Manuale Qualità o qualche procedura se il cliente non lo richiede esplicitamente: tali documenti devono rispecchiare l’operatività interna ed essere compresi da tutto il personale dell’azienda che deve conoscere e poter accedere sul posto di lavoro a procedure e, soprattutto, alle istruzioni operative/di lavoro.

Il fatto che le procedure sono in italiano e il cliente non conosce la nostra lingua potrebbe essere un vantaggio perché non può chiederci ragione di regole che eventualmente non sono osservate, però qualcuno dovrebbe essere in grado di spiegargliele.

A fronte di evidenti non conformità, non solo rispetto agli standard del cliente (capitolato, CSR o Quality Agreement), ma anche rispetto alle proprie procedure del sistema qualità, è meglio non cercare di arrampicarsi sugli specchi (“Abbiamo cambiato la procedura da poco”, “l’operatore è nuovo e non era ancora stato addestrato”, “per noi è un aspetto poco importante”, “Il cliente non ce lo ha mai chiesto”, “stiamo modificando il softwae”,….): di tutto ciò che accade di diverso dalle regole stabilite (norme, procedure, specifiche del cliente) i responsabili – a diversi livelli – sarete solamente voi, per non aver saputo prevenire il problema, per non aver addestrato le persone, per non aver completato le azioni pianificate nei tempi previsti, per non aver monitorato i processi e così via.

qualityexcellentAlla fine dell’audit, o comunque nei giorni successivi, il cliente manderà un report con i risultati dell’audit, comprendente eventuali non conformità ed osservazioni o elementi di miglioramento che vorrebbero fossero adeguati. Dopo il rapporto il cliente normalmente chiede un piano di miglioramento o documento analogo nel quale si dovrà indicare le correzioni, le azioni correttive e le azioni preventive che si intende attuare per risolvere le anomalie riscontrate, comprendenti tempi e responsabilità per l’attuazione. Il consiglio è di non proporre piani ed azioni correttive che non sarete in grado di attuare efficacemente nei tempi previsti, perché alle scadenze temporali che indicherete il cliente vi chiederà l’avanzamento del piano e le evidenze dell’attuazione delle azioni correttive (documenti, foto, ecc.). Meglio non barare se ci tenete al cliente perché torneranno a visitarvi e se non troveranno attuato quanto promesso le brutte figure sono garantire e la fiducia del cliente sarà minata.

Infine teniamo presente gli effetti della Brexit: se il cliente è inglese o è un fornitore di un cliente britannico forse con la perdita di potere di acquisto della Sterlina i nostri prodotti saranno meno economici per cui la competitività va mantenuta attraverso la qualità.

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