Affrontare la crisi economica riducendo i costi

j0178401Vorrei riproporre un articolo del marzo 2009 pubblicato sul sito www.dicrosta.it che, purtroppo continua ad essere drammaticamente attuale. Ho apportato solo leggeri ritocchi ed aggiornamenti, ma nella sostanza la situazione conomica-finanziaria delle imprese del nostro Paese non è cambiata di molto, anzi è peggiorata.

In questo periodo la crisi economica globale sta affossando molte imprese e, soprattutto le piccole e medie imprese del settore manifatturiero, si trovano in grave difficoltà ormai da tempo: la stragrande maggioranza ricorre alla cassa integrazione, alcune chiudono, altre riducono il personale per quanto possibile.

Al calo drastico degli ordinativi (la riduzione del PIL costante degli ultimi anni ha reso la situazione reale di molte piccole aziende ancor più gtave), che in taluni casi è superiore al 30-40% del fatturato medio pre-crisi, le aziende cercano di porre rimedio cercando di ridurre, o meglio di “tagliare”, i costi, spesso in modo indiscriminato e dissennato. Certo la situazione è grave, non c’è certo da essere ottimisti per il futuro prossimo (la lieve ripresa, per ora solo prevista per il 2014, è troppo lieve per risanare in breve tempo la situazione di numerose imprese), però non bisogna perdere i lumi della ragione, occorre ridurre i costi sì, ma con giudizio, senza far perdere competitività all’azienda depauperandola delle risorse necessarie alla sopravvivenza.

La stessa corsa dissennata ad accaparrarsi un po’ di cassa integrazione non è un buon segnale. Se lo Stato aiuta le imprese con questo strumento poi mancheranno risorse economiche per altre forme di assistenza, magari più necessarie (Sanità, Pubblica Istruzione, infrastrutture…).

A mio modo di vedere l’impresa in questo momento dovrebbe sapersi guardare dentro e cercare di ridurre i costi al solo fine di guadagnare efficienza e, piuttosto, cercare di investire in quelle aree che potrebbero in futuro migliorare le prestazioni e l’efficienza dei processi e quindi incrementare la competitività quando i mercati cominceranno a riprendersi, anche se di poco. Certamente se non si crede nella ripresa futura tanto vale “chiudere bottega” oggi piuttosto che “tirare a campare” per poi non avere una struttura adeguatamente competitiva quando gli ordinativi inizieranno a tornare, se non quelli di un tempo, almeno decisamente migliori.Se da un lato la ripresa in Italia è ancora lontana e troppo lenta per essere efficace nel risollevare molete piccole imprese, dall’altro c’è l’opportunità del mercato estero dove si sono già riscontrati andamenti positivi di diversi indicatori macroeconomici. Naturtalmente non si può pensare di vivere solamente di export (poche aziende italiane già lo fanno), ma di sopravvivere in attesa di una vera ripresa in Italia sì. Moltissime realtà, poi, soprattutto nel settore dei servizi, non esportano affatto e non è pensabile che si possano proporre anche solo nel mercato della Comunità Europea.

Dunque bisogna analizzare i propri costi e cercare quali sono le voci di costo che incidono con una percentuale troppo elevata sui ricavi e che, al ridursi drastico dei ricavi stessi, rischiano di incidere maggiormente nei futuri conti economici. Per fare ciò occorrerebbe un sistema di controllo di gestione adeguato all’impresa, che ci fornisse i numeri corretti in tempo utile per prendere i provvedimenti necessari tempestivamente.

La prima cosa da fare è predisporre un conto economico degli ultimi 2 o 3 anni dettagliato per le principali voci di costo, suddivise in costi variabili, legati al variare dei ricavi, e costi fissi o di struttura. Poi, per ogni voce di costo, occorre vedere in che misura incidono sull’ammontare totale dei ricavi e dei costi stessi, quindi cercare di intervenire sulle voci di costo più rilevanti. Ciò comporta suddividere ulteriormente le voci di costo in categorie maggiormente dettagliate, fino – se necessario – arrivare alla singola spesa per una determinata fornitura. Le quote di ammortamento dovrebbero essere le più reali possibili, svincolate dalla normativa fiscale.

Parallelamente bisogna agire sui costi dei prodotti, evidenziando quei prodotti o linee di prodotto, o quei clienti che – al ridursi dei ricavi – vedono ridursi il margine di contribuzione fino ad annullarsi.

A questo punto, dotandosi di un adeguato strumento di simulazione (da Excel ai sistemi ERP capaci di analisi di business intelligence, a seconda delle dimensioni dell’azienda), si inizia a valutare cosa si può eliminare o perlomeno ridurre:

  • Se elimino un prodotto o una linea di prodotto poco o per nulla remunerativa riesco a ridurre conseguentemente in maniera significativa i costi, magari alienando un macchinario costoso ed obsoleto o riducendo il personale di quel reparto?
  • Se cerco di ridurre determinate voci di costo non indispensabili ottengo un beneficio economico tangibile senza perdere di efficacia e di efficienza?
  • La riduzione del personale di un’area o processo di supporto, giustificata dal calo di fatturato (e quindi di volumi di fatture attive e passive, ordini a fornitori, d.d.t., ecc.), mi porta a recuperare margine di contribuzione?
  • Eliminando i piccoli clienti che mi assorbono risorse in modo significativo a fronte di percentuali di fatturato molto ridotte posso aumentare i margini?
  • Ottimizzando gli acquisti, sia core che no-core, posso ridurre i costi complessivi del prodotto e quelli di struttura?

Inoltre occorre rivedere tutti i processi aziendali, eventualmente riprogettarli, per evidenziare possibili miglioramenti in termini di efficienza e di qualità. La reingegnerizzazione dei processi, che non si poteva fare quando le cose andavano bene e non c’era tempo, ora che il tempo non manca più dovrebbe essere valutata con attenzione, anche se ciò porterà conseguentemente anche nuovi costi (per consulenze, sistemi informatici, formazione del personale, ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica in genere). Paradossalmente in alcune realtà questa considerazione non è vera perchè la riduzione delle commesse e del fatturato ha portato ad una riduzione eccessiva di risorse (ricorso esagerato a CIG, licenziamenti, dismissioni, ecc.) e ad una produzione con margini molto più ridotti a causa della riduzione smisurata dei prezzi, con conseguenza che le risorse sono più impegnate di prima, anche perchè producono in modo inefficienze.

Quante attività potrebbero essere svolte con minori risorse (in minor tempo, impiegando meno personale) solo attraverso l’automazione, l’informatica ed una adeguata formazione del personale? Se si vuole guardare avanti non bisogna ripetere gli errori del passato: quando c’erano buoni guadagni e tutti correvano e non avevano tempo per cercare di migliorare l’efficienza dei processi non si è sfruttata l’opportunità di incrementare l’efficienza investendo risorse economico-finanziarie (che erano disponibili) e tempo del personale (che era carente). Ora che la situazione si è invertita (risorse economico-finanziarie scarse con maggior disponibilità di tempo, ma non per tutti per le considerazioni fatte in precedenza) non possiamo rimandare ulteriormente la riorganizzazione interna se non vogliamo essere penalizzati quando il mercato ripartirà (all’estero è già ripartito). Un piccolo investimento (in termini percentuali rispetto ad altre voci di bilancio) può far ridurre le risorse necessarie per lo svolgimento di varie attività: a volte basta formare adeguatamente il personale per sfruttare adeguatamente i sistemi informatici per ottenere piccoli miglioramenti quotidiani che sul lungo periodo migliorano le performance dei processi in modo tangibile.

Certo, senza un sistema di controllo di gestione adeguato o nemmeno una suddivisione dei costi per destinazione, oltre che per natura come richiesto dalla contabilità generale, senza conoscere i costi reali dei prodotti (comprensivi dei costi di lavorazione delle macchine e del personale), senza possedere indicatori adeguati per misurare le performance dei processi, senza sistemi informativi adeguati, senza procedure documentate che descrivono processi ed attività, compiti e responsabilità, è dura riorganizzare con cognizione di causa l’azienda; in questo caso bisogna rimboccarsi le maniche per recuperare manualmente i dati e le informazioni disponibili. Quindi è opportuno cercare di tenere sotto controllo la situazione in futuro, dotandosi di adeguati strumenti (informatici e gestionali) per riuscire a capire dove si sta andando, ricordandosi che quando le cose vanno bene forse potrebbero andare meglio se avessimo investito nella ricerca dell’efficienza e quando le cose vanno male potrebbero andare peggio se non fossimo stati previdenti e tempestivi perseguendo l’efficienza dei processi in tempo utile.

Queste considerazioni sopra esposte avevano una certa valenza all’inizio di un periodo di crisi economico-finanziaria, ma se errare è umano perseverare è diabolico. Infatti molte aziende hanno smesso di investire nel loro futuro per cercare di migliorare la propria efficienza e la propria competitività ed ora si trovano in una situazione molto peggiore: hanno cercato di riprendersi una certa quota di mercato solo riducendo i prezzi ed hanno tagliato i costi delle risorse che sarebbero state utili per migliorare l’efficienza dei processi interni. Quindi hanno raggiunto una competitività effimera e temporanea, valida solo per un breve periodo, perchè non genera margini adeguati a finanziare la ripresa. Queste imprese ora non hanno neppure più risorse finanziarie per investire nel miglioramento e gli istituti di credito non sono più disposti a finanziarle oltre un minimo e le politiche attuate hanno demotivato il personale interno ed i fornitori esterni (che magari si sono visti allungare oltre misura i tempi di pagamento). Per loro, forse, serve solo un miracolo.

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