Tutti i moderni sistemi di gestione ci hanno insegnato che è necessario effettuare una valutazione dei rischi, con il focus su aspetti specifici del sistema di gestione di riferimento, in base al contesto interno ed esterno dell’organizzazione. E che tale valutazione va riesaminata o aggiornata con periodicità predefinita (ad es. annualmente in occasione del riesame di direzione) o allorquando mutano significativamente gli elementi che hanno contribuito alla valutazione stessa (fattori critici di successo, contesto interno ed esterno).
Ora tutte queste valutazioni vanno modificate, non perché ce lo dice la norma di riferimento (ISO 9001, ISO 27001, IATF 16949, ecc.), ma perché ce lo dice la coscienza del buon imprenditore, direttore generale, amministratore delegato, ecc.
Quante valutazioni dei rischi, anche quelle sviluppate negli ambiti più specifico come quella del BCMS della ISO 22301 sulla continuità operativa, avevano previsto il rischio pandemia come un rischio reale? Forse nessuna in questi termini. Tutti gli esperti ed i testi di risk management ci hanno sempre detto che bisogna considerare i rischi significativi considerando la loro gravità, in termini di conseguenze o impatto sul business, e la loro probabilità di verificarsi. Diverse tecniche di risk assessment prendono in considerazione questi due elementi espressi in una scala quali-quantitativa, di alto, medio o basso, di 1, 2, 3, 4 e così via. Quindi non dovevamo considerare l’asteroide che cade sulla terra, la guerra nucleare o … la pandemia mondiale. Perché, per quanto tali eventi possano essere devastanti la loro probabilità rasenta lo zero, l’altamente improbabile. I criteri di calcolo del rischio spesso riportano il livello minimo di probabilità (livello 1) come “un evento che non si è mai verificato, ma possibile”.
In realtà molte valutazioni dei rischi legate alla realizzazione di business continuity plan hanno considerato il rischio di un’epidemia di influenza che causi l’assenza prolungata di gran parte del personale dell’azienda, mettendo a repentaglio la continuità del business della stessa, ma ora la situazione è diversa: in molte realtà il personale sta benissimo, ma non può recarsi in azienda a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria Coronavirus.
Però in quest’articolo non voglio trattare il problema legato alla continuità operativa a fronte di un’interruzione provocata da una pandemia, voglio pensare al dopo, a quello che avverrà durante la ripresa, graduale, delle attività.
Ebbene, non tutte le imprese riescono oggi ad immaginarsi il “dopo”, però se la Direzione aziendale ha a disposizione alcune informazioni ed indicatori validi può prevedere quello che succederà, almeno in parte.
Naturalmente cambierà il mercato, il processo commerciale e di vendita di prodotti e servizi. Il contesto esterno è sensibilmente mutato e da un lato troviamo alcuni settori che non si sono mai fermati (es. alimentare) o che hanno incrementato sensibilmente le attività produttive e di erogazione di servizi (es. settore sanitario, medicale, farmaceutico, ecc.); dall’altro troviamo settori che saranno in piena crisi con riduzione sensibile del fatturato e rischio anche di chiudere le attività. Faccio ad esempio riferimento al settore turistico-alberghiero, ove alcune piccole realtà che hanno subito un fermo completo dell’attività per uno o due mesi se dovessero affrontare una stagione estiva con la clientela contingentata probabilmente non potrebbero raggiungere il punto di pareggio.
Dunque, l’imprenditore deve analizzare il proprio mercato di riferimento capire quali settori merceologici sta servendo e – nel caso di produzione di componenti o semilavorati conto terzi – quali settori merceologici sta servendo il proprio cliente. Mai come ora è importante la diversificazione della clientela e del relativo fatturato. Una concentrazione dei ricavi su pochi clienti o su un solo settore merceologico rappresenta normalmente un fattore di rischio.
Il comportamento dei clienti sarà fondamentale per capire quale ripresa ci potrà essere. Infatti, al di là del settore di appartenenza del cliente, occorre considerare quale strategia adotterà (o sta già adottando) il cliente. Purtroppo, già si percepisce che alcune aziende stanno bloccando gli ordinativi per timore di subire costi che poi ipoteticamente non potranno essere recuperati da adeguati ricavi, forse solo per paura di quello che potrà succedere in futuro. Il timore di investire sul futuro, sull’innovazione tecnologica, sull’innovazione di prodotto e servizio e sui nuovi scenari è certamente una strategia che penalizzerà diverse aziende. Potremo rivedere quello che si è già verificato nella crisi della fine degli anni ’10, ma più in grande: aziende che cercano di tagliare tutti i costi possibili e immaginabili per fronteggiare i cali momentanei di fatturato che poi vengono superate da altre aziende che hanno investito sul futuro. Il processo di riduzione indiscriminata dei costi, compresi quelli del personale, ha già prodotto nel recente passato impatti sociali importanti con diminuzione delle disponibilità economiche degli individui (soprattutto se paragonate con i cittadini di altri Paesi europei e del Nord America), diminuzione dei consumi, riduzione dei prezzi al fine di incrementare le vendite, ulteriore riduzione dei costi di produzione a scapito della qualità e così via in un ciclo tutt’altro che virtuoso.
In generale non tutte le aziende che lavorano nel settore meccanico, per realizzare prodotti su specifiche del cliente, sanno di preciso dove vanno a finire i componenti/prodotti che realizzano, ovvero qual è il prodotto finale ed a che filiera appartiene. È invece importante sapere se si sta lavorando per la filiera dell’automotive o dell’alimentare o del medicale.
Nel contesto esterno occorre esaminare anche i mutamenti che sono avvenuti e che si prospettano nel parco fornitori. Tutte le aziende hanno bisogno dei fornitori e talvolta non hanno mai cercato alternative per tutte le forniture critiche. Ora il nostro fornitore, soprattutto se si tratta di una piccola impresa, potrebbe aver difficoltà a produrre a sua volta o addirittura potrebbe chiudere per motivi economico-finanziari o di salute della proprietà.
Dopo aver esaminato i rischi commerciali di sensibile perdita di ricavi e quelli legati all’indisponibilità delle fonti di approvvigionamento, dobbiamo esaminare il contesto interno, come si modificherà la produzione e/o l’erogazione di servizi nei prossimi mesi con eventuali limitazioni (distanziamento sociale, DPI, …). Potrebbero verificarsi impatti negativi sull’organizzazione della produzione e del personale che vi opera. Gli strumenti di pianificazione della produzione e dell’erogazione di servizi avranno nuovi input e nuovi vincoli da considerare e potrebbero dimostrarsi inadeguati a gestire la nuova realtà.
In base a quello che è stato il comportamento dell’azienda nei confronti del personale interno e delle reazioni delle risorse umane potrebbero configurarsi nuove situazioni e nuovi rischi di conflitto: personale che pretende misure di sicurezza migliori, che vorrebbe usufruire dello smart working in modo diverso, dispute con i sindacati, persone insoddisfatte della gestione di eventuali casse integrazioni, ferie imposte, ecc..
Dal punto di vista delle risorse tecniche e infrastrutturali potrebbe verificarsi la necessità di dover utilizzare in modo diverso le risorse produttive, rimandare l’acquisto di una nuova macchina o ripensare all’impiego di macchine differenti per affrontare le nuove esigenze produttive.
Sul fronte delle risorse tecnologiche può darsi che l’infrastruttura ICT si sia dimostrata inadeguata ad operare da remoto e, anche se è passata l’emergenza, le previsioni non escludono il verificarsi di una nuova pandemia di Coronavirus fintantoché non verrà diffuso un vaccino. Allora bisogna attivare l’accesso da remoto agli applicativi aziendali in modo sistematico, lo smartworking potrebbe diventare una modalità di lavoro standard, anche se non per tutte le giornate lavorative, per diversi dipendenti. I gestionali un po’ vecchiotti che non forniscono funzionalità web potrebbero essere sostituiti, il personale che ha evidenziato scarsa dimestichezza con i nuovi strumenti tecnologici per il lavoro a distanza potrebbe necessitare di formazione. La gestione della sicurezza informatica potrebbe essere ripensata nel nuovo contesto.
Nuovi rischi emergono, con probabilità di accadimento e gravità delle conseguenze differenti rispetto a qualche mese fa; dunque alcuni rischi che prima non necessitavano di trattamento dovranno essere affrontati con azioni opportune.
D’altro canto, potrebbero emergere nuove opportunità da considerare e valutare: indebolimento della concorrenza su certi mercati (il competitor potrebbe essere stato penalizzato su altri mercati e settori ed essere in difficoltà), possibilità di entrare in settori con buone prospettive future (ad es. medicale), e così via.