Chi è il DPO?

privacyChi è realmente il Responsabile della protezione dei dati (RPD) o Data Protection Officer (DPO), figura prevista dal Regolamento UE 679/2016 (GDPR)?

Forse sarebbe meglio rispondere anche ad altre domande:

  • Cosa fa il DPO?
  • Quali requisiti deve possedere?
  • A chi serve il DPO?

Il Garante italiano per la Protezione dei Dati Personali e le Linee-guida del WP243, sviluppate dall’apposito Gruppo di Lavoro Articolo 29 a livello europeo, ci vengono in aiuto, ma non bastano a disperdere il polverone che si sta facendo da ogni parte attorno a questa figura.

Si legge da varie fonti di “Corsi specialistici per DPO”, “Esami per qualifiche da DPO”, “migliaia di posti di lavoro come DPO” e così via. È tutto al vero?

Vediamo anzitutto quali sono i requisiti di un DPO o RPD che dir si voglia.

Il Responsabile della Protezione dei Dati (RPD o DPO), nominato dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento, dovrà:

  1. Possedere un’adeguata conoscenza della normativa e delle prassi di gestione dei dati personali, anche in termini di misure tecniche e organizzative o di misure atte a garantire la sicurezza dei dati. Non sono richieste attestazioni formali o l’iscrizione ad appositi albi professionali, anche se la partecipazione a master e corsi di studio/professionali può rappresentare un utile strumento per valutare il possesso di un livello adeguato di conoscenze.
  2. Adempiere alle sue funzioni in piena indipendenza e in assenza di conflitti di interesse. In linea di principio, ciò significa che il RPD non può essere un soggetto che decide sulle finalità o sugli strumenti del trattamento di dati personali.
  3. Operare alle dipendenze del titolare o del responsabile oppure sulla base di un contratto di servizio (RPD/DPO esterno).

Il titolare o il responsabile del trattamento dovranno mettere a disposizione del Responsabile della Protezione dei Dati le risorse umane e finanziarie necessarie all’adempimento dei suoi compiti.

Leggendo queste righe si evince che non possono esistere corsi per DPO che qualifichino per questo ruolo, né elenchi o albi. Ovviamente tutti i “corsi per DPO” possono essere più o meno validi per svolgere questa mansione in futuro, ma non forniscono la “patente” per farlo.

Le competenze del DPO (insieme di livello di istruzione, conoscenze, capacità/abilità ed esperienza…) devono svariare fra competenze legali, informatiche ed organizzativo-gestionali. Naturalmente il RPD deve conoscere bene il Regolamento UE 679/2016, ma anche il D.Lgs 196/2003 che costituisce tuttora la normativa sulla privacy italiana da oltre 13 anni ed i vari provvedimenti del Garante italiano su videosorveglianza, Amministratori di Sistema, ecc..

Quali saranno le competenze prevalenti? Fino a che livello un DPO deve sapere di sicurezza informatica?

Sicuramente sono più importanti competenze di base consolidate a 360° negli ambiti legale, informatico e gestionale, piuttosto che essere esperti di una materia e non conoscere nulla delle altre. Infatti il DPO non dovrà configurare un firewall (attività che potrà delegare a tecnici sistemisti), ma dovrà sapere cos’è e conoscere i suoi principi di funzionamento.

Per capire quali competenze precise dovrà possedere il DPO occorre comprendere che il DPO è un ruolo da ricoprire in una determinata organizzazione, dunque sarà importante che il DPO conosca discretamente i processi gestionali dell’organizzazione in cui dovrà operare ed in funzione del tipo di organizzazione dovrà possedere requisiti minimi differenti. Per esempio il DPO di un Ospedale o di una organizzazione della Sanità Privata non dovrà necessariamente avere le stesse competenze del DPO di un Comune, di un Ufficio Giudiziario o di una Società che sviluppa software per la profilazione di utenti. Quindi ad ognuno il suo DPO.

Infine sottolineiamo il fatto che il DPO deve essere indipendente dalle altre funzioni aziendali e dipendere solo dal titolare del trattamento, dunque in molte organizzazioni difficilmente una figura interna possiede questi requisiti.

 

Quindi, quali sono i compiti del DPO?

Il Responsabile della Protezione dei Dati dovrà, in particolare:

  • sorvegliare l’osservanza del Regolamento, valutando i rischi di ogni trattamento alla luce della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità;
  • collaborare con il titolare/responsabile, laddove necessario, nel condurre una valutazione di impatto sulla protezione dei dati (DPIA);
  • informare e sensibilizzare il titolare o il responsabile del trattamento, nonché i dipendenti di questi ultimi, riguardo agli obblighi derivanti dal Regolamento e da altre disposizioni in materia di protezione dei dati;
  • cooperare con il Garante e fungere da punto di contatto per il Garante su ogni questione connessa al trattamento;
  • supportare il titolare o il responsabile in ogni attività connessa al trattamento di dati personali, anche con riguardo alla tenuta di un registro delle attività di trattamento.

Esaminando i suddetti punti emerge un ruolo un po’ da consulente e un po’ da auditor, ma con contorni non ben definiti. In base al tipo di organizzazione il DPO o RPD che dir si voglia dovrà svolgere compiti più o meno estesi, potrà essere supportato da un team di altre persone, interne o esterne all’organizzazione, che potranno essere specialisti in ambito informatico, legale o altro a seconda del settore di appartenenza. Ad esempio in una organizzazione sanitaria il DPO potrebbe essere supportato da esperti nel settore sanitario, ad esempio medici.

Anche un DPO esterno potrebbe assumere l’incarico avvalendosi di un team di collaboratori, anche per far fronte alle numerose richieste da parte degli interessati che potrebbero porre quesiti sulle modalità di trattamento dei propri dati personali.

Inoltre è da sottolineare il fatto che il DPO deve disporre anche di autonomia e risorse sufficienti a svolgere in modo efficace i compiti cui è chiamato ed è il titolare (o responsabile) del trattamento che ha l’onere di garantire ciò.

In definitiva il perimetro dei compiti del DPO andrebbe definito bene di caso in caso in apposito contratto o delega del titolare.

Si osserva che il GDPR impone al titolare o al responsabile del trattamento di pubblicare i dati di contatto del DPO e di comunicare i dati di contatto del DPO alle pertinenti autorità di controllo; dunque è un incarico ufficiale e pubblico, affinché tutti gli interessati al trattamento di dati personali effettuato dall’organizzazione possano contattare il DPO per richiedere informazioni sul trattamento dei dati che li riguardano.

Da ultimo, ma non di minore importanza: i DPO non rispondono personalmente in caso di inosservanza del GDPR, ma tale responsabilità ricade sempre e solo sul titolare o sul responsabile del trattamento.

 

 

Vediamo, infine, in quali casi è previsto il DPO, ovvero quando una organizzazione è obbligata a nominare un DPO.

Dovranno designare obbligatoriamente un RPD:

  1. amministrazioni ed enti pubblici, fatta eccezione per le autorità giudiziarie;
  2. tutti i soggetti la cui attività principale consiste in trattamenti che, per la loro natura, il loro oggetto o le loro finalità, richiedono il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala;
  3. tutti i soggetti la cui attività principale consiste nel trattamento, su larga scala, di dati sensibili, relativi alla salute o alla vita sessuale, genetici, giudiziari e biometrici.

Anche per i casi in cui il regolamento non impone in modo specifico la designazione di un RPD, è comunque possibile una nomina su base volontaria. Ma questa frase non farà effetto su quelle Società che pensano di nominare un DPO solo se strettamente obbligatorio per legge.

Si precisa che un gruppo di imprese o soggetti pubblici possono nominare un unico RPD.

Dunque un consulente esterno qualificato potrebbe assumere il ruolo di DPO, per così dire, in outsourcing, per diverse organizzazioni.

Gli esempi forniti nella Linea-guida del GdL Articolo 29 su chi effettivamente dovrà nominare un DPO in ambito privato forniscono qualche indicazione, ma non dirimono tutti i dubbi. Soprattutto il concetto di “larga scala” è molto dibattuto: preso atto che un medico di famiglia non tratta dati particolari (sanitari in questo caso) su larga scala, salendo sul gradino superiore di questa scala virtuale, quale soggetto, avente comunque un organico ridotto, tratta dati particolari su larga scala: un poliambulatorio privato, una clinica/ospedale privati, un Amministratore di Condominio, un fornitore di servizi di ristorazione collettiva?

Speriamo che non siano le sentenze a definire meglio la normativa che, qui come in altre parti, lascia ampio spazio all’interpretazione.

Da quanto esposto emerge una similitudine fra la figura del DPO – che deve proteggere i dati personali dell’individuo – e l’RSPP (Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione per la Sicurezza e Salute del Lavoro, secondo il D.Lgs 81/2009 e s.m.i.) – che deve garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro -, con un distinguo, però: l’RSPP è responsabile anche legalmente in caso di incidente, mentre il DPO non è responsabile in caso di violazione dei dati personali.

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