Cosa sono gli adeguati assetti organizzativi?

Il nuovo art. 2086 del Codice Civile riporta quanto segue:

“Gestione dell’impresa

1. L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.

2. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.”

Le PMI si stanno adeguando?



Già dal marzo 2019, con il Codice della Crisi, tutti gli Amministratori d’Impresa che non si saranno dotati di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili capaci di intercettare in tempo utile le avvisaglie delle eventuali crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale, sono tenuti a rispondere anche con il proprio patrimonio in caso di insolvenza (il VI comma dell’art. 2476 C.C. infatti, ha fatto sorgere in capo agli amministratori, che non hanno adeguatamente protetto l’azienda e quindi non hanno adottato le disposizione dell’art. 2086 II comma C.C., la responsabilità diretta, solidale dei debiti della società). Purtroppo, la crisi derivante dal Covid (non per tutti, anzi) ha fatto dimenticare questo adempimento, ma le novità legislative hanno di fatto introdotto la necessità, per le imprese, di dotarsi di strumenti in grado di rilevare e superare la crisi e recuperare la continuità aziendale. Non solo gli Amministratori, ma anche i sindaci e i revisori di società sono di fatto tenuti alla verifica della corretta applicazione di suddette norme a pena di una corresponsabilità nel caso in cui sopraggiunga una crisi dell’impresa-

Come in altre situazioni (ad es. efficacia del Modello Organizzativo ex D.Lgs 231/2001) saranno i Giudici dei Tribunali a stabilire se un’azienda ha adottato un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile? Purtroppo sì e sta già accadendo.

Se da un lato sono stati definiti degli indicatori di allerta per rilevare le avvisaglie della crisi di impresa, il loro calcolo può presentarsi talvolta non pienamente attendibile e, comunque, non può rappresentare la dimostrazione di aver adottato un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile. Tali indicatori di early warning, infatti, sono i seguenti:

  1. Patrimonio netto: se negativo, indica una situazione di piena crisi; 
  2. DSCR previsionale a 6 mesi: è un Indicatore predittivo in quanto indica la sostenibilità dei debiti almeno per i 6 mesi successivi.   Non deve essere < 1Rapporto Oneri finanziari / ricavi: non deve essere superiore ai valori soglia 1,5%-3,8% nelle rispettive aree settoriali;
  3. Rapporto Oneri finanziari / ricavi: non deve essere superiore ai valori soglia 1,5%-3,8% nelle rispettive aree settoriali;
  4. Rapporto Patrimonio netto / mezzi di terzi: non deve essere inferiore ai valori soglia che oscillano tra 2,3%- 9,4%;
  5. Rapporto Attivo a breve/Passivo a breve: non deve essere inferiore ai valori soglia che variano dal 69,8% al 108%;
  6. Rapporto Cash flow/attivo: i valori soglia proposti variano da un minimo del 0,3% ad un massimo del 1,9%.

Qualche dettaglio ulteriore sul DSCR (Debt Service Coverage Ratio): è il «rapporto di copertura del servizio del debito». È un indice che misura la sostenibilità finanziaria del debito aziendale, cioè la capacità futura (nei prossimi 6 mesi) di un’impresa di onorare i propri debiti finanziari con i flussi di cassa generati dalla gestione operativa. Il DSCR è un indice che ha al numeratore il “cash flow operativo” e al denominatore il “cash flow al servizio del debito”. È un indice importante, perché ci fa capire se un’azienda produce, dalla sua gestione caratteristica, un ammontare di cassa sufficiente a pagare i debiti contratti. Esso, dunque, si calcola come rapporto tra il cash flow prodotto dalla gestione operativa (numeratore) e gli impegni finanziari assunti in termini di quota capitale ed interesse oggetto di rimborso nell’orizzonte temporale considerato (denominatore).

Lo strumento consente di valutare la sostenibilità dell’indebitamento in ottica prospettica: il periodo da considerare sono i 6 mesi successivi all’analisi. Vengono inseriti quindi sia gli interessi che la quota di debiti da rimborsare, così come previsto dai piani di ammortamento.

Dunque forse solo quest’ultimo indicatore ha una prospettiva futura attendibile, anche se le previsioni sugli incassi di alcuni crediti spesso possono essere molto soggettive.

Del resto tutti gli indicatori che derivano dall’analisi di bilancio (i c.d. indici di bilancio) presentano la carenza intrinseca di essere calcolati a consuntivo, dopo l’approvazione del bilancio, dunque con un ritardo eccessivo rispetto al momento in cui si sono svolti i fatti che hanno provocato gli effetti sul bilancio raccontati dagli appositi indici. Gli stessi indici possono altresì essere calcolati con maggior frequenza e maggior tempestività, ma risentono comunque di u n elevato livello di imprecisione, dipendente dalle caratteristiche dell’azienda (ad es. le imprese di servizi che operano su commessa non possono essere monitorate nel breve periodo da ricavi e cash flow a breve).

Sono tutti d’accordo che per dimostrare di aver adottato adeguati assetti organizzativi ci vuole altro, ma cosa?

Da parte di diversi soggetti (tra cui Enti come il CNDCEC e ASSONIME), esperti in vari settori, sono “sbocciate” diverse soluzioni e strumenti correlati che hanno lo scopo di affrontare il monitoraggio dell’andamento dell’impresa da diversi punti di vista. Un elenco, per nulla esaustivo, degli strumenti ritenuti necessari (ma non sempre sufficienti) per dimostrare di aver adottato adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili può essere il seguente:

  • Cruscotti /dashboard di indicatori di vario tipo, quantitativi e/o qualitativi
  • Balanced scorecard
  • Sistema di gestione per la qualità ISO 9001 e relativa certificazione
  • Modello organizzativo secondo il D. Lgs 231
  • Credit Risk Management System (CRMS) comprendente l’addendum EFRMS e relativa certificazione EFRMS 14:2019 Economical Financial Risk Management System
  • Analisi SWOT e analisi del contesto
  • Mappa strategica
  • Business Plan
  • Valutazione dei rischi di business
  • Innovation Management
  • Modello UMIQ
  • Controllo di gestione
  • Budgeting
  • Pianificazione strategica
  • Organigramma e mansionario, job description
  • Procedure documentate che descrivono i processi aziendali
  • Software Gestionali e MES
  • Ecc.

Premesso che un po’ tutti questi strumenti possono essere utili, ma non indispensabili, ritengo che ogni Società dovrebbe identificare i propri obiettivi di business e cercare di raggiungerli attraverso una pianificazione strategica che preveda il monitoraggio di indicatori in grado di misurare tutti i processi aziendali. In pratica è quello che si prevede nella norma ISO 9001 e nella norma ISO 9004, ma purtroppo poche aziende hanno recepito nel modo corretto questi principi.

Sicuramente le Balanced Scorecard, attraverso le quattro prospettive, hanno ben accolto l’esigenza di monitorare non solo gli aspetti finanziari o non solo quelli produttivi. Ma non si limitano a questo, la metodologia di Kaplan e Norton è molto più ampia.

Alcuni modelli per il calcolo di indicatori hanno il difetto di rispondere ad una valutazione puramente qualitativa e soggettiva ad alcune domande di una check-list/questionario, senza entrar nella specificità delle dinamiche aziendali.

Il modello di gestione aziendale che prevede assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati è sicuramente quel modello che si dimostra più efficace (ed anche efficiente) per monitorare l’andamento aziendale e, quindi, anche in grado di prevedere con elevato livello di attendibilità l’immediato futuro. Quindi, unitamente agli indicatori di early warning sopra menzionati, permette all’imprenditore di “alzare la mano” e chiedere aiuto prima che la crisi aziendale diventi irreversibile e, dunque, rivolgersi all’OCRI, l’Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa appositamente predisposto ed in conclusione di evitare lo spettro della “bancarotta fraudolenta” che il Legislatore paventa per quegli amministratori che non hanno dotato l’impresa di adeguati assetti organizzativi.

La misurazione dei processi aziendali dev’essere tempestiva e con frequenza adeguata a rilevare trend negativi che potrebbero consigliare l’adozione di azioni correttive tempestive per correggere la rotta.

Come sopra anticipato (e previsto anche dalla teoria delle Balanced Scorecard) è necessario tenere sotto controllo anche obiettivi ed indicatori legati allo sviluppo dell’impresa, alla conservazione ed acquisizione delle conoscenze necessarie per migliorare, alla formazione del personale, all’innovazione tecnologica.

Sappiamo che i bilanci non sono sempre buoni indicatori dello stato di salute di un’azienda, non solo per il ritardo con il quale vengono consuntivati i valori economico-finanziari ivi contenuti, ma anche perché potrebbero nascondere inefficienze ed obsolescenza dell’impresa, soprattutto in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, nel quale la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica è fondamentale per accrescere il valore dell’impresa.

In conclusione ogni azienda ha dei processi che rivestono un’importanza relativa diversa e dovrebbe individuare un set di indicatori idoneo a misurare i suoi processi.

Spesso, però, gli indicatori più idonei a misurare l’andamento di determinati processi aziendali necessitano di dati affidabili ed aggiornati, desunti possibilmente dai sistemi informativi aziendali. Questi ultimi rivestono, pertanto, un ruolo fondamentale anche nel dimostrare di avere adeguati assetti organizzativi.




Effetti della Brexit sulla PMI

BrexitOrmai la Brexit, ovvero l’uscita della Gran Bretagna dalla UE, è ormai fatto certo, anche se i tempi non saranno immediati. Analizziamo, dunque, quali potranno essere gli effetti di questo avvenimento, oserei dire storico, sull’industria italiana che intrattiene rapporti commerciali diretti o indiretti con l’industria britannica.

In particolare, numerose imprese italiane hanno acquisito, soprattutto negli ultimi anni, alcuni clienti del Regno Unito, magari grazie ai prezzi particolarmente competitivi, grazie al cambio favorevole per la Sterlina nei confronti dell’Euro.

Ora, però, la Gran Bretagna sta per uscire dall’Unione Europea e si paventano nuovi ostacoli al commercio fra Europa dell’Unione e Regno Unito. Al momento non ci è dato sapere quali e quanti nuovi problemi sorgeranno negli scambi commerciali con la Gran Bretagna, in quanto le regole sono da riscrivere e ciò porterà via un po’ di tempo.

Di certo c’è il consistente calo della quotazione della Sterlina Britannica nei confronti dell’Euro e ciò se da un lato favorisce il turismo e in generale i viaggi ed i soggiorni di lavoro verso la Gran Bretagna, dall’altro rende meno competitivi i prodotti italiani nei confronti dell’industria britannica. L’effetto si potrà avere non solo per clienti diretti inglesi, ma anche per la fornitura di prodotti a clienti che, a loro volta, forniscono imprese britanniche.

Perdere un 10% nel prezzo percepito dal cliente per un prodotto o per una commessa non è cosa di poco conto! Il cliente potrebbe rivalutare fornitori britannici a discapito dell’attuale fornitore italiano.

Per questo, al fine di non perdere il cliente, occorre che le imprese italiane che riforniscono – direttamente o indirettamente – clienti inglesi cerchino di mantenere la propria competitività non abbassando i prezzi per sopperire alla diminuzione di valore della Sterlina, ma puntando su qualità del prodotto e del servizio, oltre che sull’organizzazione interna, cercando di rendere i propri processi più efficienti. Questo potrebbe essere ottenuto introducendo innovazioni nel processo produttivo, nella progettazione (ove presente) e nei processi di supporto, attraverso il miglioramento delle competenze del personale ed il ricorso a sistemi informativi più moderni e performanti, e perché no, ricorrendo anche ad innovazioni tecnologiche che rientrano nella sfera della cosiddetta “Industry 4.0”.

Ottenere la certificazione ISO 9001 per chi non la possiede oppure migrare il sistema qualità alla ISO 9001:20015 sfruttando le opportunità di miglioramento fornite dalla nuova norma, o magari – per chi opera nel settore automotive – cercare di ottenere la certificazione ISO/TS 16949: queste sono alcune strade da percorrere per cercare di essere più competitivi ed apparire “più forti” nei confronti del cliente britannico che ha fatto della qualità il suo modus operandi ormai da decenni. E se per caso volesse venirci a visitare per fare un audit fornitore (si veda anche l’articolo “Il cliente straniero viene a fare un audit: che fare?”) potremmo mostrare le capacità, l’organizzazione e l’affidabilità della nostra azienda.




Come applicare la ISO 9001:2015 – V parte

valutazione prestazioniIn questo quintoarticolo vedreno in dettaglio i requisiti del capitolo 9  (Valutazione delle prestazioni) e 10 (Miglioramento) della norma UNI EN ISO 9001:2015 con particolare riguardo alle novità introdotte rispetto alla precedente versione del 2008 ed alle possibili modalità di attuazione dei nuovi requisiti, per il passaggio del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 alla ISO 9001:2015.

9 Valutazione delle prestazioni

La sezione 9 della norma si suddivide in tre paragrafi

  • 9.1 Monitoraggio, misurazione, analisi e valutazione
  • 9.2 Audit interno
  • 9. 3 Riesame di direzione

che rappresentano il “cuore” dell’attività di quality management, i cui compiti spesso sono completamente demandati alla funzione Qualità delle organizzazioni di medie e piccole dimensioni, sebbene il riesame del sistema rimanga una responsabilità della Direzione stessa.

Il punto 9.1 a sua volta è suddiviso in:

  • 9.1.1 Generalità: l’organizzazione deve stabilire cosa, quando e come monitorare e misurare per garantire l’efficacia del sistema di gestione ed il soddisfacimento dei requisiti; inoltre deve stabilire come valutare i risultati del monitoraggio e delle misurazioni, conservandone informazioni documentate come evidenze.
  • 9.1.2 Soddisfazione del cliente: occorre monitorare la percezione che ha il cliente del rispetto delle sue esigenze ed aspettative, stabilendo metodi e criteri di valutazione dei risultati.
  • 9.1.2 Analisi e valutazione: occorre analizzare e valutare i dati delle misurazioni e dei monitoraggi effettuati per valutare il raggiungimento degli obiettivi, la conformità dei prodotti, la soddisfazione delle esigenze del cliente, le prestazioni dei fornitori, la corretta attuazione di quanto pianificato, l’efficacia del sistema di gestione e delle azioni intraprese per il miglioramento, nonché per valutare le esigenze di miglioramento.

Anche su questi punti la domanda che ci si deve porre è: «quello che l’organizzazione ha stabilito di implementare è efficace e sufficiente per soddisfare i requisiti della norma?». Anche riguardo all’impiego di metodi statistici la norma offre la possibilità di utilizzarli, non certo l’obbligo.

Sicuramente traspare maggiore enfasi sul monitoraggio e la misurazione dei processi rispetto alle precedenti edizioni della norma ISO 9001, ma sarà sufficiente per imporre alle organizzazioni di adottare sistemi di misurazione e monitoraggio, nonché relativi indicatori, più efficaci e realmente vissuti come essenziali per governare i processi?

Il requisito 9.2 relativo agli audit interni (ex verifiche ispettive) non presenta significative differenze rispetto all’edizione del 2008: gli audit devono essere svolti per verificare la conformità alla norma ISO 9001 ed al sistema di gestione per la qualità, nonché l’efficacia dello stesso. Essi devono essere programmati secondo i medesimi criteri esposti in passato, anche con riferimento alla ISO 19011. Per dimostrare che si sono stabiliti requisiti di pianificazione e reporting la stesura o il mantenimento della procedura sulla conduzione degli audit interni è fortemente consigliata, anche se non più obbligatorio.

Occorre forse ribadire che la frequenza degli audit sui processi primari e più critici forse non è opportuno che sia di una sola volta all’anno, come per i processi secondari o di supporto. L’abitudine di molte organizzazioni di effettuare un solo audit completo poco prima che arrivi l’Ente di Certificazione non è proprio in linea con lo spirito della norma.

Nessuna novità rispetto al requisito di imparzialità ed indipendenza dell’auditor; piuttosto si enfatizza il fatto che correzioni e/o azioni correttive conseguenti ai rilievi dell’audit devono essere intraprese senza indebiti ritardi. Quanto tempo può essere concesso per chiudere i rilievi importanti emersi in fase di audit? L’inerzia di molti responsabili di funzione nel non voler affrontare “i problemi della qualità” dovrebbe essere adeguatamente sanzionata.

Infine il requisito 9.3 sul riesame della direzione (suddiviso nei paragrafi 9.3.1 Generalità, 9.3.2 Input al riesame di direzione e 9.3.3 Output del riesame di direzione) è stato spostato dalle Responsabilità della Direzione della precedente edizione della norma a questo capitolo di Valutazione delle prestazioni del sistema di gestione per la qualità, anche se la responsabilità dei risultati del riesame ricade in capo all’alta direzione. Gli input al riesame sono stati estesi, naturalmente alla valutazione dei cambiamenti dei fattori interni ed esterni che influenzano il sistema di gestione ed all’efficacia delle azioni intraprese per affrontare rischi ed opportunità, ovvero alle principali novità della norma.

L’output del riesame deve trattare le modifiche che si rendono necessarie al sistema, le opportunità di miglioramento e le risorse necessarie.

Naturalmente sono richieste evidenze documentali dello svolgimento del riesame (dati in input, verbali di riunione di riesame del sistema, programmi di miglioramento, ecc.); la procedura non è necessaria (non lo era nemmeno nella precedente versione del 2008), ma chi ce l’ha se la tenga.

10 Miglioramento

Questa sezione si suddivide in tre paragrafi, nel primo 10.1 Generalità si riassume che il miglioramento deve riguardare:

  • Prodotti e servizi erogati, non solo limitatamente al soddisfacimento delle esigenze attuali di conformità degli stessi, ma anche in previsione di esigenze ed aspettative future;
  • Correzione, prevenzione e riduzione di ogni effetto indesiderato (NC, indicatori non soddisfacenti, ritardi di consegna, maggiori costi, ecc.);
  • Il miglioramento delle prestazioni e dell’efficacia dello stesso sistema di gestione per la qualità che, dunque, deve essere dinamico e non statico nei secoli dei secoli.

calcoliIl successivo paragrafo 10.2 tratta le Non conformità ed azioni correttive, tornate di nuovo insieme per focalizzare l’attenzione sugli aspetti di miglioramento del processo di gestione delle NC, le quali, per la fase di gestione del trattamento, sono rimaste insieme ai processi produttivi (si veda § 8.7 “Controllo degli output non conformi”).

Alle organizzazioni è richiesto di reagire prontamente alle non conformità per tenerle sotto controllo e correggerle, anche al fine di evitare effetti negativi gravi, sia interni che esterni (dal cliente). Le fasi successive di analisi delle cause (di NC, problemi in genere, rilievi da audit, reclami, ecc.), determinazione delle azioni correttive, pianificazione ed attuazione delle stesse e, infine, di valutazione della loro efficacia, sono sostanzialmente le stesse rispetto alle edizioni precedenti della norma, ma con maggiore enfasi sul processo stesso di gestione del ciclo di miglioramento che si avvicina al c.d. metodo 8D del settore automotive.

L’ultimo paragrafo della norma ISO 9001:2015 – il 10.3 Miglioramento continuo – si ricollega al punto 10.1 di cui sopra, ai risultati del riesame di direzione ed a tutte le informazioni derivanti dalla valutazione delle prestazioni del sistema di gestione per la qualità per determinare la necessità di migliorare in modo continuativo l’efficacia del sistema di gestione, considerando anche le opportunità di miglioramento emerse dalle altre attività del capitolo 9 della norma stessa.

 

Con questo articolo si conclude l’analisi dei requisiti della nuova norma ISO 9001:2015. Alcune interpretazioni soggettive potranno sicuramente essere smentite dai fatti a fronte di nuove interpretazioni ufficiali (al momento in Italia è disponibile solamente una Linea guida pubblicata da CONFORMA con il patrocinio dell’UNI) e prassi di fatto adottate dagli Organismi di Certificazione, comunque sotto il controllo di ACCREDIA. Vedremo anche se l’Ente di Accreditamento stesso vorrà replicare la pubblicazione delle linee guida (Criteri per un approccio efficace ed omogeneo alle valutazioni di conformità alla norma ISO 9001:2008 “Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti”) emesse per le due precedenti edizioni della norma e, quindi, se saranno disponibili maggiori dettagli applicativi per gli auditor che dovranno valutare i SGQ delle organizzazioni.




Come applicare la ISO 9001:2015 – IV parte

FabbricaIn questo quarto articolo vedreno in dettaglio i requisiti del capitolo 8  (Attività operative) della norma UNI EN ISO 9001:2015 con particolare riguardo alle novità introdotte rispetto alla precedente versione del 2008 ed alle possibili modalità di attuazione dei nuovi requisiti, per il passaggio del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 alla ISO 9001:2015.

8 Attività operative

Le “operations” sono il cuore dei processi primari e della norma, ma forse il capitolo con minori modifiche rispetto alla edizione precedente della ISO 9001.

La Pianificazione e controllo operativi (8.1) non richiede nulla di più di quello che è necessario per pianificare e tenere sotto controllo i processi necessari al fine di garantire la conformità di prodotti e servizi. Le informazioni documentate da mantenere (procedure, programmi della produzione, piani della qualità, piani di controllo, piani di progetto, …) e conservare (rapporti di controllo, registrazioni di verifiche, controlli, validazioni, ecc.) sono “quelle che servono”: come esposto in altri punti sta alla responsabilità dell’azienda dimostrare che realizza ciò che ha pianificato, ovviamente in conformità ai requisiti specificati.

Il punto Requisiti per i prodotti e i servizi (8.2) comprende tutti i requisiti relativi ai “processi relativi al cliente” della precedente edizione della norma ed amplifica il suo raggio di azione. I sotto paragrafi trattano i seguenti aspetti, tutti finalizzati ad un’appropriata definizione dei requisiti del prodotto e/o servizio:

  • Comunicazione con il cliente: tratta la corretta gestione di tutte le informazioni che transitano fra organizzazione e propri clienti (offerte, ordini, contratti, cataloghi, listini, depliant, siti web, specifiche, reclami, segnalazioni, ecc.).
  • Determinazione dei requisiti relativi ai prodotti e servizi: poche parole, ma molto chiare dovrebbero far capire che devono essere definiti requisiti per prodotti e servizi comprendenti aspetti cogenti e requisiti stabiliti dall’organizzazione stessa che deve poi dimostrare di essere in grado di offrire al cliente quello che promette.
  • Riesame dei requisiti relativi ai prodotti e servizi: tutti i requisiti stabiliti dal cliente, dall’organizzazione e da normative cogenti devono essere riesaminati per assicurare di avere la capacità di soddisfarli.
  • Modifiche ai requisiti per i prodotti e servizi: le variazioni ai requisiti del prodotto/servizio devono essere gestite aggiornando documentazione e trasferendo le informazioni necessarie a chi di dovere.

Anche in questo caso le informazioni documentate necessarie sono quelle che servono e la procedura documentata non è richiesta, ma opportuna nel momento in cui si vuole stabilire delle regole interne. L’audit di questo elemento non dovrebbe essere difficile, come non dovrebbe essere raro rilevare le promesse consapevolmente non mantenute o non mantenibili, le dichiarazioni di requisiti incomplete, le presentazioni eccessivamente autoincensanti, l’assenza di risorse adeguate per soddisfare i tempi di consegna confermati e così via. Il problema è capire se e come verranno registrate, ovvero qual è il limite fra la conformità e la non conformità?

Anche il punto 8.3 Progettazione e sviluppo di prodotti e servizi è una riscrittura, probabilmente più completa ed efficace, dell’ex punto 7.3 della norma del 2008.

I punti trattati sono i seguenti:

  • Generalità: il processo di progettazione deve essere appropriato alla successiva fornitura di prodotti e servizi conformi.
  • Pianificazione della progettazione e sviluppo: non si rilevano particolari novità rispetto alla versione precedente, ma tutto deve essere considerato nel pianificare il processo di progettazione, comprese la partecipazione del cliente ai controlli della progettazione e le esigenze delle altre parti interessate (es. collettività ed utenti finali).
  • Input alla progettazione e sviluppo: i dati di ingresso al processo di progettazione devono comprendere tutti gli aspetti importanti, comprese le potenziali conseguenze negative di un guasto sul prodotto e le norme ed i codici di condotta che l’organizzazione si è impegnata a rispettare.
  • Controlli della progettazione e sviluppo: in un’unica voce (“controlli”) sono compresi riesami, verifiche e validazioni delle precedenti edizioni della norma ISO 9001.
  • Output della progettazione e sviluppo: anche per questo elemento non ci sono variazioni salienti rispetto alla ISO 9001:2008 in quanto è richiesto che gli elementi in uscita dalla progettazione siano completi e univoci e comprendano i criteri di monitoraggio e controllo del successivo processo di realizzazione.
  • Modifiche della progettazione e sviluppo: nulla di significativamente diverso rispetto alla precedente edizione della norma, le modifiche progettuali devono essere gestite in modo adeguato.

Il successivo punto 8.4 Controllo dei processi, prodotti e servizi forniti dall’esterno equivale come contenuti al punto 7.4 (Approvvigionamento) delle edizioni precedenti (2000 e 2008) della norma.

Nel primo sottopunto (Generalità) viene chiarito che quando il prodotto/servizio di un fornitore esterno viene incorporato nel prodotto/servizio venduto al cliente, oppure viene fornito direttamente al cliente dal fornitore stesso (subappalto) o quando un processo o parte di esso viene fornito dal fornitore (in outsourcing), è necessario stabilire controlli efficaci su tali forniture, qualificare, valutare e rivalutare periodicamente il fornitore, ovvero monitorare costantemente le prestazioni dei fornitori e conservare informazioni documentate su tali attività.

Il Tipo ed estensione del controllo sul fornitore deve essere pianificato in funzione dell’influenza che la fornitura ha sulle capacità dell’organizzazione di fornire con regolarità prodotti e servizi conformi ai requisiti stabiliti.

Le informazioni ai fornitori esterni devono essere complete di tutti gli aspetti relativi alla fornitura, compresi specifiche di controllo, qualifiche del personale, tempi, requisiti di assicurazione qualità. Di fatto non ci sono state variazioni significative rispetto all’edizione del 2008.

Il punto 8.5 Produzione ed erogazione dei servizi è abbastanza simile al punto 7.5 della precedente versione della norma. Il sottopunto 8.5.1 (Controllo della produzione e dell’erogazione dei servizi) torna a distinguere fra processi produttivi e di erogazione di servizi e richiede esplicitamente informazioni documentate per definire le attività da svolgere ed i risultati da conseguire: a seconda dei casi le organizzazioni dovranno definire procedure, programmi di produzione, piani di controllo, piani della qualità o quant’altro ritenuto necessario per tenere sotto controllo la produzione o il processo di erogazione del servizio. Fra gli aspetti nuovi si segnala la necessità di intraprendere azioni che prevengano gli errori umani: non si tratta dei “sistemi a prova di errore” della specifica tecnica ISO/TS 19649 per l’automotive, ma si va verso quella direzione.

Il successivo 8.5.2 (Identificazione e rintracciabilità) non presenta modifiche significative rispetto alla edizione 2008.

Invece le Proprietà che appartengono ai clienti o ai fornitori esterni (8.5.3) estendono il requisito della precedente edizione della norma alle proprietà dei fornitori (ma in realtà il materiale giunto non conforme dal fornitore andava notificato allo stesso anche nelle precedenti edizioni della norma), modernizzando un po’ il requisito stesso in quanto oggi sono diventate sempre più importanti le proprietà intellettuali, la protezione dei dati personali ed in generale tutta la gestione delle informazioni in formato digitale, spesso gestite con troppa superficialità.

Nel sottopunto 8.5.4 viene trattato il requisito relativo alla Preservazione degli output dei processi produttivi e di erogazione dei servizi, impiegando un termine forse un po’ infelice (in lingua italiana) per indicare, di fatto, gli stessi requisiti che comparivano nelle precedenti edizioni della norma quando si parlava di “conservazione dei prodotti”, di “movimentazione”, “immagazzinamento”, “imballaggio”, ecc., comprendendo anche le fasi di trasporto e consegna, quando sotto responsabilità dell’Organizzazione. Ora in due righe si sintetizzano tutti i concetti.

Le Attività post-consegna sono trattate al sottopunto 8.5.5 che rappresenta un requisito innovativo (per la verità implicito nella precedente edizione della norma), anche se di fatto viene ripristinato il requisito 4.18 dell’edizione del 1994 ampliandolo e non riducendolo solo all’assistenza. Oggi, infatti, l’assistenza post-consegna, che comprende assistenza in garanzia, su contratto, supporto nell’utilizzo del prodotto, gestione dell’eventuale smaltimento e di problematiche legate al ritiro dei prodotti non conformi, comunicazioni e così via, è diventata estremamente importante per la percezione di qualità che ha il cliente di un’organizzazione.

Il successivo sottopunto 8.5.6 (Controllo delle modifiche) costituisce un nuovo requisito che vuole porre l’attenzione delle organizzazioni sulla corretta gestione di tutte le modifiche (pianificate e impreviste) alle specifiche di un prodotto/servizio o alla sua realizzazione. Occorre definire compiti e responsabilità per il riesame delle stesse e conservare informazioni documentate per attestare la corretta gestione delle modifiche.

ingranaggi ISO 9001:2015Nel paragrafo Rilascio di prodotti e servizi (8.6) la norma specifica che l’organizzazione deve verificare – in fasi appropriate – che sia stato attuato quanto pianificato nella produzione di prodotti ed erogazione di servizi. In particolare, prima di rilasciare il prodotto al cliente occorre accertarsi che tutto quanto era stato pianificato (lavorazioni, elaborazioni, controlli, test, ecc.) sia stato effettivamente completato soddisfacentemente per garantire la conformità del prodotto/servizio ai requisiti stabiliti. L’unica eccezione è data dall’approvazione di una “Autorità competente” o del cliente a rilasciare comunque un prodotto, ad esempio, non completamente controllato.

Su questo punto la norma richiede evidenze documentali:

  • dei controlli effettuati, a fronte di criteri di accettazione stabiliti, per il rilascio dei prodotti;
  • del riferimento alla/e persona/e che ha effettuato il rilascio del prodotto/servizio.

Questo requisito, come il successivo 8.7 (Controllo degli output non conformi), pur considerando le differenze di struttura tra le due edizioni della norma, sono stati di fatto spostati fra le Attività operative (ex capitolo 7) dalle Valutazioni delle prestazioni (analogo all’ex capitolo 8 dell’edizione del 20008 della norma).

Relativamente alle non conformità è stata esplicitata la necessità di intraprendere azioni correlate alla natura della non conformità ed ai suoi effetti; tra esse la semplice correzione, la segregazione, il contenimento degli effetti e l’informazione al cliente, ad esempio, che parte dei lotti consegnati possa risultare non conforme, se ci si accorge di un problema dopo la consegna del prodotto al cliente.

Naturalmente le NC vanno gestite anche durante lo svolgimento del processo produttivo o l’erogazione del servizio, in qualunque fase esse si verifichino. Infine, è necessario conservare informazioni documentate sulle NC rilevate e sulla loro gestione, come era richiesto nella precedente versione della norma.

(continua)




Come applicare la ISO 9001:2015 – III parte

MP900387631In questo terzo articolo affronteremo il capitolo 7 Supporto della norma UNI EN ISO 9001:2015 con particolare riguardo alle novità introdotte rispetto alla precedente versione del 2008 ed alle possibili modalità di attuazione dei nuovi requisiti, per il passaggio del sistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008 alla ISO 9001:2015.

7 Supporto

Questa sezione, completamente nuova come titolo, ma non come contenuti, è direttamente figlia della HLS delle norme sui sistemi di gestione. Essa raccoglie diversi elementi afferenti ai cosiddetti processi di supporto di una organizzazione: gestione delle risorse umane, know-how, sistemi informativi, documenti e dati, dispositivi di monitoraggio e misura, macchinari/attrezzature ed altre apparecchiature hardware, ecc.

L’organizzazione deve sempre determinare le necessità di risorse per il funzionamento dei processi e metterle a disposizione, considerando le capacità delle risorse esistenti, i vincoli che gravano su di esse e ciò che può essere demandato a fornitori esterni.

Anche solo nel paragrafo Generalità di questa sezione si va più a fondo rispetto alle precedenti edizioni della norma su concetti fondamentali quali la disponibilità di risorse adeguate per perseguire gli obiettivi stabiliti, garantire la conformità dei processi e dei prodotti realizzati o servizi erogati. Forse parte delle PMI italiane non saranno pienamente conformi ai requisiti della norma, infatti chi ha messo a disposizione le risorse adeguate per soddisfare gli obiettivi?

Nei paragrafi successivi la norma ISO 9001:2015 non fa che ribadire che devono essere messe a disposizione le Persone (le risorse umane sono ritornate ad essere persone) e le Infrastrutture (edifici, macchinari, attrezzature, risorse tecnologiche, risorse per il trasporto…) necessarie per l’efficace attuazione del sistema di gestione per la qualità, il funzionamento e controllo dei processi e per ottenere la conformità dei prodotti e servizi ai requisiti.

Anche l’Ambiente per il funzionamento dei processi deve essere adeguato a quanto sopra ed addirittura la norma, nelle note esplicative per chiarire cosa si intende per “ambiente”, fa riferimento a principi etici, aspetti sociali e psicologici, oltre che fisici (temperatura, illuminazione, rumore, ecc.). L’ambiente, infatti, comprende quelle variabile che possono influenzare il benessere ed il comportamento delle persone che hanno relazione direttamente o indirettamente con l’impresa.

Le tematiche esposte ai punti 7.1.2, 7.1.3 e 7.1.4 della norma sopra citati sono da considerarsi piuttosto delicate da verificare in fase di audit, perché si rischia di sconfinare nella normativa sul lavoro (Persone), sulla sicurezza (Persone e Infrastrutture) e sull’ambiente (Ambiente per il funzionamento dei processi e Infrastrutture). I confini fra i requisiti dei sistemi di gestione per la qualità ed i requisiti cogenti non inerenti i prodotti e servizi realizzati sono sempre stati mantenuti solidi e invalicabili da ACCREDIA e dagli Organismi di Certificazione, ma ora la norma del 2015 entra più nello specifico e ci pone degli interrogativi:

  • Come è possibile essere conformi alla ISO 9001:2015 se non si rispettano le norme legate ai contratti di lavoro per fornire al cliente un servizio il cui livello qualitativo non può essere garantito dal personale incaricato in termini di risorse messe a disposizione, tempi di consegna, garanzia di continuità del servizio?
  • Come si può pensare di garantire un ambiente di lavoro e relativi processi conformi alla ISO 9001:2015 se le apparecchiature non sono manutenute e gestite almeno osservando i requisiti cogenti del D.Lgs 81/2008 e s.m.i.?
  • Quale conformità ai requisiti ISO 9001:2015 si può credere di garantire se le condizioni di lavoro del personale non sono coerenti con le norme sulla “sicurezza e salute dei lavoratori” e con principi etici condivisi (trattamenti discriminatori, rispetto della privacy, lavoro sotto stress eccessivo… la norma cita addirittura sindrome da burnout)?

È necessario stabilire con chiarezza fino a che punto spingersi in fase di audit di certificazione su questi aspetti e, soprattutto, quali saranno le competenze richieste agli auditor per eventualmente investigare su aspetti cogenti non di loro normale pertinenza.

Qualunque siano le eventuali specificazioni di ACCREDIA su questo argomento (in assenza di esse varrebbe quanto stabilito per le precedenti versioni della norma), certe situazioni “consapevolmente non conformi” per assenza di evidenze oggettive di conformità a requisiti cogenti, sarebbe corretto rilevarle.

Drawing Compass and Graphing PaperLe Risorse per il monitoraggio e la misurazione del punto 7.1.5 della nuova norma sono gli ex “dispositivi di monitoraggio e misurazione” del § 7.6 della norma ISO 9001:2008, ovvero, per molte aziende, i classici strumenti di misura.

Nei sotto paragrafi Generalità e Riferibilità delle misurazioni di questo punto non vi sono particolari novità rispetto alla precedente edizione della norma: occorre mettere a disposizione risorse adeguate (non solo legate alla strumentazione di misura) a garantire l’affidabilità delle misure e, ove richiesto, la riferibilità metrologica delle attività di taratura, calibrazione e controllo degli strumenti. Per dare evidenza di tutto ciò continuano ad essere richieste informazioni documentate.

Il punto 7.1.6 della norma tratta la Conoscenza organizzativa e costituisce una novità assoluta di questa edizione della norma, anche se alcuni concetti erano comunque insiti in altri punti della vecchia norma. Viene data l’importanza che merita alle conoscenze del funzionamento dell’organizzazione stessa e dei suoi processi da parte delle persone che vi operano, anche con ruoli di responsabilità. Il valore dell’esperienza delle persone, delle informazioni che costituiscono proprietà intellettuale dell’impresa e le conoscenze e capacità tecniche e gestionali che possono essere acquisite dall’esterno attraverso formazione, acquisizione di informazioni documentate o altro deve essere gestito in modo adeguato, identificando le necessità, colmando le carenze, proteggendo il know-how aziendale ecc.

Il requisito relativo alla Competenza delle persone non è sostanzialmente mutato rispetto alla precedente versione della norma, ma ora è più chiaro che è responsabilità dell’organizzazione assicurarsi che anche il personale esterno (collaboratori a contratto, consulenti) e del fornitore disponga delle competenze adeguate a svolgere le attività cui è preposto e, quindi, provvedere, se necessario, all’acquisizione delle competenze che risultano carenti. Su questo punto dell’acquisizione delle competenze la norma non prescrive di colmare le lacune solamente attraverso la formazione e l’addestramento del personale, questo è solo uno dei modi possibili.

Il requisito della Consapevolezza, senza variazioni significative rispetto alla versione 2008 della norma, viene enfatizzato (è elevato a requisito a sé): il personale deve essere consapevole degli effetti, sia positivi, che negativi, del suo operato sull’efficacia del sistema qualità e sul conseguimento della conformità dei prodotti e servizi.

La consapevolezza può essere ottenuta attraverso diversi metodi: riunioni, formazione, condivisione di non conformità e problemi rilevati (per imparare dall’esperienza), comunicazioni interne, ecc. Da parte dell’auditor, invece, la consapevolezza può essere dimostrata – oppure no – attraverso le interviste al personale e le verifiche incrociate con input/output di altri processi rispetto a quello sotto esame.

Anche la Comunicazione assume maggiore importanza in questa edizione della norma: l’organizzazione deve determinare cosa, come, quando, a chi e che cosa comunicare, sia internamente che esternamente alle parti interessate. Tutte le comunicazioni, interne ed esterne, dovranno essere coerenti con obiettivi ed altri requisiti del sistema di gestione.

Il punto 7.5 della norma tratta delle Informazioni documentate, ovvero dei documenti e delle registrazioni delle precedenti versioni della norma. In questa edizione, però, non è solo il nome a cambiare (il termine “informazioni” ricorda maggiormente le norme ISO 27000 sulla sicurezza delle informazioni), infatti il requisito lascia un maggior grado di libertà alle organizzazioni poiché il sistema di gestione per la qualità deve comprendere:

  • le informazioni documentate richieste dalla norma, che sono in numero inferiore alle precedenti edizioni e non sono richieste procedure obbligatorie e nemmeno il manuale qualità lo è.
  • Le informazioni documentate stabilite come necessarie dall’organizzazione.

MP900303003Sebbene la norma lasci ad ogni singola organizzazione la scelta di quali documenti di tipo procedurale (manuale, procedure, istruzioni, piani della qualità, ecc.) mantenere in funzione delle dimensioni dell’organizzazione, della complessità ed articolazione dei processi, delle competenze delle persone, ecc. credo siano pochi i casi di aziende che possono ritenere non necessarie alcune procedure relative a processi primari o processi di supporto per i quali il personale non dispone di sufficienti competenze per gestirli in modo conforme alla norma.

La norma spiega in appendice (vedasi precedente articolo) la differenza fra “mantenere informazioni documentate” e “conservare informazioni documentate”. In ogni caso la norma indica puntualmente quali informazioni documentate è necessario conservare e non si riscontrano particolari differenze rispetto al passato.

Nei paragrafi 7.5.2 (Creazione e aggiornamento) e 7.5.3 (Controllo delle informazioni documentate) non sono riportate novità sostanziali rispetto alle precedenti edizioni della norma, ma solo una riscrittura dei requisiti in ottica più attuale, con maggiore enfasi sulla gestione sicura delle informazioni (va garantita la riservatezza e l’integrità, nonché il controllo delle versioni). Anche per le informazioni documentate di origine esterna (norme e leggi, specifiche del cliente, …) valgono le stesse regole. Da segnalare il fatto che non è più richiesto esplicitamente un tempo di conservazione per le informazioni documentate.

Rispetto al passato questo punto dovrà essere attuato con maggior rigore per quanto riguarda le informazioni in formato digitale, in quanto alcune di esse sono molto critiche per il funzionamento dei processi, per preservare il know-how aziendale e le proprietà del cliente.

Nel complesso la sezione 7 della norma ha migliorato significativamente l’omogeneità di gestione di tutti quei processi di supporto presenti in molte imprese che raccolgono le procedure (e relativi processi/attività) riguardanti: gestione delle risorse umane, gestione delle risorse tecniche/manutenzione attrezzature, gestione degli strumenti, gestionde della documentazione, comunicazioni interne, ecc..

(continua)

 




Come applicare la ISO 9001:2015 – I parte

ISO 9001:2015 quale cambiamento?In questo primo articolo di approfondimento affrontiamo in dettaglio alcuni capitoli della nuova norma ISO 9001:2015, iniziando dall’Appendice che ci fornisce indicazioni su alcuni aspetti di novità della norma per i sistemi di gestione per la qualità nell’edizione di settembre 2015 rispetto alla precedente versione del 2008.

Comprendere le esigenze e le aspettative delle parti interessate

L’identificazione di tutte le parti interessate all’attività dell’organizzazione e l’individuazione delle loro esigenze non costituisce un concetto nuovo per le norme della famiglia ISO 9000, ma ora, con l’edizione 2015 della ISO 9001, entra di diritto fra i requisiti della norma. Nell’appendice A.3 della norma viene però chiarito che l’organizzazione deve identificare quali soggetti (stakeholders) sono interessati all’attività dell’organizzazione e quali sono i loro requisiti ed esigenze. Fra le parti interessate classiche vi sono i dipendenti e collaboratori dell’organizzazione, i fornitori esterni, la proprietà ed i soci, la collettività. Le loro esigenze potrebbero essere anche in contrasto fra loro, ma la norma non richiede espressamente di soddisfare anche le esigenze delle parti interessate, oltre a quelle del cliente; chiede solo di identificarle e di valutare il loro impatto sull’attività dell’organizzazione e sul campo di applicazione del sistema qualità. Conseguentemente sta all’organizzazione stessa stabilire quali parte interessate e quali esigenze delle stesse eventualmente mirare a soddisfare e come.

Risk based thinking

Questo è il principale aspetto innovativo della nuova edizione della norma, anche se il concetto non era completamente assente nelle precedenti edizioni. Il risk based thinking è un approccio alla progettazione, attuazione e documentazione del sistema di gestione finalizzato alla prevenzione degli eventi negativi (non conformità, reclami, ritardi di consegna, interruzioni della produttività e dei servizi, ecc.) che potrebbero accadere con maggiore probabilità e con impatto e conseguenze maggiormente negative. Proprio per le finalità preventive del risk based thinking è stato eliminato un punto specifico sulle azioni preventive, che dovranno confluire nel più ampio spettro delle azioni di miglioramento pianificate.

risk measure Tornando al risk based thinking, la valutazione che l’organizzazione deve effettuare sui propri rischi di business avviene a valle dall’analisi del contesto dell’organizzazione, in quanto solo analizzando in dettaglio il contesto nel quale si muove l’organizzazione (mercato, clienti, area geografica, Stato e suoi regolamenti e leggi, personale, fornitori, ecc.) è possibile identificare i rischi reali che potrebbero influenzare i processi di business dell’organizzazione. La norma non può – e peraltro non potrebbe – stabilire una metodologia specifica per la valutazione dei rischi e lascia all’organizzazione il compito di scegliere un metodo di analisi e valutazione dei rischi e, conseguentemente, le azioni di trattamento per eliminare, ridurre o mitigare suddetti rischi. Stando ai requisiti del punto 6.1 l’organizzazione è responsabile della propria applicazione del risk based thinking e, oserei dire purtroppo – può decidere se documentare, e come farlo, il processo di determinazione dei rischi. È, questo, forse il principale punto controverso della nuova norma, probabilmente anche perché costituisce un elemento di novità, in quanto non è chiaro – alle organizzazioni ed ai loro consulenti ed agli auditor degli organismi di certificazione – quale metodologia è idonea per la valutazione dei rischi. In altre parole: i metodi noti e sicuramente adeguati di valutazione dei rischi sono numerosi (si veda ad es. la serie ISO 31000), ma le organizzazioni e gli auditor degli organismi di certificazione si chiedono “qual è il livello minimo di valutazione dei rischi” che garantisce la conformità alla norma? Questo poichè molte organizzazioni, soprattutto di piccole dimensioni, chiedono cosa devono fare per “raggiungere la sufficienza”, anche perché credono che ciò comporti un impegno, e quindi un costo, inferiore. Dall’altra parte come faranno gli auditor a valutare il grado di conformità di un metodo o di un approccio, soprattutto se non è richiesta un’esplicita evidenza documentale?

Informazioni documentate

La nuova terminologia va a sostituire i termini documenti, manuale qualità, procedure, istruzioni, registrazioni ecc… Al di là di questo l’impatto sul sistema qualità è diverso perché non è più richiesto uno specifico documento (ad es. manuale o procedure) per documentare un determinato aspetto (informazioni documentate da mantenere), mentre le registrazioni, ovvero le evidenze che vengono raccolte e conservate per mostrare che le cose si sono svolte in un determinato modo, sono semplicemente informazioni documentate da conservare.

Conoscenza organizzativa

È un aspetto molto importante e spesso sottovalutato dalle aziende e causa di numerosi problemi. La norma richiede, al punto 7.1.6, di determinare e gestire le conoscenze in possesso dell’organizzazione, che spesso risiedono nelle menti delle persone, nei sistemi informativi e negli archivi su supporto cartaceo. Anche in questo caso non è semplice determinare il livello di conformità in modo oggettivo senza sconfinare nel semplice parere, visto che anche su questo aspetto occorre gestire il rischio di perdere queste conoscenze, difficilmente quantificabile.

Torniamo ora all’inizio della norma ed esaminiamo le sezioni partendo dal principio.

0 Introduzione

L’adozione di un sistema di gestione per la qualità e di certificarlo secondo la norma ISO 9001 è una decisione strategica dell’organizzazione, che pertanto dovrebbe agire consapevolmente in relazione ai vantaggi che tale sistema potrebbe apportare all’efficacia ed all’efficienza dell’intera organizzazione ed alla soddisfazione dei clienti.

In questa sezione vengono trattati:

  • il ciclo PDCA;
  • l’approccio per processi;
  • il risk based-thinking e la gestione di rischi e opportunità;

1 Scopo e campo di applicazione

La norma specifica i requisiti per un sistema di gestione quando un’organizzazione voglia dimostrare di essere in grado di fornire con regolarità prodotti e/o servizi conformi ai requisiti del cliente e miri ad accrescere la soddisfazione del cliente tramite l’applicazione efficace del sistema stesso.

2 Riferimenti normativi

La norma fa riferimento alla ISO 9000:2015 relativa ai “Fondamenti e Vocabolario”. In appendice si specifica poi la non obbligatorietà a fare riferimento alle definizioni ufficiali ISO 9000 nell’ambito dei sistemi qualità delle singole organizzazioni. Gli auditor sono avvisati.

3 Termini e definizioni

Si fa riferimento alla sopra citata ISO 9000:2015.

4 Contesto dell’organizzazione

In questa sezione la norma richiede di comprendere l’organizzazione ed il suo contesto, ovvero determinare quei fattori esterni ed interni che influenzano la sua attività ed i relativi risultati da conseguire. Di tali fattori occorre monitorare e riesaminare le informazioni che ne derivano e che possono influenzare il sistema di gestione.

In questo ambito occorre considerare il mercato nel quale opera l’organizzazione, i suoi clienti e le relative esigenze, il contesto normativo e legislativo applicabile, l’ambiente circostante ed il contesto socio-economico del Paese in cui agisce l’organizzazione, cultura e conoscenze dell’organizzazione, tecnologie, ecc…

Da questo punto della norma derivano sicuramente le leggi, le norme ed altri requisiti cogenti applicabili e tutte le condizioni al contorno che influenzano, positivamente o negativamente, l’attività.

L’organizzazione dovrà poi comprendere le esigenze e le aspettative delle parti interessate, dopo aver individuato queste ultime (clienti, personale interno, fornitori, proprietà, collettività, investitori, …) ed aver identificato i loro requisiti, proprio per l’impatto che possono avere sulla capacità di fornire prodotti e/o servizi conformi ai requisiti (del cliente e cogenti applicabili).

Precisato che le parti interessate da individuare sono solamente quelle rilevanti per l’attività svolta dall’organizzazione, si dovrà monitorare e riesaminare le informazioni provenienti da suddette parti interessate.

marketingL’analisi del contesto non sarà statica, ma dinamica, in quanto il contesto dell’organizzazione potrà mutare di anno in anno e, quindi, dovrà essere riesaminato, ad esempio in occasione del riesame della direzione, svolto a frequenza prefissata.

A valle dell’analisi del contesto e delle aspettative delle parti interessate occorrerà determinare il campo di applicazione del sistema di gestione per la qualità.

Nel determinare i confini e l’applicazione del Sistema di gestione per la Qualità l’organizzazione dovrà considerare i fattori relativi al contesto esposti in precedenza.

Il campo di applicazione del sistema dovrà essere documentato e dovrà comprendere i tipi di prodotti e servizi coperti da esso. Non si parla più di esclusioni di punti della norma, ma solo di non applicabilità di requisiti. Tale non applicabilità deve essere giustificata ed è ammessa solo se non influenza negativamente la capacità di fornire prodotti e servizi conformi ai requisiti. Dunque l’esclusione -pardon la non applicabilità – di requisiti pare ammissibile solo se tali elementi sono estranei all’attività dell’organizzazione. La progettazione potrà ritenersi non applicabile solo se veramente non svolta, mentre una partecipazione assieme al cliente ad alcune attività di verifica della progettazione o validazione della stessa durante lo sviluppo del prodotto e del processo dovranno comunque ritenersi compresi nel campo di applicabilità del SGQ.

Infine, alla sezione 4.4, viene trattato il “Sistema di gestione per la qualità ed i relativi processi”. Suddetto paragrafo a cui corrisponde il punto 4 – ed in particolare i sottopunti 4.1 e 4.2.2 – nella precedente edizione della norma ISO 9001:2008, impone alle organizzazioni che vogliono certificarsi di stabilire, attuare, mantenere attivo e migliorare in modo continuativo un sistema di gestione per la qualità. Rispetto ai contenuti della precedente versione della norma è stata data maggior enfasi all’approccio per processi, alla misura dell’efficacia dei processi – anche attraverso la misura ed il monitoraggio degli stessi – ed al miglioramento continuo delle prestazioni. In particolare nella ISO 9001:2015 viene richiesto di:

  • determinare gli input necessari e gli output previsti per ciascun processo, le loro interazioni e le risorse ad essi dedicate;
  • determinare i metodi, i criteri e gli indicatori per misurare le prestazioni dei processi;
  • assegnare le responsabilità e l’autorità per la gestione dei processi.
  • considerare i rischi e le opportunità, e le relative modalità di gestione (requisito nuovo, poi dettagliato al § 6.1).

In questo paragrafo, rispetto all’omologo della versione precedente, non viene richiesta documentazione specifica – né manuale qualità, né procedure documentate specifiche -, ma occorre solo mantenere informazioni documentate necessarie e sufficienti a garantire il corretto funzionamento dei processi. La responsabilità di descrivere i processi con procedure, diagrammi di flusso, schede processo o quant’altro è demandata all’organizzazione, mentre sarà compito (impegnativo) degli auditor valutare se tale documentazione è sufficiente a garantire il corretto funzionamento dei processi.

Sicuramente – soprattutto per le PMI – è consigliabile non “buttare via” il manuale qualità, le procedure e tutta la documentazione inerente i processi aziendali prodotta per le precedenti due versioni della norma (si ricorda che con la “Vision 2000” fu introdotto l’approccio per processi, poi rimasto immutato nell’edizione del 2008). Anzi, probabilmente occorrerà descrivere con maggior dettaglio i processi stessi, sicuramente identificandone i rischi e le opportunità, ma anche definendo meglio gli elementi che in passato erano stati trascurati (ad es. indicatori di misura). Infatti, senza una descrizione adeguata dei processi in forma di informazione documentata, difficilmente si riuscirebbe a dimostrare che il processo è gestito e sotto controllo da parte di tutto il personale coinvolto.

(continua)




La norma ISO 19011 sugli audit nei sistemi di gestione

AuditChecklistLa UNI EN ISO 19011:2012 – Linee guida per audit di sistemi di gestione pubblicata lo scorso anno, presenta alcune interessanti novità rispetto alla versione precedente del 2003, anche se nella sostanza i cambiamenti non impattano in modo significativo sul processo di audit.

Anzitutto già dal titolo si capisce che la norma è valida per qualsiasi tipo di audit su sistemi di gestione, non solo per quelli relativi a qualità ed ambiente (ISO 9001 e ISO 14001), ma – come era ovvio supporre – si adatta anche alla gestione degli audit per i sistemi di gestione sulla sicurezza delle informazioni ISO 27001, sulla sicurezza e salute sul lavoro, ecc.

Oltre ai soliti capitoli introduttivi presenti in tutte le norme ISO (Scopo e campo di applicazione, riferimenti normativi, termini e definizioni, ecc.) ed al capitolo “Principi dell’audit”, la norma presenta due capitoli fondamentali:

  • GESTIONE DI UN PROGRAMMA DI AUDIT
  • SVOLGIMENTO DI UN AUDIT

La ISO 19011:2012 fa prevalentemente riferimento alla gestione degli audit di prima e seconda parte, ovvero agli audit interni e quelli eseguiti dal cliente sul fornitore, mentre per gli audit di parte terza (svolti dagli Organismi di Certificazione) il principale riferimento è diventato la ISO 17021:2011. Paradossalmente gli auditor degli organismi di certificazione su sistemi di gestione dovranno considerare questa norma come possibile linea guida, mentre i requisiti da osservare sono contenuti solo nella ISO 17021.

La norma introduce il concetto di rischio associato all’attività di audit di sistemi di gestione, ma l’approccio adottato riguarda sia il rischio che il processo di audit non raggiunga i propri obiettivi, sia l’eventualità che l’audit interferisca con le attività e i processi dell’organizzazione oggetto dell’audit, trascurando il fatto che l’audit può evidenziare comportamenti e prassi “rischiose” per l’organizzazione. Per rischiose intendo procedimenti rilevati (difformi o meno alle procedure stabilite) che possono portare a non conformità, nelle sue varie declinazioni: prodotti non conformi, incidenti (per la sicurezza delle informazioni), non conformità di sistema, ecc..

Le definizioni del capitolo 3 apportano lievi modifiche a quelle della precedente versione della norma. Si noti che il termine “verifica ispettiva” è completamente sparito da questa e dalle norme della famiglia ISO 9000, a favore del termine “audit” sebbene l’impiego della precedente terminologia sia rimasto nell’uso comune dei sistemi di gestione per la qualità ed anche alcuni organismi di certificazione continuino ad usarlo, mentre altri impongono alle aziende clienti l’aggiornamento della terminologia. Nella sostanza i due termini rimangono sinonimi e nulla vieta di citare il primo termine al posto del secondo nella propria documentazione di sistema.

In generale l’elenco dei termini e definizioni richiama più un audit di un ente di certificazione piuttosto che un audit interno di auna piccola impresa.

I principi dell’audit delineati dalla norma al capitolo 7 sono i seguenti:

a)      Integrità: il fondamento della professionalità.

b)     Presentazione imparziale: obbligo di elaborare rapporti veritieri e accurati.

c)      Dovuta professionalità: l’applicazione di diligenza e di giudizio nel corso del l’attività di audit.

d)         Riservatezza: sicurezza delle informazioni.

e)         Indipendenza: la base per l’imparzialità dell’audit e l’obiettività delle conclusioni dell’audit.

f)           Approccio basato sull’evidenza: il metodo razionale per raggiungere conclusioni dell’audit affidabili e riproducibili in un processo di audit sistematico.

Probabilmente l’enfasi è eccessiva sull’integrità ed imparzialità dell’auditor, mentre uno dei principi fondamentali per svolgere un buon audit è la conoscenza dei processi sottoposti ad audit da parte dell’auditor che li verifica, ma sulla competenza degli auditor c’è un capitolo a parte (il settimo).

Riguardo all’indipendenza la norma cita che «Per gli audit interni, gli auditor dovrebbero essere indipendenti dai responsabili operativi della funzione sottoposta ad audit». Tale aspetto non viene sempre rispettato in molti sistemi di gestione certificati, con buona pace degli enti di certificazione, sebbene questa norma si esprima in termini condizionali (“dovrebbe”).

Il programma di audit può anche comprendere informazioni e risorse necessarie quali:

  • obiettivi del programma di audit e dei singoli audit;
  • estensione/numero/tipo/durata/siti/pianificazione temporale degli audit;
  • procedure del programma di audit;
  • criteri di audit;
  • metodi di audit;
  • selezione dei gruppi di audit
  • risorse necessarie (inclusi viaggi e alloggi);
  • processi per la gestione della riservatezza, sicurezza delle informazioni, salute e sicurezza sul lavoro e quant’altro necessario.

Il programma di audit normalmente ha un orizzonte temporale di un anno e dovrebbe coprire tutte le aree/processi/unità operative/divisioni comprese nel sistema di gestione da sottoporre ad audit. Il diagramma di flusso riportato nella norma definisce alcuni passi fondamentali:

  1. Definizione degli obiettivi del programma di audit.
  2. Definizione del programma di audit (ruoli, responsabilità, competenze, estensione, ecc.).
  3. Attuazione del programma di audit (obiettivi, metodi, assegnazione membri del gruppo di audit, registrazioni, ecc.).
  4. Monitoraggio del programma di audit.
  5. Riesame e miglioramento del programma di audit.

Nel punto 3 intervengono la competenza degli auditor e lo svolgimento dell’audit, trattati ai capitoli successorio

La norma ISO 19011 descrive in dettaglio i suddetti step; da ciò si comprende che un programma di audit non dovrebbe limitarsi ad un elenco di audit per aree o processi con periodi indicativi di svolgimento e definizioni di responsabili del gruppo di audit. Questo può essere sufficiente per una piccola realtà, mentre per un’azienda più grande e strutturata, magari con alcune unità operative distaccate, potrebbe essere consigliabile sviluppare un programma di audit descrittivo, non solamente un “calendario di audit”. Alcuni aspetti dovrebbero essere definiti e trattati più approfonditamente, ad esempio gli obiettivi (audit di conformità ad una norma oppure bisogna valutare il raggiungimento di determinati obiettivi di miglioramento?), i metodi (è opportuno pianificare audit a distanza?), l’estensione dei singoli audit, le tecnologie informatiche da impiegare e così via.

Anche i rischi di un programma di audit dovrebbero essere attentamente valutati: dedicare un tempo insufficiente a determinate aree o processi, oppure incaricare auditor non sufficientemente competenti per verificare certi processi, potrebbe comportare uno spreco di risorse oppure una riduzione dell’efficacia degli audit.

Un’attenta programmazione di questa fase può rendere il programma di audit più o meno efficace ed efficiente con conseguente impatto sui costi di tutta l’attività e benefici che ne derivano.

Anche la fase di attuazione del programma di audit richiede una pianificazione accurata di vari aspetti quali obiettivi, campo di applicazione, criteri e tempistiche dei singoli audit, nonché comunicazione ai soggetti interessati e disponibilità delle risorse necessarie per svolgere l’audit.

A volte anche una corretta gestione di aspetti logistici e di comunicazione sia agli auditor, sia ai soggetti auditati, di informazioni di interesse quali i risultati di precedenti audit, le tecnologie da verificare, informazioni relative alla sicurezza, ecc. possono evitare problemi in fase di svolgimento dell’audit.

La norma raccomanda la corretta gestione dei risultati degli audit e delle relative registrazioni (piani e rapporti di audit, rapporti di non conformità, azioni correttive, ecc.), compresa la dovuta riservatezza delle stesse.

Monitoraggio, riesame e miglioramento del programma di audit sono punti fondamentali per mantenere efficace ed efficiente il programma di audit anche attraverso modifiche scaturite dai risultati degli audit e da altri ritorni dal campo (ad es. feedback da parte delle persone auditate).

Il capitolo 6 “Svolgimento dell’audit” tratta tutti gli aspetti relativi all’esecuzione degli audit pianificati: dall’avvio dell’attività di audit con la presa di contatto del responsabile dell’audit con i responsabili delle attività auditate, alla preparazione dell’audit con la pianificazione dell’audit e la predisposizione dei documenti di lavoro (ad es. check-list), fino alla conduzione dell’audit ed alle attività conclusive (emissione e distribuzione del rapporto, chiusura dell’audit ed attività di follow-up).

La fase preparatoria dell’audit è molto importante per evitare poi di avere problemi successivamente o di trovarsi a non essere in grado di esaminare tutto ciò che si avrebbe dovuto verificare. Questa fase è spesso svolta con frettolosità dagli organismi di certificazione che non hanno budget sufficienti per organizzare e preparare al meglio un audit in azienda; molto lavoro è affidato all’auditor che se conosce già l’azienda da precedenti visite riuscirà ad organizzarsi bene, viceversa si potrebbe rischiare di svolgere un audit troppo superficiale.

La predisposizione di un piano di audit che poi si sarà in grado di rispettare può agevolare i rapporti con il personale sottoposto a verifica, che non avrà scuse se non sarà pronto agli orari stabiliti e non potrà contestare il mancato rispetto degli orari pianificati.

La conduzione dell’audit vero e proprio inizia con la riunione di apertura o riunione iniziale che sostanzialmente non è molto diversa da quella descritta nelle precedenti versioni della norma. A seconda che si tratti di un audit di parte terza o di parte seconda, piuttosto che un audit interno, potrà variare il formalismo ed il tempo dedicato alla riunione di apertura. Anche se in organizzazioni di medio-piccole dimensioni e/o con una certa abitudine agli audit la riunione di apertura può risultare superflua è comunque opportuno confermare la programmazione degli orari delle interviste per assicurarsi che tutto si svolga senza intoppi.

Il riesame della documentazione dovrebbe essere previsto in molti audit per valutare la conformità delle regole stabilite ai criteri dell’audit (tipicamente una normativa di riferimento) prima di valutare se le procedure sono attuate in modo conforme.

Naturalmente in funzione degli esiti di eventuali audit precedenti, delle anomalie rilevate e delle azioni correttive intraprese dall’organizzazione auditata, questa fase preliminare all’avvio dell’audit vero e proprio sarà più o meno estesa.

La comunicazione fra i membri del gruppo di audit e fra questi e l’organizzazione soggetta a verifica è molto importante per rivalutare periodicamente l’avanzamento dell’audit e, in caso di necessità, riprogrammare attività anche riassegnando singoli compiti. La responsabilità principale di quest’attività è ovviamente del responsabile del team di audit.

Questo aspetto spesso viene mal gestito in alcuni audit di certificazione e così si finisce per dilungare eccessivamente la verifica o dedicare un tempo insufficiente alla verifica di processi importanti.

Se in alcuni casi è il piano di audit ad essere non ben progettato, in altri lo svolgimento dell’audit accumula ritardi che il team di audit non cerca di recuperare.

Infatti spesso il piano di audit rispecchia sequenze poco condivisibili (ad es. svolgere la verifica del riesame da parte della direzione all’inizio dell’audit piuttosto che alla fine quando l’auditor si sarà fatto un’idea migliore delle prestazioni dei processi e dei relativi indicatori) oppure relega processi primari nell’ultimo quarto del tempo di audit, quando potrebbero essersi accumulati ritardi significativi ed il personale coinvolto potrebbe avere la necessità di uscire dall’azienda.

Viceversa anche con un piano ben progettato si possono registrare ritardi notevoli perdendosi in discussioni lunghissime con il personale dell’azienda; soprattutto nella prima parte della mattinata i tempi sono spesso molto allungati fra ritardi iniziali, chiacchere e caffè; come in qualsiasi attività lavorativa del resto.

L’assegnazione di ruoli e responsabilità a guide ed osservatori può riguardare soprattutto audit di parte terza (di certificazione) nei quali alcuni organismi richiedono esplicitamente che l’audit sia sempre accompagnato in azienda da personale incaricato, anche per motivi di sicurezza fisica e di riservatezza.

Il ruolo degli osservatori va confinato nel loro ambito: spesso i consulenti dell’azienda rispondono in vece dei responsabili dell’azienda (per colpa un po’ dell’uno, un po’ dell’altro) e questo non è consentito dai regolamenti ACCREDIA; in altri casi gli osservatori in addestramento dell’Organismo di Certificazione si spingono un po’ troppo oltre i propri compiti e partecipano attivamente alla verifica ponendo domande ed esprimendo giudizi.

Riguardo alla raccolta e verifica delle informazioni, durante l’audit, dovrebbero essere raccolte informazioni verificabili tramite adeguato campionamento. Tali informazioni, se supportate da evidenza oggettiva, costituiscono delle evidenze (prove) che possono essere valutate in base ai criteri dell’audit e porteranno alle risultanze dell’audit che, opportunamente riesaminate, determineranno le conclusioni dell’audit (Conformità o non conformità del processo esaminato).

I metodi di raccolta delle informazioni comprendono interviste, osservazioni e riesame dei documenti, comprese le registrazioni (naturalmente di qualsiasi tipo e su qualsiasi supporto).

Su campionamento e metodi di raccolta delle informazioni la norma richiama i punti B.3, B.5, B6 e B.7 dell’Appendice B.

Riguardo al campionamento, esso viene distinto in campionamento basato su giudizio e campionamento statistico. Normalmente viene utilizzato solo quello del primo tipo, mentre il secondo mi sembra francamente impraticabile negli audit dei sistemi di gestione, salvo casi particolari nei quali vengono identificati a monte i macro-elementi potenzialmente esaminabili e, quindi, si stabilisce quali verificare nell’audit.

Una buona tecnica utilizzata nella pratica è quella di esaminare un certo numero di documenti o attività ed approfondire l’esame su altri elementi simili solo se si riscontrano non conformità.

Di fatto negli audit di certificazione il campionamento è scarsamente significativo dal punto di vista statistico. Facciamo un esempio: se un’azienda riceve 1000 ordini cliente all’anno e svolge 10 eventi formativi all’anno un campionamento omogeneo prevedrebbe che, a fronte della verifica di 2 registrazioni dell’addestramento/formazione (20% del totale), venissero esaminati 200 ordini cliente, cosa che in realtà non avviene mai.

La produzione delle risultanze dell’audit dovrebbe comprendere non conformità, conformità/buone prassi, opportunità di miglioramento e raccomandazioni per l’organizzazione. Le non conformità possono essere classificate in gradi di severità differenti.

La preparazione delle conclusioni dell’audit dovrebbe essere preceduta da una riunione del team di audit per riesaminare tutte le risultanze e concordare le conclusioni dell’audit. Inoltre dovrebbero essere trattate le cause radice delle non conformità e le azioni conseguenti richieste.

La riunione di chiusura dell’audit ha l’obiettivo di presentare i risultati dell’audit alla direzione dell’organizzazione ed ai responsabili delle funzioni/processi verificati. In essa dovrebbero essere discussi i rilievi ed eventuali divergenze fra il team di audit ed i responsabili dell’organizzazione dovrebbero essere risolte (ed in caso negativo comunque registrate), nonché le azioni da intraprendere post-audit.

Il rapporto di audit dovrebbe comprendere o fare riferimento a:

a)      gli obiettivi dell’audit;

b)      il campo di applicazione dell’audit, in particolare l’identificazione delle unità organizzative e funzionati o dei processi sottoposti ad audit;

c)       l’identificazione del committente dell’audit;

d)      l’identificazione del gruppo di audit e dei partecipanti all’audit della organizzazione oggetto dell’audit;

e)      le date e i siti dove sono state condotte le attività di audit;

f)        i criteri dell’audit;

g)      le risultanze dell’audit e le relative evidenze;

h)      le conclusioni del l’audit;

i)        una dichiarazione sul grado in cui i criteri di audit sono stati soddisfatti.

Il rapporto di audit può anche includere o fare riferimento a:

  • il piano di audit, compresa la pianificazione temporale;
  • una sintesi del processo di audit (compreso qualsiasi ostacolo incontrato che può ridurre l’affidabilità del le conclusioni del l’audit);
  • la conferma che gli obiettivi dell’audit sono stati raggiunti nell’ambito del campo di applicazione del l’audit, in conformità al piano di audit;
  • qualsiasi area non coperta (sebbene compresa nel campo di applicazione dell’audit);
  • una sintesi delle conclusioni dell’audit e delle principali risultanze dell’audit che le supportano;
  • eventuali opinioni divergenti non risolte tra il gruppo di audit e l’organizzazione oggetto dell’audit;
  • le opportunità di miglioramento, se specificate nel piano di audit;
  • le buone prassi identificate;
  • i piani concordati di azioni conseguenti, se presenti;
  • una dichiarazione sulla natura riservata dei contenuti;
  • qualsiasi implicazione per il programma di audit o per gli audit successivi;
  • la lista di distribuzione del rapporto di audit.

La norma, infine, ricorda che il rapporto di audit può essere sviluppato prima della riunione di chiusura (cosa che avviene nella maggioranza dei casi).

La distribuzione del rapporto di audit potrebbe essere posticipata e comunque dovrebbe avvenire senza eccessivi ritardi indirizzandolo a coloro i quali era previsto nel piano che lo ricevessero.

La chiusura dell’audit avviene al termine di tutte le attività previste. La conservazione ed eventuale divulgazione dei rapporti dovrebbe avvenire secondo quanto concordato e riportato nelle procedure di riferimento, rispettando il livello di riservatezza richiesto.

La conduzione di azioni conseguenti all’audit riguarda l’attuazione di correzioni, azioni correttive o preventive e di miglioramento, eventualmente concordate in sede di audit, la cui efficacia potrà essere valutata in un audit successivo.

Il capitolo 7 della norma riguarda la competenza e valutazione degli auditor.  Se la competenza viene determinata come ormai usuale nelle norme sui sistemi di gestione (istruzione, formazione/addestramento, conoscenze, esperienze, …), la determinazione e valutazione delle competenze di auditor e responsabili di gruppi di audit diventa un’attività molto articolata, descritta nella norma.

Oltre che competente l’auditor deve possedere alcune caratteristiche personali e comportamentali in linea con i principi dell’audit sopra esposti (comportamento etico, essere diplomatico, con mentalità aperta, ecc.).

Gli auditor dovrebbero possedere conoscenze ed abilità di carattere generale e specifiche per poter operare efficacemente nelle discipline per le quali sono impiegati (e vengono, dunque, qualificati), così come descritto nella norma. Tra le competenze a carattere generale che ogni auditor dovrebbe possedere ci sono conoscenze di carattere legale ed economico legate all’ funzionamento delle imprese.

Per il responsabile del gruppo di audit sono richieste capacità aggiuntive e maggior esperienza nella conduzione di audit su sistemi di gestione.

I metodi di valutazione dell’auditor previsti dalla norma sono: riesame delle registrazioni, informazioni di ritorno dal campo, intervista, osservazioni del comportamento, esame (orale/scritto), riesame successivo all’audit (rapporto di audit, interviste con il responsabile del gruppo di audit, ecc.).

Infine la norma si concluse con due utili appendici:

  • Appendice A: Guida ed esempi illustrativi delle conoscenze e abilità degli auditor specifiche della disciplina.
  • Appendice B: Guida supplementare destinata agli auditor per la pianificazione e la conduzione di audit.

In conclusione si tratta di una norma di contenuti molto ampi, considerando anche le appendici appena citate. Ne consegue che la preparazione di un auditor che sia in grado di applicare le ormai note tecniche di audit, per rendere l’audit estremamente efficace e ad alto valore aggiunto, deve necessariamente comportare, oltre alla lettura della norma e di altro materiale didattico correlato, un certo numero di ore di formazione frontale, qualche esercitazione pratica ed un po’ di esperienza sul campo come osservatore.




La documentazione del sistema qualità nell’era del web 2.0

Documenti sistemaOggi la documentazione del sistema di gestione per la qualità ISO 9001 (o altra certificazione) può essere gestita in modo molto più efficiente che un tempo, grazie soprattutto agli strumenti informatici per la gestione dei documenti in formato elettronico ed alle possibilità offerte dalle applicazioni web per la collaborazione tramite internet.

Ogni sistema di gestione (non solo qualità ISO 9001 o ISO/TS 16949, ma anche ambiente ISO 14001, sicurezza OHSAS 18001, sicurezza delle informazioni ISO 27001, responsabilità sociale, ecc.) si basa sulla documentazione di sistema, costituita da manuale, procedure, istruzioni, documenti di consultazione e modulistica di registrazione. Tali documenti fino al secolo scorso (almeno prima della pubblicazione della norma UNI EN ISO 9001:2000, la c.d. Vision 2000) venivano redatti a computer con un wordprocessor (Microsoft Word su tutti) e poi stampati, quindi sottoposti all’iter di approvazione previsto dalla procedura, infine distribuiti al personale interessato.

Come noto i documenti pertinenti devono essere disponibili sui luoghi di utilizzo, quindi i vari uffici e reparti produttivi. Per adempiere a tale requisito si era soliti predisporre una lista di distribuzione che riportava tutte le funzioni/persone interessate alla procedura a cui veniva fisicamente consegnata copia del documento cartaceo, previa firma della lista di distribuzione. Una prima semplificazione consisteva nel mettere a disposizione “copie comuni” per più dipendenti che operavano nello stesso ufficio o reparto. La copia originale della documentazione di sistema rimaneva solitamente custodita dal responsabile qualità, generalmente insieme ad un’altra copia a disposizione dell’Organismo di Certificazione.

Naturalmente ad ogni revisione di una procedura o istruzione o aggiornamento delle varie liste e documenti di consultazione (ad esempio l’elenco dei fornitori qualificati), si procedeva a generare un numero di copie del documento uguale a quello previsto nella lista di distribuzione e ridistribuire le nuove versioni, avendo cura di ritirare le vecchie copie per evitare che documenti non più in vigore circolassero ancora in azienda. Le copie originali non più valide andavano comunque conservate per un certo lasso di tempo e costituivano il cosiddetto “Archivio Storico della documentazione”.

Poi c’era il problema dei moduli da compilare: essi venivano stampati in formato cartaceo e quindi compilati manualmente dal personale incaricato e conservati nelle diverse istanze come documenti di registrazione.

Con l’avvento e la diffusione dei sistemi informatici e di internet molte cose sono cambiate.

Per la verità non pochi sistemi qualità vengono ancora gestiti nel modo sopra descritto, se non con pochi miglioramenti: le copie cartacee si sono ridotte a favore di versioni elettroniche, molti moduli sono compilati a computer sulla base di un modello, ecc.. In alcuni casi, invece, si è proceduto a semplificare troppo e non si è garantita l’autenticità dei documenti e delle registrazioni volendo abusare di registrazioni a computer senza garantire la responsabilità della stessa, il tutto senza che l’auditor dell’organismo di certificazione abbia di che dissentire. Ad esempio un elenco di documenti-file, contenenti manuale e procedure, memorizzato in una directory denominata “Documenti SGQ” non dà adeguate garanzie del rispetto dei requisiti della norma ISO 9001 se non si è ricorsi ad alcune accortezze.

Oggi, però, gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia sono in grado di fornire tutte le garanzie del caso: esistono sistemi di gestione dei documenti in grado di garantire tutto l’iter di emissione dei documenti, gestire la distribuzione degli stessi ai rispettivi responsabili, mantenere traccia delle revisioni successive e permettere persino la consultazione a chi opera fuori dall’azienda (operatori esterni, consulenti e fornitori). Tra i sistemi di gestione documentale completi cito solo un applicativo open source come Alfresco, ma altri prodotti commerciali di buon livello possono garantire il rispetto di tutti i requisiti normativi incrementando notevolmente l’efficienza della funzione qualità ad un costo contenuto.

Le piccole imprese che non vogliono o non possono investire in prodotti a pagamento oltre una determinata cifra hanno comunque a disposizione strumenti gratis o quasi in grado di incrementare notevolmente l’efficienza di tutto il processo di gestione della documentazione di sistema e rendere la qualità più gradita alle persone che devono seguire le procedure e che non avranno più l’alibi che «la qualità genera soltanto una grande massa di carta ed appesantisce il lavoro».

Occorre innanzitutto stabilire quale sarà il repository documentale dei documenti di sistema, ovvero l’ubicazione o il servizio web nel quale archiviare tutti i documenti e renderli disponibili al personale. In base a quella che è stata la scelta del tool per la redazione dei documenti (Microsoft Office, OpenOffice o altro) si può orientare la scelta della piattaforma tecnologica e degli strumenti correlati.

Il mondo Google, ad esempio, offre la piattaforma Google Drive ove è possibile archiviare tutti i documenti di sistema e renderli disponibili all’interno ed anche all’esterno dell’azienda, tramite un account Google gratuito. Inoltre le persone iscritte alle varie aree documentali potranno ricevere un avviso via email tutte le volte che un documento viene aggiornato.

Naturalmente i documenti in formato editabile dovranno essere memorizzati in un’area riservata al responsabile qualità, per evitare modifiche indesiderate, mentre la condivisione dei documenti dovrà riguardare formati protetti come PDF oppure permettere solo la lettura di procedure ed istruzioni al personale interessato.

Attraverso un’applicazione client, poi, è possibile sincronizzare le directory sul web con delle cartelle omologhe memorizzate su un PC in locale.

Anche la gestione della modulistica potrebbe essere migliorata attraverso la compilazione via web direttamente su Google Drive dei moduli, creati mediante l’applicativo Google specifico.

Sul fronte Microsoft, invece, la soluzione è SkyDrive, area web utilizzabile per la memorizzazione di documenti che è, tra l’altro, molto capiente se si utilizza la versione Office365 della suite Microsoft. In quest’ultimo caso vengono messi a disposizione ulteriori tool per la gestione collaborativa dei documenti sullo SkyDrive, oltre ad un sito Sharepoint ove poter gestire in modo molto efficace ed efficiente tutta la documentazione del sistema qualità.

Entrambe le soluzioni esposte prevedono la gestione della cronologia delle versioni, funzioni di ricerca avanzate e la possibilità di abilitare in modo selettivo gli utenti alle varie cartelle di documenti.

Naturalmente anche altre applicazioni sono in grado di fornire risultati analoghi.

Relativamente all’approvazione dei documenti, ed in generale tutto l’iter di revisione, esso può essere molto semplificato e migliorato dalle funzionalità messe a disposizione dai servizi ed applicazioni sopra citate. Per quanto riguarda la sottoscrizione per approvazione dei documenti è possibile garantire adeguatamente che le versioni dei documenti messi a disposizione siano effettivamente quelle approvate dal responsabile qualità e dalla direzione attraverso un sistema di firme digitali (attenzione non intendo “firme scansionate”, ma vere e proprie firme elettroniche qualificate e valide ad ogni fine di legge).

Un’altra soluzione può essere quella di implementare un sito web apposito per la gestione della documentazione di sistema, con visibilità solo interna ed esterna selezionata. Il sito può essere gestito in modo molto semplice ed efficace con strumenti nati per la gestione dei blog, quale ad esempio WordPress. Tale soluzione si presenta molto utile anche per la gestione delle comunicazioni interne relative al sistema qualità, ambiente, sicurezza, ecc.. Anzi nel caso di sistemi di gestione della sicurezza e salute sul lavoro e di sistemi di responsabilità sociale potrebbe fungere da utile ausilio nella comunicazione, informazione e formazione del personale relativamente al sistema stesso, come peraltro previsto dalle normative di riferimento per tali sistemi di gestione.

Infine il famoso elenco dei documenti validi o documenti controllati può essere generato in modo automatico semplicemente consultando le apposite aree web.

Da un punto di vista comunicativo e motivazionale questi sistemi possono apportare grandi benefici, in primis alla funzione qualità che viene sgravata dall’onere di distribuire la documentazione di sistema, ma anche da tutto il resto del personale che può essere informato dei cambiamenti al sistema in modo meno invasivo e può risparmiare una discreta quantità di tempo nella gestione della propria parte di documentazione e registrazioni relative. Inoltre la consultazione dei documenti del sistema di gestione è possibile dal proprio PC desktop, notebook ed anche tablet.

Se ben progettato il nuovo modo di gestire i documenti dovrebbe comprendere l’uso dell’e-mail per determinate comunicazioni, ma non l’abuso della stessa nella diffusione di documenti di cui spesso si perde traccia e controllo delle versioni.

In conclusione il compito del responsabile qualità e dei suoi collaboratori può essere reso più efficiente, oltre che efficace ed anche più piacevole solo sfruttando le opportunità rese disponibili dagli strumenti del web 2.0.