La norma ISO 50001 per il risparmio energetico delle aziende

SEAimg16 La norma UNI CEI EN ISO 50001:2011 “Sistemi di gestione dell’energia – Requisiti e linee guida per l’uso” è la versione ufficiale italiana della norma internazionale ISO 50001 (“Energy management systems — Requirements with guidance for use”, edizione dell’ottobre 2011). La norma specifica i requisiti per creare, avviare, mantenere e migliorare un sistema di gestione dell’energia il cui obiettivo è quello di consentire ad un‘organizzazione di perseguire, con un approccio sistemico, il miglioramento continuo delle proprie prestazioni energetiche, comprendendo in ciò l’efficienza energetica, nonché il consumo e l’uso dell’energia.

Anche questa norma, così come le altre normative sui sistemi di gestione, è basata sull’approccio Plan-Do-Check-Act che ben si sposa con le caratteristiche di questo sistema di gestione.

Infatti, il Sistema di Gestione dell’Energia (SGE o Energy Management System, EnMS) richiede che vengano stabiliti politica ed obiettivi relativi alla gestione dell’energia dell’organizzazione, che tali obiettivi siano convertiti in indicatori di performance energetici e che siano stabiliti piani ed azioni per raggiungere gli obiettivi (Plan).

Poi si dovrà attuare i piani e le azioni pianificate per ridurre i consumi energetici (Do) e misurare e monitorare il raggiungimento degli obiettivi energetici stabiliti (Check). Infine occorrerà riesaminare i risultati ottenuti e perseguire il miglioramento continuo delle prestazioni energetiche (Act).

Molti potranno pensare: «ecco l’ennesima norma sui sistemi di gestione inventata dagli organismi di certificazione e dai consulenti per incrementare il loro business». In effetti dopo l’ISO 9001 c’è stato un proliferare delle norme sui sistemi di gestione che ha spinto molte organizzazioni a certificarsi, in taluni casi anche perché obbligati da richieste di leggi e committenti (anche Pubblici)…

Premesso che la certificazione ISO 9001 sui sistemi qualità è realmente utile – se affrontata nel modo giusto – per migliorare le prestazioni e l’efficienza delle organizzazioni, questo (ultimo?) sistema di gestione permette – anche qui se impostato nel modo giusto – di ridurre realmente i costi per l’energia e migliorare l’impatto ambientale dell’organizzazione.

emissioni gasOggi i consumi energetici incidono significativamente sui bilanci aziendali e risparmi su queste voci di costo possono effettivamente migliorare la competitività aziendale. Naturalmente ogni azienda fa storia a sé e dovrà stabilire un riferimento per le prestazioni energetiche (energy baseline) dal quale partire per cercare di migliorare, in modo tangibile, i propri consumi energetici e, quindi, i relativi costi. È tuttavia fondamentale che le imprese identifichino in modo chiaro e preciso, nei propri conti economici, quali sono gli effettivi costi legati ai consumi energetici per poter valutare gli effettivi margini di miglioramento. Anche in questo caso un buon controllo di gestione, che permetta di distinguere, ad esempio, i consumi energetici delle apparecchiature di produzione (dipendenti in parte dal volume della produzione e, dunque, parzialmente variabili) da quelli degli uffici (essenzialmente costi fissi di struttura).

Evidentemente non serve a nulla approcciare questa certificazione solo per avere il “bollino”, magari definendo e calcolando indicatori fasulli o poco significativi, del resto anche per le altre norme sui sistemi di gestione non è molto diverso…

D’altro canto provare a risparmiare sui consumi energetici in modo disorganizzato, senza una progettualità e senza disporre delle competenze per riuscire realmente a ridurre i consumi energetici nel medio-lungo periodo è quasi tempo perso.

Questa norma, per essere applicata efficacemente richiede, oltre alle competenze sui sistemi di gestione, delle competenze specialistiche sulla gestione dell’energia che poche aziende possiedono internamente, forse solo quelle di più grandi dimensioni. Naturalmente approvvigionarsi di queste competenze esternamente, anche per monitorare i consumi energetici, comporta investimenti normalmente superiori a quelli richiesti per ottenere una semplice certificazione di qualità ISO 9001, ma spesso il “gioco vale la candela” e ben presto si rientra dei costi sostenuti e nel lungo periodo si può conseguire risparmi consistenti. Inoltre la certificazione di parte terza consente una valutazione indipendente che garantisce che gli sforzi fatti sono stati proficui e permette di migliorare la propria immagine sul mercato in quanto a minori consumi energetici corrispondono, ovviamente, a minori emissioni di gas ad effetto serra e, quindi, un impatto ambientale migliore che dimostra una certa responsabilità sociale dell’impresa.

Il sistema di gestione dell’energia (EnMS) pone le sue fondamenta sulla definizione di una politica per la gestione dell’energia (punto 4.3 della norma), basata naturalmente sul rispetto dei requisiti cogenti e sul miglioramento delle prestazioni energetiche di partenza. Ciò implica l’effettuazione di una analisi iniziale di tutti i consumi energetici dell’organizzazione e dei requisiti cogenti a cui è soggetta nella situazione attuale e quelli eventualmente che si andranno ad introdurre con le azioni pianificate che andranno a modificare gli impianti di produzione dell’energia e le relative fonti di approvvigionamento.

Il punto 4.4 della norma ISO 50001 (Energy planning) riporta i requisiti per la pianificazione energetica, che comprendono la definizione e l’attuazione di una politica energetica, lo stabilire obiettivi e piani d’azione finalizzati al miglioramento delle prestazioni energetiche prendendo in considerazione le prescrizioni legali e le informazioni relative ai consumi energetici significativi.

Lo standard internazionale dedica tre punti normativi allo sviluppo di un riesame energetico iniziale (punto 4.4.3 della norma), alla determinazione di una baseline (4.4.4 Energy baseline) ed alla individuazione di indicatori di performance energetici  (4.4.5): un’evoluzione rispetto la EN 16001 (ora ritirata) nella quale i concetti sono citati esclusivamente in appendice informativa.

Il riesame iniziale dell’energia è fondamentale che venga effettuato in modo completo e corretto, al fine di conoscere tutti gli impieghi di energia dell’organizzazione in modo quantitativo e qualitativo per definire la baseline di partenza sulla quale fondare le analisi finalizzate ad individuare i consumi più significativi e le possibili azioni di miglioramento per ridurre i consumi energetici.

Gli indicatori di performance energetica (EnPI, energy performance indicator) dovranno essere identificati, misurati e monitorati nel tempo e periodicamente riesaminati per valutarne la significatività e l’attendibilità a misurare le prestazioni energetiche dell’organizzazione.

L’organizzazione dovrà poi definire obiettivi e traguardi (target) energetici a differenti livelli della stessa (aree, funzioni, processi, stabilimenti, impianti) per valutare il perseguimento degli obiettivi della politica energetica. Dovranno poi essere definiti piani ed azioni per il raggiungimento degli obiettivi e traguardi stabiliti, comprendenti responsabilità, tempi, metodi di attuazione e metodi di verifica dei miglioramenti apportati alle prestazioni energetiche.

I risultati sul raggiungimento di tali obiettivi e traguardi costituirà un input per il riesame energetico.

Il capitolo 4.5 della norma (Implementation and operation) comprende alcuni requisiti standard comuni anche ad altre norme sui sistemi di gestione che vengono declinati in relazione all’EnMS, ossia:

  • 4.5.2 Competenza, formazione e consapevolezza: tutto il personale che influenza l’EnMS deve possedere le competenze adeguate al ruolo e conseguentemente essere formato/addestrato per acquisire le competenze necessarie; deve inoltre possedere la consapevolezza dell’influenza delle proprie attività sulla conformità alle procedure stabilite nell’EnMS e sulle prestazioni ed i consumi energetici dell’organizzazione.
  • 4.5.3 Comunicazione: devono essere adottati metodi di comunicazione interna ed eventualmente anche esterna sull’attività e sulle prestazioni energetiche dell’organizzazione, anche al fine di aumentare la conoscenza e la consapevolezza del personale e incentivare i suggerimenti per il miglioramento energetico.
  • 4.5.4 Documentazione: devono essere mantenute informazioni documentate almeno su scopo e perimetro del sistema di gestione dell’energia, politica energetica, obiettivi, traguardi e piani, registrazioni richieste dalla norma. Per il resto il requisito è del tutto analogo a quello di altri sistemi di gestione (a questo punto sarebbe auspicabile il richiamo ad una norma unica sul controllo dei documenti dei sistemi di gestione!).
  • 4.5.5 Controllo operativo: l’organizzazione deve identificare e pianificare le operazioni ed attività di manutenzione che hanno un’influenza significativa sulla gestione energetica (politica, obbiettivi e traguardi, piani di azione) al fine di assicurare che vengano eseguite correttamente attraverso una serie di strumenti indicati dalla norma stessa (istruzioni, controlli, manutenzioni, ecc.).
  • 4.5.6 Progettazione: l’aspetto “progettuale” nel SGE è fondamentale in quanto alcuni miglioramenti strategici alla gestione energetica devono essere progettati accuratamente poiché possono riguardare la realizzazione di nuovi impianti o interi stabilimenti oppure la revisione radicale dei sistemi di alimentazione energetica dell’infrastruttura esistente.
  • 4.5.7 Acquisti: l’approvvigionamento di energia e la gestione dei relativi fornitori deve essere basata sul miglioramento delle prestazioni e dell’efficienza energetica, dunque anche i fornitori saranno valutati mediante questi criteri (oltre a quelli eventualmente già stabiliti nella valutazione fornitori del sistema di gestione per la qualità).

Il capitolo 4.6 della norma è dedicato ai controlli (punto Check del ciclo PDCA) e comprende:

  • Il monitoraggio, l’analisi e la misurazione (4.6.1) delle caratteristiche chiave (EnPI, dati sull’utilizzo dell’energia, obiettivi e traguardi, analisi dei consumi, ecc.) che riguardano la gestione energetica. Tale elemento richiede competenze e strumentazione adeguata per implementare sistemi di misurazione e monitoraggio dell’efficienza e dei consumi energetici.
  • Il rispetto delle prescrizioni legali (4.6.2), attraverso un riesame periodico della conformità ai requisiti cogenti applicabili.
  • Gli audit interni (4.6.3), pianificati e condotti come per gli altri sistemi di gestione (anche in questo caso perché non stabilire una norma di riferimento comune per gli audit interni nei sistemi di gestione, che potrebbe anche essere una versione light della UNI EN ISO 19011?).
  • Non conformità, Azioni correttive e Azioni Preventive (4.6.4): premesso che le NC rappresentano scostamenti a requisiti della norma, procedure o requisiti cogenti relativamente alla gestione dell’energia, il processo virtuoso di correzione delle non conformità, eventuale identificazione ed attuazione di azioni correttive finalizzate ad eliminare le cause delle NC o azioni preventive finalizzate ad evitare che una NC potenziale si verifichi, è pressoché identico a quello delineato nella norma ISO 9001 ed in altri sistemi di gestione.
  • Il controllo delle registrazioni (4.6.5), stranamente separato dalla gestione dei documenti (posta al 4.5.4), è del tutto simile a quello definito nelle altre norme sui sistemi di gestione.

Il capitolo 4.7, infine, tratta il riesame del sistema di gestione dell’energia da parte della direzione. Anche per questo requisito si tratta di declinare il corrispondente punto della ISO 9001 nel sistema di gestione dell’energia per ritrovarsi gli elementi in input ed output al riesame del SGE in perfetta analogia con altri sistemi di gestione.

Infine la norma propone un’appendice A (informativa) contenente l’interpretazione dei requisiti di norma al fine di evitare incomprensioni nell’interpretazione della stessa.

In particolare l’appendice contiene utili diagrammi per comprendere come sono costituite le prestazioni energetiche (uso dell’energia, consumi energetici, intensità ed efficienza energetica) e come dovrebbe avvenire il processo di pianificazione energetica.

Da ultimo, nell’appendice B, viene proposta la consueta matrice di correlazione con altre norme su sistemi di gestione (ISO 9001, ISO 14001, ISO 22000), che purtroppo rischiaMOUNTAINimg07 di diventare presto obsoleta nel momento in cui verranno revisionate le norme citate; inoltre si rileva l’assenza della corrispondenza con altre norme importanti, ISO (ISO 27001, ISO 22301, …) e non ISO (OHSAS 18001, SA 8000) e diffuse.

In pratica un sistema di gestione dell’energia richiede pochi sforzi dal punto di vista “sistemistico” per le organizzazioni già certificate con ISO 9001 o ulteriori norma (dunque un sistema di gestione integrato), mentre richiede comunque un approccio adeguato per affrontare la gestione del miglioramento delle prestazioni energetiche che, comunque, può portare ad una significativa riduzione dei costi legati all’energia, anche del 20% in situazioni reali. Dunque il sistema si paga da sé.

A gennaio 2014 le organizzazioni certificate ISO 50001 erano 183 per un totale di 220 siti certificati, dunque c’è ampio margine di espansione per questa certificazione nel prossimo futuro.




La Responsabilità Sociale negli appalti pubblici

Oggi la responsabilità sociale delle imprese diventa sempre più un elemento importante per garantire prodotti e servizi “sostenibili” dal mercato e dalla collettività, ma negli appalti di opere pubbliche come si può declinare questo aspetto su opere di così elevato impatto sulla collettività come ad esempio opere infrastrutturali quali strade, ponti, ferrovie?

Premesso che la legislazione al riguardo – ovvero il codice degli appalti (D.lgs 163/2006) ed il regolamento attuativo DPR 207/2010 – prevede che per le opere da realizzare sia valutato l’impatto territoriale, sociale ed ambientale già nella progettazione preliminare e che durante l’iter progettuale siano sviluppati appositi documenti sull’impatto ambientale delle opere (Valutazione di Impatto Ambientale), si sottolinea che numerosi capitolati per l’affidamento degli incarichi di verifica del progetto di opere pubbliche (secondo l’art. 112 del D.Lgs 163/2006) indicano elementi riconducibili alla responsabilità sociale. Riportiamo, ad esempio, un estratto di capitolato prestazionale di una gara per la verifica di un progetto predisposto da un Ente Pubblico.

«Il controllo del progetto deve essere svolta tenendo presenti le seguenti finalità:

  • accertamento della qualità concettuale, sociale, ecologica, ambientale ed economica della soluzione;
  • prescelta e la sua conformità alle specifiche disposizioni funzionali, prestazionali e tecniche contenute nel Progetto Preliminare dell’Intervento;
  • fattibilità tecnica dell’Intervento, intesa come assenza di errori od omissioni che possano pregiudicare, in tutto o in parte, la realizzazione delle opere o il loro utilizzo;
  • rispetto della normativa di legge e regolamentare;
  • attendibilità delle programmazione temporale di realizzazione in coerenza alle esigenze specifiche dell’Intervento in oggetto e alla programmazione degli interventi limitrofi previsti nell’area;
  • coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti;
  • minimizzazione del rischio di introduzione di varianti e di richieste di riserve dovute a progettazione non esaustiva o incompleta;
  • immediata appaltabilità del progetto;
  • presupposti per la durabilità e di manutenibilità delle opere nel tempo;
  • garanzia della sicurezza delle maestranze nel corso dei lavori di realizzazione e degli utilizzatori finali durante l’esercizio. »

Sicuramente occorre capire cosa si intenda per “qualità sociale, ecologica, ambientale ed economica della soluzione”, in ogni caso si percepisce l’intendimento della Pubblica Amministrazione di concepire opere che abbiano un giusto equilibrio fra gli obiettivi che ci si è proposto di perseguire con la loro realizzazione, i relativi costi e gli impatti, sia positivi, sia eventualmente negativi sulla collettività e sull’ambiente che ci circonda.

Oltre a questo anche altri punti sopra elencati (derivanti dall’art. 42 del DPR 207/2010) si pongono come obiettivo della verifica della progettazione (e quindi come requisiti del progetto) la durata delle opere nel tempo, la loro manutenibilità, la sicurezza delle persone che le realizzeranno, il rispetto dei programmi temporali dei lavori, anche dovuti a varianti non richieste.

Anche il Regolamento (UE) n° 305/2011 del 9 marzo 2011 che riguarda la marcatura CE dei prodotti da costruzione, recepito dalla legislazione italiana con un periodo transitorio che terminerà il 1° luglio 2013, introduce un requisito n° 7 per i prodotti, l’“Uso sostenibile delle risorse naturali”, per il quale:

«le opere di costruzione devono essere concepite, realizzate e demolite in modo che l’uso delle risorse naturali sia sostenibile” e garantisca in particolare il riutilizzo e la riciclabilità dei materiali, la durabilità delle opere e l’uso di materie prime e secondarie “ecologicamente compatibili”. »

Questo nuovo requisito è una naturale conseguenza dell’evoluzione tecnologica del settore in un’ottica di sostenibilità.

Si veda anche il DECRETO 6 giugno 2012 “Guida per l’integrazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici.”

Naturalmente se un’opera – pensiamo ad esempio ad una strada, un ponte, una ferrovia – serve a migliorare la vita delle persone che appartengono ad una comunità, è anche vero che durante la sua realizzazione ci sono spesso dei disagi per molti e sarebbe opportuno ridurre tali disagi al minor tempo possibile; così come quanto più l’opera dura nel tempo e necessita di manutenzioni poco invasive, tanto meglio è per la collettività.

Ma quali sono gli stakeholder nell’intero processo di realizzazione di un’opera pubblica? Quali sono  i loro interessi? Quali sono gli impatti sulla società/collettività che derivano da decisioni ed azioni degli stakeholder?

I soggetti coinvolti nella realizzazione di un’opera pubblica sono evidentemente numerosi: oltre all’Ente Pubblico  – che determina la realizzazione dell’opera secondo i requisiti di legge sopra citati attraverso la redazione di un Documento Preliminare alla Progettazione (DPP) –  vi sono i progettisti, l’organismo di ispezione a cui è affidata la verifica del progetto ai fini della sua validazione (in capo al Responsabile del Procedimento), l’impresa appaltatrice a cui vengono affidati i lavori di esecuzione dell’opera con tutti i suoi fornitori/subappaltatori, il direttore dei lavori, il collaudatore ed infine gli utenti che usufruiranno dell’opera (automobilisti e pedoni che percorrono una strada, dipendenti che lavorano in un ufficio pubblico ed eventuali cittadini che vi accedono per usufruire di servizi, ecc.). Tutti questi soggetti hanno degli interessi (prevalentemente economici) nella realizzazione dell’opera e quasi tutti – a parte l’Ente promotore dell’intervento e gli utenti – traggono vantaggi da un importo dei lavori superiore rispetto ad un importo inferiore. Naturalmente l’Ente (e la collettività che gli paga le tasse) ha l’interesse che il budget di spesa venga rispettato e che i soldi vengano spesi bene, ovvero che non vi siano sprechi dovuti ad inefficienze del processo ed impiego di prodotti di qualità scarsa.

Tutto ciò rappresenta il ciclo virtuoso previsto dal legislatore, ma la realtà è spesso un’altra.

La gestione delle gare di appalto per la progettazione, per la verifica del progetto e per l’affidamento dei lavori spesso riduce alcune spese, ma ne incrementa altre e, soprattutto, aumenta gli impatti negativi sulla collettività in termini di opere mal realizzate (talvolta perché mal progettate), ritardi nel completamento dei lavori, durata delle opere inferiore al previsto, manutenzioni più costose e più invasive del previsto, ecc.. Per non parlare poi del tempo perso dagli automobilisti in coda durante l’esecuzione di lavori di realizzazione di una strada o per la sua manutenzione a causa delle deviazioni del traffico. Dunque la “qualità sociale” viene calpestata dagli interessi di parte. Sicuramente i bandi di gara al massimo ribasso non agevolano il perseguimento degli obiettivi di qualità, anche sociale, di tempi e di costi delle opere.

Infatti per aggiudicarsi un appalto per la progettazione, per la verifica del progetto o per l’esecuzione dei lavori i partecipanti alla gara sono spesso costretti a sconti eccessivi che portano ad una serie di conseguenze negative in termini di responsabilità sociale. I professionisti incaricati della progettazione e della relativa verifica saranno pagati peggio e quindi dedicheranno meno tempo alle loro attività intellettuali, si favorirà il lavoro precario e l’ingaggio di personale con meno esperienza, meno motivato, disposto a guadagnare meno pur di lavorare. Se i professionisti dedicheranno meno tempo all’attività loro assegnata e se saranno meno competenti in quanto meno esperti inevitabilmente i requisiti stabiliti per l’opera potranno essere disattesi. Oltretutto nella maggior parte dei casi l’Ente Pubblico non definisce il DPP, dunque non stabilisce in modo chiaro quali sono i suoi desiderata per l’opera in appalto e ciò permette maggiori gradi di libertà – al risparmio – in fase di progettazione e relativa verifica (se non hai stabilito requisiti di dettaglio molte soluzioni vanno bene comunque).

Passando alla fase realizzativa, la gara di appalto al massimo ribasso porta sempre le imprese a fare sconti stratosferici, quindi favorendo situazioni di mancato rispetto dei diritti di tutela dei lavoratori (sicurezza, lavoro nero, precariato,…) e induce al subappalto della maggior parte delle lavorazioni, riducendo anche – per motivi di costi – l’impegno per il coordinamento dei numerosi subappaltatori, il tutto a discapito della qualità dell’opera. Anche le lavorazioni dureranno di più a causa della gestione al risparmio della manodopera e le opere procederanno “a singhiozzo” in base alla disponibilità del personale della ditta subappaltatrice. Infine i materiali acquistati: impresa e subappaltatori saranno “costretti” a risparmiare il più possibile, preferendo fornitori che offrono i materiali a prezzo più basso, ma che spesso non garantiscono i medesimi requisiti qualitativi, talvolta sfociando nella vera e propria truffa (materiali non conformi alle caratteristiche previste e di qualità inferiore, marcature CE fasulle, materiali radioattivi, ecc.). In tal modo i materiali saranno più facilmente prodotti in Paesi ove i diritti dei lavoratori non sono rispettati, il trasporto sarà più lungo con conseguente maggiore impatto ambientale negativo.

Evidentemente i costi “sociali” della realizzazione di un’opera non vengono calcolati (tempo perso dagli automobilisti, maggiore inquinamento, danni arrecati da lavorazioni mal eseguiti o causate dall’utilizzo di materiali difettosi, ecc.) altrimenti si conoscerebbero i costi reali, compresi quelli occulti, di realizzazione delle opere che sono a carico della collettività che paga le tasse.

In conclusione Qualità delle opere, in termini di soddisfacimento dei requisiti stabiliti fin dalle fasi di concepimento delle stesse, significa anche impatto sociale positivo e, dunque, qualità sociale, ecologica, ambientale ed anche economica. È infatti evidente che solo remunerando equamente tutti i soggetti coinvolti (non solo alcuni) nel processo di realizzazione dell’opera e controllando assiduamente ogni fase del processo è possibile garantire il rispetto degli interessi della collettività, che è poi la finalità principale per la quale si realizzano opere pubbliche.

Vedi anche http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/aspetti_etici_appalti/index.html