Misure di sicurezza di un’applicazione web per essere conformi al GDPR

Nella gestione della privacy di un’organizzazione talvolta ci si trova a valutare la conformità al GDPR (Regolamento UE 2016/679) di una applicazione web o web application fornita, spesso con modalità SaaS (Software As A Service) da un fornitore esterno.

Da un lato l’art. 28 del GDPR ci chiede di affidarci solo a responsabili del trattamento che garantiscano adeguate misure di sicurezza e la conformità al GDPR stesso, dall’altro l’art. 25 ci chiede che gli applicativi software che trattano dati personali siano “privacy by design” e “privacy by default”, ma cosa significa tutto ciò? Cosa dobbiamo realmente chiedere al fornitore di una web application? Anzi cosa dobbiamo pretendere per garantirci la conformità al GDPR?

Al di là degli obblighi del GDPR, molti imprenditori si pongono queste domande:

  1. Dove sono conservati i miei dati?
  2. Chi li può visionare?
  3. Saranno sempre nella mia disponibilità?



Le responsabilità in capo al Titolare del trattamento in caso di violazione dei dati personali gestiti attraverso un sito web sono pesanti se esso non ha provveduto, da un lato a garantirsi contrattualmente la conformità del responsabile del trattamento e dall’altro ad assicurarsi che l’applicazione web sia adeguatamente sicura. In pratica il titolare rischia di essere accusato di “culpa in eligendo” e “culpa in vigilando”, relativamente al rapporto con il responsabile del trattamento.

Il più elevato livello di garanzie che un titolare del trattamento può ottenere è la certificazione ai sensi dell’articolo 42 (e 43) del gdpr del fornitore responsabile del trattamento per il prodotto utilizzato. Al momento tale certificazione non è ancora pienamente disponibile, ma manca veramente poco perché i primi schemi di certificazione ai sensi dell’articolo 42 del GDPR siano abilitati da Accredia (o da altri enti di accreditamento europei mutuamente riconosciuti nella UE) attraverso l’accreditamento dei primi Organismi di Certificazione ai sensi della norma ISO 17065 per la certificazione del GDPR. Ad esempio, lo schema ISDP©10003 è l’unico schema di certificazione italiano accreditato e, quindi, potrà costituire uno strumento per poter certificare processi, prodotti o servizi sotto accreditamento ISO 17065 e, quindi, certificare la conformità di un prodotto software come un applicativo web al Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati Personali 679/2016.

Ma in assenza di un prodotto software certificato quali sono i requisiti di sicurezza che possiamo ragionevolmente richiedere ad una web application si tratta dati personali di dipendenti, clienti e fornitori dell’organizzazione titolare del trattamento?

Vediamo un elenco non esaustivo di possibili misure di sicurezza, suddivise per categorie.

  1. Controllo degli accessi: il sistema web deve prevedere un’autenticazione mediante credenziali del tipo username e password univoche (o rese tali). Devono essere implementati criteri di sicurezza per le password come ad esempio una lunghezza minima (almeno 8 caratteri sono indispensabili), una complessità minima della password (ad esempio potrebbe essere richiesta la presenza di almeno un carattere alfabetico maiuscolo, alfabetico minuscolo, un numero ed un carattere speciale), la password dovrebbe essere cambiata al primo accesso dell’utente e a frequenza prestabilita, sebbene la variazione della password non sia più un must della sicurezza informatica; infatti sistemi come l’autentificazione a due fattori richiesta anche saltuariamente  (ad esempio in caso di collegamento da un nuovo dispositivo ) potrebbe rendere maggiormente sicuro il portale web. Poi dovrebbe comunque essere impedito l’accesso contemporaneo con il medesimo codice utente da due dispositivi differenti. Inoltre, l’utente dovrebbe essere automaticamente scollegato dalla sessione dopo un certo periodo di tempo. Infine, le password dovrebbero essere mantenute in forma cifrata nel database dell’applicativo per evitare hacker possano appropriarsi delle credenziali degli utenti.
  2. Anti-malware: il portale web dovrebbe implementare sistemi antivirus attivi e firewall per contrastare eventuali attacchi dall’esterno.
  3. Profilazione degli utenti: tutti gli utenti dovrebbero avere accesso alle sole risorse di cui necessitano e le utenze amministrative ovvero quelle di amministratore di sistema dovrebbero essere utilizzate soltanto per necessità specifiche.
  4. Log degli accessi: dovrebbe essere implementato un sistema di raccolta di log degli accessi degli amministratori di sistema (mantenuti almeno sei mesi in formato non modificabile come richiesto dal provvedimento del Garante Privacy) e degli utenti.
  5. Aggiornamento software: dovrebbero essere mantenuti costantemente aggiornati contro minacce alla sicurezza i sistemi operativi ed i software di base della piattaforma nella quale opera l’applicativo web; dunque aggiornamenti costanti delle versioni di mySQL, PHP ed Apache nella piattaforma open source LAMP, aggiornamenti di MSSQL e relativi componenti software della piattaforma Microsoft, ecc..  
  6. Comunicazioni sicure: le connessioni fra client e web devono essere crittografate (protocollo SSL/TLS) con certificati validi, prassi ormai consolidata per siti web che applicano le connessioni “https”.
  7. Politica di backup: dovrebbe essere attuata una policy di backup adeguata alle esigenze di disponibilità dei dati, in termini di tempi di ripristino dei dati e massima perdita dei dati ammissibile. I tempi di retention dei backup dovrebbero essere coerenti con le esigenze di ripristino di dati passati ed eventuali cancellazioni. Le copie di backup dovrebbero essere protette contro il ransomware, attraverso cifratura, conservazione off-line, esecuzione dei backup con profili utente separati. Per garantirsi contro disastri ambientali e causati dall’uomo almeno una copia di backup periodica dovrebbe essere conservata in un’ubicazione remota (oltre 50-100 km dal datacenter).
  8. Disaster recovery: il fornitore dei servizi cloud dove è installato l’applicativo dovrebbe fornire un piano di disaster recovery adeguato alle esigenze dell’organizzazione cliente.
  9. Piano di Business Continuity: il fornitore dei servizi cloud deve prevedere un piano di continuità operativa che contempli, oltre al piano di DR, contromisure per garantire la disponibilità dei servizi a fronte di disastri ed altre situazioni di crisi non legate all’infrastruttura IT (come ad es. una pandemia, un incendio, un’alluvione, un terremoto, ecc.).
  10.  Monitoraggio di log di accesso e sistemi antintrusione: dovrebbero essere implementate attività di monitoraggio dei log di accesso degli utenti e degli amministratori e di sistemi antintrusione (Intrusion Prevention System) e dei relativi log.
  11. Sicurezza fisica ed ambientale del datacenter: il datacenter ove risiede il cloud dell’applicativo dovrebbe essere dotato di misure di sicurezza fisica ed ambientale come impianti antincendio e antiallagamento, sistemi di allarme e di videosorveglianza, controllo degli accessi fisici del personale, ecc..
  12. Sicurezza informatica del datacenter: devono essere previste, a protezione dei dati ,misure quali firewall e anti-malware, gestione delle utenze amministrative/privilegiate e MFA sulla piattaforma cloud, monitoraggi/audit sulla sicurezza, censimento degli asset, ecc..
  13. Sicurezza delle apparecchiature e dei servizi accessori: l’infrastruttura del datacenter deve essere dotata di adeguati sistemi di raffreddamento, sicurezza fisica dei cablaggi, misure di alimentazione di emergenza quali gruppi elettrogeni, ecc..
  14. Conformità al GDPR dell’ubicazione del datacenter: i dati personali conservati in cloud dovrebbero comunque risiedere all’interno della UE o in un Paese per il quale esistono adeguate garanzie secondo quanto previsto dal Reg. UE 679/2016 e dalla Commissione Europea.

In sé la web application dovrebbe essere progettata con maschere video e funzioni che permettano di gestire il minor numero di dati personali possibile, consentendo agli utenti di visionare solo i dati effettivamente necessari per operare e prevedere la pseudonimizzazione dei dati nelle tabelle del database, separando i dati più sensibili dagli altri e rendendoli associabili all’individuo attraverso codici anonimi. Questi aspetti richiedono, però, una progettazione dell’applicativo già orientata alla protezione dei dati personali ed ai principi del GDPR, cosa non certo comune.

Naturalmente ognuna di queste misure di sicurezza potrà rivestire un’importanza diversa a seconda del tipo di dati gestiti nell’applicativo in cloud e della loro importanza o valore in termini di Riservatezza, Integrità e Disponibilità.

In conclusione, prima di adottare un software web per trattare dati riservati occorre esaminare bene anche questi aspetti per non trovarsi cattive sorprese in futuro.




Nuovo Regolamento UE sulla Privacy: cosa cambia per le imprese?

privacyLo scorso 4 maggio è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale della Comunità Europea il “Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)” e dopo 20 giorni dalla sua pubblicazione è divenuto legge europea, pertanto a partire dal 25 maggio 2016 decorrono i due anni di transitorio per l’applicazione del nuovo Regolamento.

Nella pagina Documenti di questo sito è possibile scaricare il testo ufficiale (ora anche per gli utenti non registrati).

Il Garante per la Protezione dei dati personali ha pubblicato un’apposita guida (http://194.242.234.211/documents/10160/5184810/Guida+al+nuovo+Regolamento+europeo+in+materia+di+protezione+dati ).

Rispetto al precedente articolo pubblicato su questo sito il 27/04/2016, basato sulla traduzione della proposta di Regolamento approvata dal Parlamento Europeo a dicembre 2015, di cui il presente articolo costituisce un aggiornamento, si rilevano alcune differenze nella traduzione del testo originale inglese in lingua italiana, rispetto all’attuale Codice privacy D.Lgs 196/2003:

  • Viene mantenuto il “Titolare del trattamento” (Data Controller);
  • Viene mantenuto il “Responsabile del Trattamento” (Data processor);
  • Viene abolito l’Incaricato del trattamento.

Il nuovo Regolamento introdurrà una legislazione in materia di protezione dati uniforme e valida in tutta Europa, affrontando temi innovativi – come il diritto all’oblio e alla portabilità dei dati – e stabilendo anche criteri che da una parte responsabilizzano maggiormente imprese ed enti rispetto alla protezione dei dati personali e, dall’altra, introducono notevoli semplificazioni e sgravi dagli adempimenti per chi rispetta le regole. Il Regolamento UE 679/2016, però, non sarà l’unica fonte legislativa per regolamentare la protezione dei dati personali, infatti le Autorità dei singoli Stati Membri – e quindi il Garante della Privacy per l’Italia – potranno integrare i contenuti del Regolamento dettagliando meglio alcuni aspetti che al momento appaiono poco chiari, introdurre linee guida generali e di settore, regolamentare aspetti particolari, ecc.

A tal proposito occorre ricordare che, con l’uscita del Regolamento 679 non vengono aboliti i provvedimenti del nostro Garante su Videosorveglianza, Amministratori di Sistema, fidelity card, biometria, tracciamento flussi bancari, ecc. Tali provvedimenti probabilmente verranno modificati e/o integrati dal Garante Privacy per aggiornarli ed eventualmente adeguarli alle prescrizioni del Regolamento Europeo 679.

Il Garante Privacy italiano potrà inoltre integrare il Regolamento UE 679 per disciplinare il trattamento di dati personali effettuato per adempiere obblighi di legge italiana e in particolari ambiti, ad esempio quello dei dati sanitari, oppure per definire in modo più dettagliato gli obblighi per le PMI (ovvero per le organizzazioni che occupano meno di 250 dipendenti, per le quali il regolamento 679 ha stabilito delle semplificazioni).

Ma quali sono le principali novità per le imprese nella gestione della privacy a fronte del Regolamento UE?

L’aspetto più significativo è sicuramente il cambio di approccio rispetto al Codice Privacy attualmente in vigore in Italia, ed in particolare all’Allegato B, ovvero al Disciplinare Tecnico delle Misure Minime di Sicurezza. Il nuovo Regolamento Europeo sulla privacy, infatti, non definisce requisiti specificati in termini precisi, come avviene per l’attuale normativa italiana sulla privacy, ma sposta la responsabilità di definire le misure di sicurezza idonee a garantire la privacy dei dati personali trattati sul titolare o responsabile del trattamento, dopo un’attenta analisi dei rischi.

Dunque non ci sono più misure minime, ma solo misure di sicurezza adeguate, progettate dal titolare o responsabile del trattamento dopo aver effettuato l’analisi dei rischi che incombono sui dati personali che si intende trattare. Sottolineiamo quest’ultimo aspetto: le misure di prevenzione vanno poste in atto prima di iniziare il trattamento.

Poiché a livello nazionale la legislazione italiana ed il Garante per la Protezione dei Dati Personali hanno seguito il percorso europeo, a partire dalla Direttiva Europea 46/95, a livello di principi sulla privacy non ci sono differenze significative tra normativa italiana e Regolamento Europeo. Infatti, alcune regole già imposte dal Codice Privacy e dalle successive disposizioni del Garante restano valide, anche se con contorni un po’ meno definiti da criteri oggettivi. In sostanza:

  • Viene regolamentato solo il trattamento di dati personali di persone fisiche (non giuridiche) per scopi diversi dall’uso personale.
  • Resta una distinzione fra trattamento di dati personali comuni e trattamento di dati c.d. sensibili, anche se la definizione del D.lgs 196/2003 non viene utilizzata nel Regolamento UE 679, lasciando però la possibilità agli Stati membri di stabilire una disciplina particolare in merito.
  • Restano gli obblighi di informare l’interessato sull’uso che verrà fatto dei suoi dati personali.
  • Restano gli obblighi di ottenere il consenso per i trattamenti non necessari o per i trattamenti di particolari tipi di dati, ad esempio quelli idonei a rivelare lo stato di salute delle persone, le origini razziali, le idee religiose, ecc.

Tra gli elementi che cambiano vi sono sicuramente:

  • La denominazione ed i ruoli degli attori: il titolare del trattamento rimane tale, il responsabile del trattamento è ora responsabile in solido con il titolare per i danni derivanti da un trattamento non corretto, l’incaricato rimane il soggetto che fisicamente tratta i dati, ma tale ruolo non è delegabile, se non attraverso uno specifico accordo contrattuale. Il responsabile può individuare un proprio rappresentante.
  • I dati personali trattati devono essere protetti con misure organizzative e tecniche adeguate a garantirne la riservatezza e l’integrità.
  • I diritti dell’interessato sono più ampi e maggiormente tutelati.
  • Il responsabile del trattamento deve mettere in atto misure tecniche ed organizzative tali da consentirgli di dimostrare che tratta i dati personali in conformità al Regolamento. Tali misure devono seguire lo stato dell’arte e devono derivare dall’analisi dei rischi che incombono sui dati, secondo relativa gravità e probabilità.
  • Privacy by default: devono essere trattati “per default” solo i dati necessari a perseguire le finalità del trattamento posto in essere dal responsabile dello stesso, ovvero non devono essere trattati dati in eccesso senza che una persona fisica autorizzata lo consenta.
  • Privacy by design: ogni nuovo trattamento di dati personali dovrà essere progettato in modo da garantire la sicurezza richiesta in base ai rischi a cui è sottoposto prima di essere implementato. Anche i sistemi informatici dovranno essere progettati secondo tale principio.
  • Possono esserci più responsabili per un medesimo trattamento che risulteranno, pertanto, corresponsabili di eventuali trattamenti non conformi, ma dovranno stabilire congiuntamente le rispettive responsabilità.
  • Le imprese con sede al di fuori dell’Unione Europea, che trattano dati personali di interessati residenti nella UE dovranno eleggere una propria organizzazione o entità all’interno della UE che sarà responsabile di tali trattamenti.
  • Devono essere mantenuti registri dei trattamenti di dati effettuati con le informazioni pertinenti e le relative responsabilità. Tali registri non sono obbligatori per organizzazioni con meno di 250 dipendenti salvo che non trattino dati sensibili (secondo la definizione del Codice della Privacy attualmente in vigore) o giudiziari. Tale discriminante potrà essere meglio specificata da appositi provvedimenti del nostro Garante.
  • Il responsabile del trattamento deve notificare all’autorità competente – e, in casi gravi, anche all’interessato – ogni violazione dei dati (data breach) trattati entro 72 ore dall’evento.
  • Quando un trattamento presenta dei rischi elevati per i dati personali degli interessati (i casi specifici dovranno essere esplicitati dall’Autorità Garante), il responsabile del trattamento deve effettuare una valutazione di impatto preventiva, prima di iniziare il trattamento.
  • Viene introdotta la certificazione del sistema di gestione della privacy (le cui modalità dovranno essere meglio definite tramite gli Organismi di Accreditamento Europei, ACCREDIA per l’Italia)..
  • È richiesta la designazione di un Responsabile della Protezione dei Dati (Data Protection Officer) nelle Aziende Pubbliche e nelle organizzazioni che trattano dati sensibili o giudiziari su larga scala oppure che la tipologia di dati trattati e la loro finalità richieda il controllo degli incaricati al trattamento su larga scala.

 

Proprio quest’ultimo punto, variato rispetto alle precedenti versioni del Regolamento, farà molto discutere, poiché non stabilisce criteri precisi ed oggettivi (cosa significa “su larga scala”?) per l’adozione di tale figura professionale, di competenze adeguate a garantire una corretta applicazione della normativa sulla privacy. Il Responsabile per la Protezione dei Dati dovrà essere correttamente informato dal Responsabile del Trattamento su tutte le attività che riguardano la privacy e dovrà disporre di risorse adeguate per svolgere il proprio compito e mantenere le sue competenze adeguate al ruolo che ricopre. Egli dovrà inoltre essere indipendente dalle altre funzioni dell’organizzazione e riferire solamente all’alta direzione.

La sicurezza dei dati – in termini di riservatezza, integrità e disponibilità – deve essere garantita in funzione del rischio che corrono i dati stessi, dei costi delle misure di sicurezza e dello stato dell’arte della tecnologia. Pertanto le password di almeno 8 caratteri variate almeno trimestralmente, l’antivirus aggiornato, il firewall e l’aggiornamento del sistema operativo potrebbero essere misure adeguate per determinati trattamenti, ma non per altri, oppure in determinate organizzazioni, ma non in altre, in ogni caso lo potrebbero essere oggi, ma non domani quando il progresso tecnologico (anche degli hacker e di coloro che minacciano i nostri dati) potrebbe renderle insufficienti.

Lasciando per il momento stare gli impatti che il nuovo Regolamento UE sulla privacy potrà avere per i colossi del web, quali Facebook, Google, ecc., è opportuno osservare che per le piccole e medie imprese italiane dovrà cambiare l’approccio alla privacy, soprattutto per quelle privacyorganizzazioni che trattano dati sensibili o giudiziari. Occorrerà un cambio di mentalità: non serve più un po’ di carte (informative, consensi, lettere di incarico, …) ed alcune misure minime di sicurezza specifiche (password, antivirus,…) per garantire il rispetto della legge. Poiché molti imprenditori vedono la privacy solo come un disturbo da gestire soltanto per non incorrere in sanzioni e, quindi, come una pratica da sbrigare nel modo più indolore possibile, ecco che il passaggio al nuovo Regolamento – che dovrà avvenire nei prossimi due anni – non sarò proprio una passeggiata.

Le responsabilità in capo al responsabile del trattamento (ex titolare del trattamento) sono maggiori e comunque più impegnative da gestire, soprattutto laddove il trattamento di dati venga delegato a fornitori (es. consulenti del lavoro, consulenti fiscali e legali, strutture esterne, ecc.) che dovranno inevitabilmente essere tenuti sotto controllo.

Non è che taluni principi fossero assenti dalla normativa italiana del 2003, ma – complice la crisi e le semplificazioni adottate da precedenti governi, soprattutto l’abolizione del DPS – hanno un po’ sminuito l’importanza della privacy in azienda, anche perché – si sa come siamo fatti noi italiani – senza sanzioni esemplari non ci preoccupiamo di nulla… e sono stati molto rare le sanzioni comminate alle aziende, anche perché i controlli sono stati molto poco frequenti.

Paradossalmente ha spaventato di più la disposizione sui cookie perché la sua mancata applicazione è di fatto pubblica, mentre altre regole di fatto trascurate rimangono tra le muar delle organizzazioni di ogni dimensione.

L’indeterminatezza di alcune regole potrà essere colmata da disposizioni specifiche dei singoli Stati membri e/o da linee guida di settori specifici che potranno agevolare l’interpretazione della legge.

Ora la privacy sarà meno materia per avvocati – se non per la stesura di contratti che regolamentano i rapporti fra clienti e fornitori anche in materia di trattamento dati personali – e più materia per esperti della sicurezza delle informazioni. Infatti l’approccio del nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy si avvicina, mutatis mutandis, a quello della norma UNI EN ISO/IEC ISO 27001 e della linea guida UNI EN ISO/IEC 27002.

L’adozione del nuovo Regolamento UE sarà, pertanto, più impegnativa per piccole organizzazioni che trattano molti dati c.d. sensibili o giudiziari, quali organizzazioni private nel campo della sanità (cliniche ed ambulatori privati, farmacie, …), studi di consulenza del lavoro, infortunistiche, studi legali, studi di consulenza fiscale, ecc., piuttosto che per aziende che trattano come unici dati sensibili i dati relativi ai propri dipendenti. Anzi saranno proprio queste ultime che dovranno pretendere da società e studi di consulenza esterna adeguate garanzie per il trattamento dei dati di cui sono responsabili.