Migliorare l’efficienza nei servizi intellettuali

L’introduzione dell’innovazione tecnologica (sistemi automatici, software di schedulazione e controllo della produzione, ecc.) e di tecniche manageriali di ottimizzazione dei processi (lean production, BPR, Just in Time, MRP, ecc.) hanno permesso a molte imprese manifatturiere di migliorare i lead-time di produzione, anche se l’incidenza del tempo di lavorazione degli impianti produttivi resta ancora il fattore più importante del ciclo produttivo.

Nelle organizzazioni di servizi intellettuali, invece, il fattore umano è – e sempre lo sarà – prevalente nel contribuire ai tempi, ai costi ed alla qualità del servizio. In tali contesti, dunque, una riduzione del tempo di alcune attività critiche svolte da esseri umani può ridurre sensibilmente il tempo di svolgimento del processo e, quindi, anche i costi del medesimo. Inoltre una redistribuzione dei carichi di lavoro dei processi a risorse con costi orari differenti consente talvolta un deciso risparmio dei costi complessivi di processo senza influenzare la qualità complessiva del risultato prodotto.

In termini meno astratti ci si riferisce alle organizzazioni che erogano servizi professionali quali studi di consulenza, studi legali, studi commercialisti, società di consulenza manageriale, società di informatica, studi e società di ingegneria, ecc.. Per esse la voce di costo del servizio prevalente è senz’altro quella legata al lavoro intellettuale svolto dalle risorse umane.

Da un certo punto di vista sembrerebbe difficile ridurre il tempo di svolgimento di un’attività da parte di un professionista, un progettista di sistemi informatici o di opere di ingegneria civile… invece, se ci concentriamo sul lavoro svolto dalla persona in esame, vediamo che molte attività vengono svolte con l’ausilio di sistemi informatici e parte del tempo viene passato in riunioni, ad effettuare lavoro che dovrebbe essere svolto da altre figure professionali, a rifare lavoro che era stato svolto con errori, addirittura in attesa che altri completino il proprio lavoro. Analizzando tutte le attività svolte da ogni singola persona, ed i relativi costi che ne comportano, è possibile individuare possibili miglioramenti nell’efficienza dei processi (ovvero impiegare minori risorse per svolgere il medesimo lavoro) e spesso anche nell’efficacia degli stessi (ovvero impiegare minor tempo nel completare un lavoro e/o con minor tasso di errori).

Naturalmente nessun miglioramento è gratis, occorre investire del tempo nel cercare di analizzare i processi, le singole attività, i relativi tempi e costi, per poter individuare i possibili miglioramenti. E quando anche essi sono stati individuati occorre fare un’attenta analisi costi-benefici prima di implementarli e nel caso è necessario effettuare piccoli o grandi investimenti per mettere in pratica le azioni di miglioramento stabilite.

Il processo di miglioramento è già stato descritto da tempo, anche nella ISO 9001, come azioni preventive o di miglioramento (la prossima edizione della norma ISO 9001:2015 addirittura farà scomparire il termine “azione preventiva” a vantaggio delle azioni di miglioramento in senso esteso), ma non tutti – certificati e non – lo hanno recepito nel modo giusto.

Alcune azioni di miglioramento sono comuni a diverse tipologie di attività e, seppur banali, pochi imprenditori e professionisti le hanno adottate.

Ad esempio per svolgere alcune attività su sistemi informatici si otterrebbe un discreto risparmio di tempo utilizzando monitor più grandi che consentano di visualizzare in modo ottimale due finestre affiancate, oppure usare due monitor sullo stesso PC per evitare continui cambi di finestra. Addirittura tale operatività è resa più efficiente da specifiche utility commerciali, open source o freeware!

Anche lavorare su documenti residenti su disco rigido, ma sincronizzati nel cloud con specifici tool (Microsoft OneDrive, Google Drive, Box.net, Dropbox,…) consente di evitare dispendiosi trasferimenti di file su chiavetta USB o tramite e-mail con il rischio aggiuntivo di perdere il controllo delle versioni.

Le riunioni aziendali, sempre utili per migliorare la comunicazione fra i diversi soggetti, spesso generano significative perdite di tempo. Se da un lato esistono affermate metodologie manageriali per rendere estremamente efficaci le riunioni, dall’altro la consultazione e revisione di documenti, la verbalizzazione della discussione e delle azioni deliberate possono essere rese molto più efficaci ed efficienti attraverso l’utilizzo di strumenti informatici ed apparecchiature tecnologicamente più avanzate di quelle eventualmente impiegate. Infatti basta un videoproiettore all’avanguardia (ad es. con connessione HDMI per visualizzare i documenti a maggior risoluzione) oppure un grande schermo TV/monitor, se non addirittura una LIM (lavagna multimediale elettronica) per migliorare enormemente la condivisione dei documenti e l’apprendimento dei concetti esposti da parte dei partecipanti alla riunione.

Talvolta partecipare fisicamente ad una riunione costa parecchio tempo e denaro in spostamenti con mezzi di trasporto che non sempre garantiscono la puntualità, ma non serve. Forse non basta “vedersi in faccia” tramite Skype ed una webcam collegata al computer, ma con un impianto per la videoconferenza unito a tool software di collaborazione per condividere documenti fra tutti i partecipanti, la presenza fisica è spesso inutile.

Spesso l’incontro con clienti e fornitori potrebbe avvenire in modo “virtuale”, ma l’arretratezza tecnologica e mentale di una delle due parti lo impedisce, però un po’ di intraprendenza ed un incentivo economico (alias risparmio di costi) a volte aiuta a convincere anche personaggi un po’ vintage.

Lavorare con i documenti PDF (annotare, convertire il testo in formato editabile tramite OCR, modificare il testo, estrarre testo e immagini, ecc.) usando gli strumenti giusti risulta oltremodo vantaggioso.

Le attività svolte outdoor, ovvero fuori dall’azienda (presso cantieri, clienti, fornitori, fiere, ecc.) possono trarre grande beneficio dall’uso di tablet e smartphone o notebook convertibili connessi a Internet ed alla sede, a condizione che vengano impiegati in modo organizzato.

I sistemi informatici gestionali e specifici per svolgere determinate attività hanno in gran parte recepito questa rivoluzione in corso negli ultimi anni ed hanno introdotto funzioni per sfruttare i dispositivi mobili ed i dati in cloud, soprattutto nella gestione delle informazioni condivise (documenti, calendari, contatti, ecc.).

Purtroppo non tutti gli utenti hanno recepito ed implementato queste migliorie e – essenzialmente per motivi di costo e di mancanza di tempo per formarsi adeguatamente – rinunciano ai miglioramenti dell’efficienza.

Non parliamo poi della gestione dei documenti in formato elettronico (ne abbiamo già parlato in questo blog nell’articolo “La gestione documentale informatizzata“) che, se ben organizzata, può non solo far risparmiare molto tempo alle persone che cercano un file, ma evita anche frequenti errori nella consultazione o modifica di file obsoleti.

È evidente che gestire un documento in formato elettronico anziché su supporto cartaceo può portare a notevoli vantaggi, ma bisogna ben comprendere che la gestione non può essere la stessa, perché:

  • Il processo di approvazione di un documento informatico non può essere lo stesso di un documento cartaceo
  • Il ciclo di revisione di un documento elettronico in formato Office compatibile o PDF è diverso da quello di un documento stampato
  • Il documento elettronico non è semplicemente equivalente al documento cartaceo scansionato oppure al documento Office dopo o prima della stampa dello stesso
  • Le copie del documento informatico si generano con molta più facilità di quelle di un documento cartaceo
  • La firma di un documento elettronico ha valore legale solo se è una firma digitale riconosciuta, ed occorre possedere l’apposito token, mentre per la firma su supporto cartaceo bastano carta e penna
  • Alterare un documento cartaceo è molto più facile che alterare un documento cartaceo
  • Gestire in formato elettronico un documento in formato A3 o addirittura A0 non è proprio la stessa cosa che gestire un documento in formato A4 in digitale
  • e così via.

Una domanda sorge poi spontanea: «perché per cercare un’informazione in Internet tramite Google ci si impiega pochi secondi, anche tramite un tablet o smartphone connesso e per ricercare un’informazione in un documento aziendale spesso sono necessari almeno dieci minuti? »

Se l’impiego delle email ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare anche in ambito lavorativo, bisogna ammettere che spesso questo strumento non è usato al meglio (vedi articolo sull’Uso delle e-mail).

La progettazione delle modalità con cui usufruire della posta elettronica (scaricare le email direttamente dal provider sui diversi dispositivi, implementare un Server di posta all’interno dell’organizzazione oppure gestire la posta tramite un Server di posta nel cloud, ecc.) può cambiare radicalmente il modo di interfacciarsi con colleghi, clienti e fornitori: poter leggere la posta elettronica da qualunque dispositivo nello stesso modo e poter inviare messaggi di posta da qualsiasi dispositivo ritrovandoseli nella posta inviata degli altri dispositivi non è un vantaggio trascurabile. Inoltre in funzione del sistema di posta adottato possono variare le metodologie di backup dei messaggi di posta, spesso la parte più ostica per chi progetta le procedure di backup.

Oggi perdere alcuni messaggi e-mail per molte organizzazioni potrebbe significare perdere la prova di un’attività svolta, di un ordine del cliente o delle specifiche trasmesse ad un fornitore o a d un collaboratore esterno… e quindi perdere tempo e denaro.

Talvolta sarebbe opportuno veicolare su altri tool – diversi dalla posta elettronica – le comunicazioni con clienti e fornitori, soprattutto per tenere traccia in modo ordinato di tutte le conversazioni e per condividere con tutti gli interessati le stesse notizie in tempo reale. Diversi servizi web possono soddisfare allo scopo, fino ai più completi software di CRM (vedi articolo “A chi serve il CRM?“).

Un’altra evoluzione rispetto alla trasmissione di documenti in allegato alle email sono i server FTP (o, meglio sFTP per garantire maggior sicurezza), ma altri servizi cloud possono essere più efficaci.

In alcuni casi scrivere a mano o a computer non conviene ed i software di riconoscimento vocale possono portare a grandi vantaggi, non solo in ambito sanitario quando le mani sono impegnate in altre attività.

Altri adeguamenti tecnologici di tipo puramente hardware, come l’ottimizzazione del cablaggio e delle prese di rete, il miglioramento della wi-fi o l’upgrade dei computer più obsoleti possono anch’essi risultare estremamente proficui perché permettono di risparmiare anche solo poche decine di minuti ogni giorno, che diventano ore e giorni nel lungo periodo.

Passando a metodologie di gestione delle attività lavorative che non derivano dall’impiego di strumenti elettronici, si possono identificare molti strumenti che possono far risparmiare tempo e costi a diverse organizzazioni: si va dal project management (vedi articolo “A chi serve il project management”) al lean thinking in progettazione, dalla già citata gestione delle riunioni, alla gestione del tempo, agli strumenti manageriali della qualità totale, ecc.. Certamente molte metodologie, nate parecchi anni fa, vanno ripensate utilizzando tool informatici di supporto allo stato dell’arte e rimangono non solo valide, ma sono ancor più potenti grazie all’ausilio del software. Ad esempio diversi applicativi software (alcuni anche Saas, software as a service o servizi web) consentono di migliorare notevolmente l’efficienza e l’efficacia nella gestione di progetti in diversi ambiti, quando le informazioni devono essere condivise fra diversi soggetti che operano in luoghi geograficamente distanti fra loro.

Le possibilità di migliorare l’efficienza dei processi interni per le organizzazioni di servizi sono molte e, settore per settore, per ogni tipologia di attività e per ogni singola organizzazione è possibile individuare delle azioni di miglioramento specifiche che non sono state mai considerate.

Talvolta le azioni di miglioramento sono state già individuate dal personale interno, ma non sono state recepite dalla Direzione o dai Soci dell’organizzazioni per svariate ragioni.

Le ragioni per cui molte organizzazioni nemmeno si mettono nell’ottica di cercare di individuare queste azioni di miglioramento sono essenzialmente:

  • Timore dei costi che ne potrebbero scaturire
  • Ignoranza dei vantaggi economici che ne potrebbero derivare
  • Mancanza di tempo a disposizione per analizzare i processi e formare il personale
  • Non conoscenza delle tecnologie che potrebbero supportare la propria attività.

Tutti questi elementi denotano una scarsa lungimiranza e poca pianificazione strategica, ma quelli legati ai costi da evitare ed ai risparmi sconosciuti, invece, denotano una scarsa conoscenza dei costi e del valore aggiunto delle attività svolte dal proprio personale, Direzione compresa.

È evidente che se non si conoscono i costi reali delle commesse, dei progetti e delle singole attività si fa fatica ad identificare possibili miglioramenti economici.

Del resto bastano pochi semplici calcoli, supportati dalle informazioni necessarie, per capire quanto costa svolgere un determinato lavoro.

Se consideriamo, ad esempio, un lavoratore dipendente che ha uno stipendio netto di 1.500 euro mensili x 14 mensilità, otteniamo un costo annuo lordo (RAL) di circa 25.000 euro ed un costo aziendale della persona di circa 35.000 euro. Considerando ferie, permessi e giorni di malattia medi questa persona costa all’azienda circa 20 euro per ogni ora effettivamente lavorata. Se riusciamo a far risparmiare 10 ore all’anno a questa persona risparmiamo 200 euro, circa il costo di un secondo monitor, che durerà ben più di un anno solare… ed abbiamo considerato una risorsa con uno stipendio certamente non elevato, magari una segretaria o un’assistente di direzione.

Questo è solo un esempio, ma solo analizzando nel dettaglio i costi aziendali si riesce a valutare quali azioni di miglioramento possono accrescere la competitività dell’organizzazione.

Conoscendo esattamente i costi orari del personale e la durata delle singole attività è poi possibile cercare di livellare i carichi di lavoro facendo sì che le attività a minor valore aggiunto vengano svolte dal personale che costa meno, senza minacciare la qualità del servizio erogato.

Infine, una volta individuate le azioni opportune esse vanno attuate nel modo corretto, formando ed informando adeguatamente il personale e monitorandone l’applicazione per valutarne la reale efficacia.




Perché non c’è ripresa?

productionO forse sarebbe meglio dire perché non c’è una crescita costante e duratura, almeno in Italia?

Approfittando di quanto sentito al Meeting ACEF 2014 (“Insieme per la ripresa”) ed esaminando i dati dello scenario macroeconomico mondiale ed europeo basato su dati oggettivi, ritengo opportuno fare alcune considerazioni che potrebbero aiutarci a capire perché la tanto attesa ripresa per ora non c’è, anzi.

A livello mondiale si è in espansione, ma il dato aggregato è valutato con incertezza sul futuro e scarso ottimismo per molteplici fattori. I servizi sono in maggiore espansione rispetto al settore manifatturiero che in diverse zone del globo è in crisi e, soprattutto, si rilevano dati diversificati nelle diverse aree del globo.

Nell’Eurozona il PIL generale è in crescita, ma la debolezza della domanda, la scarsa dinamica degli investimenti e gli indicatori negativi di alcuni Paesi non fanno che accrescere il clima di incertezza e diminuire la fiducia delle imprese.

In particolare la ridotta crescita degli investimenti, soprattutto in Italia – in contraddizione con i tassi di interesse minimi – non favorisce certo la ripresa economica.

La crescita economica dell’Area Euro è del 1,1%, contro 3,2% degli USA e il 3,7% valore medio dell’intero Pianeta, ben oltre si collocano Cina e India. Dunque i bassi investimenti frenano la crescita dei Paesi emergenti e non solo di quelli.

La domanda delle materie prime è in calo e l’offerta si sta adeguando con un lieve calo dei prezzi delle stesse.

Negli Stati Uniti, dove la crescita è comunque sostenuta da investimenti al rialzo e consumi in crescita, attorno al 3%, mentre il tasso di disoccupazione si aggirerà fra il 5% e il 6% anche il prossimo anno, meno della metà del valore Italiano!

Nell’area Euro le stime di crescita sono invece al ribasso, comunque con dati molto differenziati fra i vari Paesi. Se le previsioni per il prossimo anno sono di moderata crescita per Germania e Spagna (dove hanno tenuto le esportazioni), in altri Paesi, come Francia e soprattutto Italia (dove le esportazioni sono stagnanti), la crescita sarà rasente lo zero virgola. Nel complesso, comunque, sembra essersi attenuata la spinta dalla domanda estera, non solo a causa delle tensioni geopolitiche. In ogni caso l’export non può sorreggere la ripresa economica.

Tra il 2000 e il 2013 gli Stati Uniti sono cresciuti del 25% l’Italia nulla! Tutto questo sebbene siano disponibili finanziamenti a tassi sempre più agevoli.

La perdita dell’occupazione verificatasi nell’impresa manifatturiera in Italia è inferiore (e quindi migliore) a molti Paesi, anche se superiore alla Germania (2,8% contro 1,9%). Dal 2002 si sono persi il 10% degli occupati nell’industria, oltre ai Cassaintegrati: siamo dietro la Germania, ma davanti ad altri Paesi europei. La perdita di occupazione del manifatturiero è partita prima della crisi ed in Italia abbiamo resistito a lungo, prima di crollare negli ultimi anni, dal 2008 ad oggi.

Nell’ultimo decennio la struttura dimensionale delle imprese industriali in Europa è pressoché invariata e, come si sa, le dimensioni delle nostre imprese sono decisamente inferiori a quelle medie delle imprese estere.

In questa fase si creano catene internazionali del valore (global value chain) in cui non si riesce più a capire da dove provengono i prodotti (ad es. caso iPad). In questo contesto le barriere doganali vincolerebbero troppo lo sviluppo del Paese. La crescita generale dell’export porta anche ad una crescita dell’import.

In Italia, mentre il settore costruzioni è in costante decrescita, cresce invece il settore alimentare. Un settore forte nell’export è la meccanica, nel quale come saldo commerciale import-export siamo secondi solo alla Germania. In generale l’export di alcuni settori presenta buoni margini di miglioramento se si pensa che le imprese straniere hanno percentuali di esportazioni superiori alle nostre. Del resto le imprese straniere sono più grandi delle nostre e quindi sono più orientate all’esportazione.

L’internazionalizzazione dell”Italia (intesa come investimenti all’estero, dipendenti di imprese italiane all’estero) è modesta rispetto ad altri Paesi UE.

La capacità di attirare capitali stranieri nel nostro Paese è altresì molto bassa (la percentuale di dipendenti da impresa straniera è del 10% circa sul totale).

Nelle imprese industriali c’è sempre un maggior tasso di personale qualificato, si va verso un modello meno basato sui costi e più sulla qualità, ove c’è meno concorrenza, ma per fare ciò bisogna disporre di “personale di qualità”. Sotto questo aspetto si denotano carenze di formazione del personale nel nostro Paese.

In questi ultimi anni (2008-2012) si nota una grande discrepanza fra la crescita delle imprese migliori e la decrescita delle imprese peggiori: anche nella crisi ci sono molte imprese che ce la fanno ad andare bene!

Le imprese partecipate estere vanno meglio, anche chi esporta ha risultati migliori, chi ha marchi e brevetti, chi ha certificazioni di qualità ed ambientale (se comunicata bene al cliente) crescono di più in volume d’affari rispetto alle altre imprese.

A livello di profitti le tendenze sono analoghe, anche se sembra che lavorare all’estero riduca l’EBITDA.

In conclusione le strategie di successo possono essere meglio perseguite se le imprese sono più grandi, eventualmente riunite in reti di imprese, se dispongono di personale qualificato ed investono in innovazione tecnologica.

Molto dipende anche dai manager e dai consulenti che, insieme agli imprenditori, devono dedicarsi sempre più ad attività strategiche rispetto al day by day.

In Italia, inoltre, alcune delle iniziative di riforme intraprese hanno provocato danni collaterali, inevitabili se le risorse sono prodotte distogliendole da altri fronti.

Per cercare di uscire dalla crisi occorre certamente più coesione e disponibilità a sacrifici.

Il problema dell’occupazione giovanile di profili di altro livello usciti dall’Università è grave, anche perché molti giovani laureati trovano più attrattiva all’estero, sia come carriera “aziendale”, sia come carriera universitaria e di ricerca.

Sicuramente è necessario intervenire in tempi rapidi per interrompere la spirale diabolica che in questi anni, partendo dal calo del PIL finisce nel calo dei consumi. A fronte di cambiamenti strutturali necessari, che richiedono la generazione di migliore efficienza, occorre gestirne gli effetti (ad es. i risparmi della PA si ripercuotono in riduzione dei ricavi da parte dei fornitori della PA stessa e in aumento della disoccupazione dovuta a esuberi).

Del resto non sono possibili svalutazioni competitive di un tempo e la liquidità esistente non trova investimenti remunerativi, infine l’export, seppur elevato, non può bastare a risollevarci.

Ma chi, invece, ha avuto successo in quest’inizio secolo?

Negli ultimi anni le nuove tecnologie hanno generato fenomeni devastanti (utilizzo di smartphone e tablet, apps, e-book, fotocamere digitali, musica digitale, cloud computing, stampa 3D, informazioni digitali vs formato cartaceo e così via) che sono stati estremamente proficui per chi li ha sfruttati (vedi caso whatsapp) e negativi per chi li ha subiti senza essere in grado di reagire.

Ma non solo le start-up innovative che hanno avuto il coraggio di investire su prodotti innovativi possono ottenere ottimi risultati, anche le PMI “tradizionali” possono (devono) sfruttare le nuove tecnologie per migliorare l’efficienza dei loro processi manifatturieri o di servizio e proporsi in modo diverso sul mercato.

Qual è la ricetta per tornare a crescere? Occorre senz’altro utilizzare il buon senso. Bisogna operare in maniera diversa, non necessariamente mettersi a produrre aggeggi tecnologici nuovi o app innovative, ma continuare a produrre le stesse cose o erogare i medesimi servizi con modalità diverse sfruttando le nuove tecnologie per migliorare la propria efficienza nei processi interni, i servizi accessori erogati al cliente e comunicare meglio quello che si fa e si è.

I manager, dunque, devono ragionare sul fronte dell’innovazione, che richiede competenze diverse rispetto al passato.

Tradizionalmente le imprese hanno necessità di consulenti per certificazioni, brevetti, internazionalizzazione, sistemi informativi, ecc.; ora – a maggior ragione – occorre che gli imprenditori facciano un bagno di umiltà e si approvvigionino delle conoscenze e competenze in genere necessarie per cambiare la propria azienda e svilupparla nel prossimo decennio.




L’innovazione oltre la crisi al Mollificio Padano – parte 1

Logo Mollificio Padano

Case History Mollificio Padano – prima parte

Introduzione

Nel presente articolo viene trattato il caso di una piccola impresa emiliano-romagnola, esempio di azienda che ha continuato a puntare sulla qualità e innovazione per riuscire a competere sul mercato nazionale ed estero. Nonostante il periodo di crisi è riuscita ad ottenere risultati positivi, soprattutto considerando che diversi clienti sono stati travolti dalla crisi ed hanno dovuto cedere il passo.

In questa prima parte si analizzano, dopo una breve presentazione dell’azienda e del suo contesto, i miglioramenti apportati al processo commerciale e di marketing per poi trattare in articoli successivi i miglioramenti che si stanno apportando al processo di approvvigionamento, alla produzione, alla pianificazione e al controllo qualità.

Storia dell’azienda

L’Azienda MOLLIFICIO PADANO srl www.mollificiopadano.com) fu fondata a Bologna negli anni ‘50, in località S. Lazzaro di Savena, a seguito della crescente domanda da parte dell’industria metalmeccanica, che in quegli anni stava vivendo un importante sviluppo.

mollificio1L’attività incontrò in breve tempo il favore del mercato, permettendo alla proprietà di realizzare i primi investimenti. Ciò permise di soddisfare le aumentate richieste dei clienti e di migliorare qualitativamente la produzione. Ebbe così inizio una graduale crescita dell’azienda, fino al raggiungimento di un organico di circa 15 dipendenti.

Un importante aspetto strategico fu la specializzazione, orientata esclusivamente alla lavorazione a freddo di fili trafilati per la produzione di molle e minuteria metallica con la fornitura di quantitativi medio-piccoli, che permise di mantenere una buona competitività verso i maggiori concorrenti. Determinanti furono le forniture alla più importanti aziende motociclistiche, o costruttori di componenti motociclistici, dell’area bolognese, che permisero un accrescimento della tecnica aziendale.

Nel 1990 l’azienda fu rilevata dall’attuale proprietà, la quale mantenne il marchio aziendale “Mollificio Padano” continuando a svolgere l’attività nella sede di San Lazzaro di Savena, fino all’ultimazione del fabbricato industriale a Faenza, in cui si trasferì alla fine del 1991. La nuova sede contribuì a dare un ulteriore beneficio allo sviluppo del Mollificio Padano, grazie ad una organizzazione più razionale dell’officina e del magazzino, mantenendo un’area sufficiente all’eventuale futura crescita aziendale.

La direzione, per offrire una sempre maggiore qualità del prodotto, ha orientato i propri investimenti verso nuove tipologie di macchine operatrici per mollifici (avvolgitrici, smerigliatrici e formatrici a CNC). Ciò ha permesso di rinnovare le attrezzature e contemporaneamente di migliorare la capacità tecnologica e il livello qualitativo della produzione.

Mollificio2Attualmente l’attività dell’azienda consiste nella produzione di molle, mediante la lavorazione a freddo di fili trafilati in acciaio al carbonio in classe SM / SH / DH, di fili in acciaio pre-temperati al cromo silicio FD SiCr, cromo vanadio VD SiCr e fili in acciaio Inox AISI 302.

Tali materiali sono utilizzati per produrre – su disegni e specifiche richieste da parte dei clienti – molle a compressione, molle a torsione e molle a trazione.

Una parte della produzione è indirizzata anche alla fabbricazione di minuteria metallica, per la quale sono utilizzati nastri in acciaio, fili in ottone e ferro.

Il Mollificio Padano – la cui produzione è specifica per l’ambito industriale – fornisce attualmente circa 350 clienti. I settori in cui le molle possono essere utilizzate sono molteplici: il settore motociclistico è una delle aree di maggior sviluppo, dove clienti importanti hanno scelto di utilizzare la tecnologia del Mollificio Padano per elementi di componentistica come sospensioni, ammortizzatori e forcelle, ma anche per freni, cavalletti, portapacchi e pedane in uso nelle moto e negli scooter.

L’Azienda, il cui organico negli ultimi anni si è assestato su una ventina di persone, compresi i soci operativi, ha continuato ad investire nella qualità e nell’innovazione tecnologica anche dopo l’inizio della crisi economico-finanziaria che ha colpito la PMI del nostro Paese ed in modo particolare l’industria meccanica.

Mollificio3La produzione attualmente è estesa su 1.800 mq, con un’alta capacità produttiva, quantificabile in oltre 2.600 h/mese.

Giuseppe Neri, direttore del Mollificio Padano afferma: «Siamo degli appassionati nel veder crescere il nostro lavoro, nel far uscire dalla nostra fabbrica prodotti di alta tecnologia, nel fare della nostra Azienda un luogo dove le Persone partecipano ai nostri risultati. »

Questo e non solo: credono nell’aggiornamento tecnologico ed investono con continuità nel rinnovamento industriale e strumentale. In collaborazione col cliente studiano soluzioni dedicate e specifiche, ad alta precisione e affidabilità, come richiede il mercato motoristico, automobilistico e della meccanica di precisione in genere.

Il Mollificio Padano ha conseguito la certificazione di qualità UNI EN ISO 9002:1994 nel 1998, poi adeguata alla ISO 9001:2000 nel 2001, tra le prime aziende in Emilia-Romagna. Ora l’azienda è certificata UNI EN ISO 9001:2008 con KIWA-CERMET.

Il sistema di gestione per la qualità è sempre stato visto dal Mollificio Padano come un vero strumento di gestione dei processi aziendali, molto utile per controllare la qualità del prodotto in uscita e monitorare tutti i processi aziendali attraverso numerosi indicatori di efficienza, oltre che di efficacia, dei processi primari.

La crisi e l’innovazione tecnologica e dei processi

In piena crisi economica il Mollificio Padano si è reso conto che il mercato stava cambiando e per restare competitivi occorreva modificare il modo di lavorare ed essere più efficienti, soprattutto nei processi a maggior valore aggiunto.

Da un lato l’azienda aveva sempre investito in macchine automatiche per aumentare la capacità produttiva, ampliare la gamma di prodotti realizzabili internamente e velocizzare il lead-time di produzione. Dall’altro anche i processi di vendita e quello di approvvigionamento dovevano cambiare, essere più efficienti e precisi per soddisfare le nuove esigenze del mercato e della produzione.

Infatti i clienti richiedevano lotti più piccoli, i preventivi da sviluppare crescevano continuamente anche da parte di nuovi clienti che mettevano in discussione i loro vecchi fornitori oppure semplicemente necessitavano di sostituirli perché essi avevano cessato l’attività. Anche il processo di approvvigionamento e la gestione del magazzino dovevano adeguarsi alle nuove esigenze della clientela e della produzione, cercando di gestire in modo ottimale i rapporti con i fornitori di materia prima a fronte di lotti di produzione diversificati e di dimensioni inferiori rispetto al passato.

Dal punto di vista dei sistemi informatici impiegati in azienda si presentava la necessità di sostituire sia il programma gestionale per la contabilità e la gestione ordini, sia il software per il controllo della produzione, entrambi per limiti tecnologici e perché non più supportati dai rispettivi produttori sui nuovi sistemi operativi nelle versioni installate.

Infine, dall’esame di alcuni indicatori risultava che il Mollificio Padano aveva una buona capacità di catturare nuovi clienti, anche esteri, attraverso una proposta ben strutturata e qualitativamente valida, ma l’immagine commerciale era ancora quella di una piccola impresa artigianale. Pertanto era necessario presentare il Mollificio Padano con una veste rinnovata e al tempo stesso fedele alla storia dell’azienda attraverso un’azione di comunicazione coordinata.

Il programma di miglioramento ha compreso dunque:

  1. L’ottimizzazione dei i processi di amministrazione, acquisti e vendite con il software ERP Open Source GO, in collaborazione con OPT Solutions.
  2. Il miglioramento dei processi di magazzino, conto lavoro e produzione con il software ERP Open Source GO, in collaborazione con OPT Solutions.
  3. Il miglioramento dell’immagine aziendale nei confronti del mercato, in collaborazione con Elisa Bertieri (beLAB – laboratorio di comunicazione) ed Elisa Miotti (Neue Creativity & Graphic Design).
  4. L’ottimizzazione del processo di produzione e controllo qualità con il software MES Worker, sviluppato da OPT Solutions.
  5. L’implementazione della schedulazione della produzione automatizzata mediante il software APS PlanetTogether™, , in collaborazione con OPT Solutions..

Oggi, quando l’azienda non ha ancora completato il percorso verso il rinnovamento, si possono valutare i primi risultati ottenuti.

Nell’articolo completo (scaricabile previa registrazione gratuita) sono esaminati più in dettaglio le attività svolte e quelle programmate per il futuro.

Scarica l’articolo completo in PDF.

Autori: Sergio Pio Angelillis (OPT Solutions), Fabrizio Di Crosta

Si ringrazia per la collaborazione il personale del Mollificio Padano srl