Cosa sono gli adeguati assetti organizzativi?

Il nuovo art. 2086 del Codice Civile riporta quanto segue:

“Gestione dell’impresa

1. L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.

2. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.”

Le PMI si stanno adeguando?



Già dal marzo 2019, con il Codice della Crisi, tutti gli Amministratori d’Impresa che non si saranno dotati di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili capaci di intercettare in tempo utile le avvisaglie delle eventuali crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale, sono tenuti a rispondere anche con il proprio patrimonio in caso di insolvenza (il VI comma dell’art. 2476 C.C. infatti, ha fatto sorgere in capo agli amministratori, che non hanno adeguatamente protetto l’azienda e quindi non hanno adottato le disposizione dell’art. 2086 II comma C.C., la responsabilità diretta, solidale dei debiti della società). Purtroppo, la crisi derivante dal Covid (non per tutti, anzi) ha fatto dimenticare questo adempimento, ma le novità legislative hanno di fatto introdotto la necessità, per le imprese, di dotarsi di strumenti in grado di rilevare e superare la crisi e recuperare la continuità aziendale. Non solo gli Amministratori, ma anche i sindaci e i revisori di società sono di fatto tenuti alla verifica della corretta applicazione di suddette norme a pena di una corresponsabilità nel caso in cui sopraggiunga una crisi dell’impresa-

Come in altre situazioni (ad es. efficacia del Modello Organizzativo ex D.Lgs 231/2001) saranno i Giudici dei Tribunali a stabilire se un’azienda ha adottato un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile? Purtroppo sì e sta già accadendo.

Se da un lato sono stati definiti degli indicatori di allerta per rilevare le avvisaglie della crisi di impresa, il loro calcolo può presentarsi talvolta non pienamente attendibile e, comunque, non può rappresentare la dimostrazione di aver adottato un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile. Tali indicatori di early warning, infatti, sono i seguenti:

  1. Patrimonio netto: se negativo, indica una situazione di piena crisi; 
  2. DSCR previsionale a 6 mesi: è un Indicatore predittivo in quanto indica la sostenibilità dei debiti almeno per i 6 mesi successivi.   Non deve essere < 1Rapporto Oneri finanziari / ricavi: non deve essere superiore ai valori soglia 1,5%-3,8% nelle rispettive aree settoriali;
  3. Rapporto Oneri finanziari / ricavi: non deve essere superiore ai valori soglia 1,5%-3,8% nelle rispettive aree settoriali;
  4. Rapporto Patrimonio netto / mezzi di terzi: non deve essere inferiore ai valori soglia che oscillano tra 2,3%- 9,4%;
  5. Rapporto Attivo a breve/Passivo a breve: non deve essere inferiore ai valori soglia che variano dal 69,8% al 108%;
  6. Rapporto Cash flow/attivo: i valori soglia proposti variano da un minimo del 0,3% ad un massimo del 1,9%.

Qualche dettaglio ulteriore sul DSCR (Debt Service Coverage Ratio): è il «rapporto di copertura del servizio del debito». È un indice che misura la sostenibilità finanziaria del debito aziendale, cioè la capacità futura (nei prossimi 6 mesi) di un’impresa di onorare i propri debiti finanziari con i flussi di cassa generati dalla gestione operativa. Il DSCR è un indice che ha al numeratore il “cash flow operativo” e al denominatore il “cash flow al servizio del debito”. È un indice importante, perché ci fa capire se un’azienda produce, dalla sua gestione caratteristica, un ammontare di cassa sufficiente a pagare i debiti contratti. Esso, dunque, si calcola come rapporto tra il cash flow prodotto dalla gestione operativa (numeratore) e gli impegni finanziari assunti in termini di quota capitale ed interesse oggetto di rimborso nell’orizzonte temporale considerato (denominatore).

Lo strumento consente di valutare la sostenibilità dell’indebitamento in ottica prospettica: il periodo da considerare sono i 6 mesi successivi all’analisi. Vengono inseriti quindi sia gli interessi che la quota di debiti da rimborsare, così come previsto dai piani di ammortamento.

Dunque forse solo quest’ultimo indicatore ha una prospettiva futura attendibile, anche se le previsioni sugli incassi di alcuni crediti spesso possono essere molto soggettive.

Del resto tutti gli indicatori che derivano dall’analisi di bilancio (i c.d. indici di bilancio) presentano la carenza intrinseca di essere calcolati a consuntivo, dopo l’approvazione del bilancio, dunque con un ritardo eccessivo rispetto al momento in cui si sono svolti i fatti che hanno provocato gli effetti sul bilancio raccontati dagli appositi indici. Gli stessi indici possono altresì essere calcolati con maggior frequenza e maggior tempestività, ma risentono comunque di u n elevato livello di imprecisione, dipendente dalle caratteristiche dell’azienda (ad es. le imprese di servizi che operano su commessa non possono essere monitorate nel breve periodo da ricavi e cash flow a breve).

Sono tutti d’accordo che per dimostrare di aver adottato adeguati assetti organizzativi ci vuole altro, ma cosa?

Da parte di diversi soggetti (tra cui Enti come il CNDCEC e ASSONIME), esperti in vari settori, sono “sbocciate” diverse soluzioni e strumenti correlati che hanno lo scopo di affrontare il monitoraggio dell’andamento dell’impresa da diversi punti di vista. Un elenco, per nulla esaustivo, degli strumenti ritenuti necessari (ma non sempre sufficienti) per dimostrare di aver adottato adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili può essere il seguente:

  • Cruscotti /dashboard di indicatori di vario tipo, quantitativi e/o qualitativi
  • Balanced scorecard
  • Sistema di gestione per la qualità ISO 9001 e relativa certificazione
  • Modello organizzativo secondo il D. Lgs 231
  • Credit Risk Management System (CRMS) comprendente l’addendum EFRMS e relativa certificazione EFRMS 14:2019 Economical Financial Risk Management System
  • Analisi SWOT e analisi del contesto
  • Mappa strategica
  • Business Plan
  • Valutazione dei rischi di business
  • Innovation Management
  • Modello UMIQ
  • Controllo di gestione
  • Budgeting
  • Pianificazione strategica
  • Organigramma e mansionario, job description
  • Procedure documentate che descrivono i processi aziendali
  • Software Gestionali e MES
  • Ecc.

Premesso che un po’ tutti questi strumenti possono essere utili, ma non indispensabili, ritengo che ogni Società dovrebbe identificare i propri obiettivi di business e cercare di raggiungerli attraverso una pianificazione strategica che preveda il monitoraggio di indicatori in grado di misurare tutti i processi aziendali. In pratica è quello che si prevede nella norma ISO 9001 e nella norma ISO 9004, ma purtroppo poche aziende hanno recepito nel modo corretto questi principi.

Sicuramente le Balanced Scorecard, attraverso le quattro prospettive, hanno ben accolto l’esigenza di monitorare non solo gli aspetti finanziari o non solo quelli produttivi. Ma non si limitano a questo, la metodologia di Kaplan e Norton è molto più ampia.

Alcuni modelli per il calcolo di indicatori hanno il difetto di rispondere ad una valutazione puramente qualitativa e soggettiva ad alcune domande di una check-list/questionario, senza entrar nella specificità delle dinamiche aziendali.

Il modello di gestione aziendale che prevede assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati è sicuramente quel modello che si dimostra più efficace (ed anche efficiente) per monitorare l’andamento aziendale e, quindi, anche in grado di prevedere con elevato livello di attendibilità l’immediato futuro. Quindi, unitamente agli indicatori di early warning sopra menzionati, permette all’imprenditore di “alzare la mano” e chiedere aiuto prima che la crisi aziendale diventi irreversibile e, dunque, rivolgersi all’OCRI, l’Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa appositamente predisposto ed in conclusione di evitare lo spettro della “bancarotta fraudolenta” che il Legislatore paventa per quegli amministratori che non hanno dotato l’impresa di adeguati assetti organizzativi.

La misurazione dei processi aziendali dev’essere tempestiva e con frequenza adeguata a rilevare trend negativi che potrebbero consigliare l’adozione di azioni correttive tempestive per correggere la rotta.

Come sopra anticipato (e previsto anche dalla teoria delle Balanced Scorecard) è necessario tenere sotto controllo anche obiettivi ed indicatori legati allo sviluppo dell’impresa, alla conservazione ed acquisizione delle conoscenze necessarie per migliorare, alla formazione del personale, all’innovazione tecnologica.

Sappiamo che i bilanci non sono sempre buoni indicatori dello stato di salute di un’azienda, non solo per il ritardo con il quale vengono consuntivati i valori economico-finanziari ivi contenuti, ma anche perché potrebbero nascondere inefficienze ed obsolescenza dell’impresa, soprattutto in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, nel quale la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica è fondamentale per accrescere il valore dell’impresa.

In conclusione ogni azienda ha dei processi che rivestono un’importanza relativa diversa e dovrebbe individuare un set di indicatori idoneo a misurare i suoi processi.

Spesso, però, gli indicatori più idonei a misurare l’andamento di determinati processi aziendali necessitano di dati affidabili ed aggiornati, desunti possibilmente dai sistemi informativi aziendali. Questi ultimi rivestono, pertanto, un ruolo fondamentale anche nel dimostrare di avere adeguati assetti organizzativi.




Il controllo di gestione in outsourcing anche per la piccola impresa

img20131Oggi anche le piccole e medie imprese di organico inferiore alle 100 unità e fatturato inferiore ai 20 milioni di euro necessitano di un controllo di gestione accurato, per restare competitivi in un mercato che offre meno opportunità rispetto al passato e richiede una grande dinamicità e flessibilità nel soddisfare le esigenze del cliente, attraverso nuovi prodotti, modifiche a prodotti esistenti, riduzione dei lotti di produzione ed anche riduzione dei prezzi e, conseguentemente, dei costi di produzione.Se le imprese di oltre 50 dipendenti possono permettersi almeno una risorsa qualificata (o da formare in breve tempo) sul controllo di gestione, le organizzazioni più piccole raramente dispongono di risorse adeguate per implementare il controllo minimo necessario a soddisfare le esigenze di informazione per condurre l’impresa verso gli obiettivi che la direzione si è posta. Talvolta è proprio l’organizzazione interna, dal servizio amministrativo, alla rilevazione dei tempi e dei costi di produzione o del servizio, che non è idonea a rilevare i dati necessari per attuare un adeguato controllo sulla gestione economica e finanziaria. Così gli stessi consulenti esterni sugli aspetti fiscali – che in taluni casi potrebbero supportare l’azienda ad implementare un controllo di gestione minimale – non riescono a supportare la direzione nelle decisioni da prendere quotidianamente.

La soluzione, probabilmente l’unica per motivi di costo e competenze, potrebbe essere quella di affidare in outsourcing il controllo di gestione, supportando i fornitori esterni della consulenza con dati forniti tempestivamente con una certa frequenza e con il giusto grado di accuratezza.

Ma cosa significa implementare il controllo di gestione in una piccola impresa? Nella sua accezione classica il controllo di gestione comprende alcune pratiche la cui attuazione permette alla direzione di controllare la gestione aziendale attraverso una serie di informazioni ed indicatori. Da qui, soprattutto per le PMI, derivano diverse strade ed approcci per introdurre un controllo di gestione basilare, basato su attività abbastanza semplici (per chi le conosce), in grado di fornire le informazioni che servono alla direzione.

Soprattutto per queste piccole organizzazioni le esigenze di controllo sono molto diversificate: c’è chi necessita del calcolo del costo del proprio prodotto o servizio per formulare offerte più mirate, c’è chi potrebbe trarre giovamento dal calcolo di alcuni indici di bilancio per capire se e quanto la conduzione aziendale è corretta, c’è chi non può aspettare i dati di bilancio e necessita di un conto economico gestionale aggiornato trimestralmente o mensilmente, magari da confrontare con il budget, per capire se l’azienda sta guadagnando e quanto, c’è chi necessita solamente di tenere sotto controllo tutti i costi (management costing), altri, infine, necessitano di una gestione finanziaria in grado di tenere sotto controllo il cash-flow per soddisfare i fabbisogni di risorse finanziarie per tempo.

Il controllo di gestione può essere adottato in modo parziale, ma accurato, oppure per gradi e piccoli passi, utilizzando diverse tecniche per il calcolo del costo del prodotto (full-costing, direct-costing, activity based costing).

Sicuramente l’introduzione di solo alcune attività afferenti alla disciplina del controllo di gestione può fornire utili ritorni di informazione per migliorare la competitività dell’impresa, a differenza di altri sistemi manageriali e metodi di gestione che forniscono risultati tangibili solo se applicati in modo completo (ad esempio il sistema di gestione per la qualità ISO 9001 se non è attuato in modo completo e certificato potrebbe non fornire risultati apprezzabili).

Ogni realtà, quindi, necessita di un esame attento e competente per valutare quali tecniche di controllo di gestione possono essere implementate con efficacia ed efficienza, sottolineando quest’ultimo aspetto, ovvero quali risorse bisogna mettere in campo per ottenere risultati apprezzabili.

Come anticipato, l’implementazione del controllo di gestione non è (o forse non è più, almeno nella PMI) un qualcosa di standard: mentre per ottenere la certificazione ISO 9001 occorre affrontare tutti i punti della norma (una volta erano i “famosi 20 punti” ora ci sono i processi da individuare…), per introdurre il controllo di gestione in una piccola impresa può essere utile implementare una sola tecnica per ottenere grandi benefici. Per fare ciò occorre, però, capire bene l’organizzazione ed i suoi processi ed ascoltare le esigenze della direzione per poi focalizzarsi su quello che serve: calcolo del costo del prodotti piuttosto che gestione economico-finanziaria, controllo dei costi oppure conto economico gestionale, ecc..

Come tutti i “sistemi”, anche un buon sistema informativo di controllo di gestione, ovviamente basato su un’applicazione informatica (pacchetto software specifico, fogli Excel, database Access,…) e flussi informativi  ben progettati, può fornire risultati fuorvianti se i dati in input sono errati (gli anglofoni dicono «garbage in, garbage out»). È dunque necessario formare il personale aziendale che raccoglie i dati di base per insegnar loro a raccogliere dati coerenti per il controllo (ad esempio comprendendo che i dati utili al controllo vanno classificati non per natura, come richiede la contabilità generale, ma per destinazione). Tali dati possono poi essere elaborati esternamente – in outsourcing – da sistemi informativi appositamente predisposti e, quindi, esaminati e commentati per la direzione da consulenti esterni in grado di tenere sotto controllo gli indicatori importanti e fornire alla direzione le indicazioni fondamentali per intervenire con eventuali azioni correttive finalizzate al miglioramento della conduzione aziendale.

Il reporting periodico alla direzione, risultato dell’elaborazione dei dati raccolti dall’impresa stessa e vero valore aggiunto della consulenza, permette al vertice aziendale di prendere le decisioni giuste sulle problematiche affrontate dall’attività di controllo, in funzione di quelle che erano le esigenze iniziali della direzione.

Naturalmente col passare del tempo il personale, da quello operativo ai responsabili aziendali, acquisisce sempre più padronanza della materia e può maturare nuove esigenze, che porteranno ad estendere le tecniche di controllo di gestione implementate al fine di migliorare ulteriormente la competitività aziendale anticipando le decisioni giuste per guidare l’impresa.

Un ulteriore vantaggio del controllo di gestione può essere costituito dal miglioramento degli indicatori aziendali utili per il rating dell’impresa nei confronti degli istituti di credito che devono erogare i finanziamenti necessari per alimentare il motore dell’impresa. Anche sotto questo aspetto un conto è richiedere finanziamenti alle banche quando si presenta la necessità urgente di liquidità anche solo per effettuare gli acquisti indispensabili, un altro è poter programmare le richieste di finanziamento con anticipo perché si è in grado di prevedere i fabbisogni di liquidità in modo pianificato.

Ovviamente per molte piccole imprese il costo per implementare il controllo di gestione (costo della consulenza, impegno delle risorse interne, ecc.) rappresenta uno scoglio quasi insormontabile in un momento nel quale ogni spesa non strettamente necessaria per sopravvivere viene soppressa. Bisogna però pensare a quali opportunità si perde ed a quanto tempo viene spesso impiegato nella gestione della consuntivazione dei costi di prodotti e servizi o nella gestione finanziaria (oggi più che mai necessaria in un mercato di ritardati pagamenti) con strumenti (generalmente fogli Excel) inadeguati che spesso, a fronte di sforzi considerevoli per gestirli, forniscono risultati poco precisi.