Entrata in vigore del D.Lgs 192/2012 sui ritardi di pagamento
Lo scorso 1° gennaio è entrato in vigore il decreto legislativo che – in osservanza di una Direttiva Europea – sancisce i termini massimi di pagamento nelle transazioni commerciali (si veda la definizione nella legge), oltre i quali scattano automaticamente riconosciuti gli interessi di mora dovuti dal debitore al creditore.
I tempi massimi previsti (30 giorni, o 60 se previsto nel contratto, dalla fattura o consegna della merce o erogazione della prestazione di servizio) ci conformano agli standard europei e ci portano nel mondo civile, ma nei meandri della legge ci sono alcune vulnerabilità che potrebbero consentire escamotage. Innanzi tutto si sta ancora discutendo se tale norma è applicabile ai lavori pubblici, già regolamentati dal Codice degli appalti (D.Lgs 192/2006) e dal relativo regolamento di attuazione (DPR 207/2010). Normalmente dovrebbe essere così e questo apporterebbe enorme beneficio a quelle imprese, e relativi fornitori, che operano nel settore dei lavori pubblici. Il timore è che le P.A., soprattutto locali, cerchino in tutti i modi, anceh imponendolo in fase di gara, di dilazionare oltre misura i pagamenti ai fornitori.
Per quanto riguarda il settore privato il rischio è che alcuni committenti impongano contrattualmente al fornitore tempi di pagamento più lunghi del lecito, in forza di un rapporto contrattuale squilibrato. Nelle prestazioni di servizio che non comportano il passaggio o la consegna di prodotti il cliente potrebbe, invece, imporre una dilazione nella presentazione della fattura, ritardando di conseguenza i relativi pagamenti.
In pratica per rendere efficace il provvedimento occorrerebbe garantire la ineludibilità di quanto prescritto attraverso comportamenti “ricattatori” dei committenti più forti verso i più deboli (“se non mi lasci libertà di pagarti in ritardo emettendo la fattura quando lo dico io assegno il lavoro ad un altro”) e la compiacenza di alcuni fornitori – sleali verso il mercato – che, pur di mantenere o acquisire il lavoro, sono disposti a derogare sui termini di pagamento previsti per legge.
Si precisa che già la legge n. 192 del 1998 (modificata dal decreto attuale) poneva dei paletti su termini di pagamento, ma di fatto era inattuata.
Ora la sanzione per il ritardato pagamento è costituita dagli interessi di mora, che dovrebbero essere automaticamente riconosciuti, senza dover adire a vie legali.
Resta il fatto che il fornitore non è ugualmente garantito in caso di fallimento del cliente, in quanto i relativi interessi di mora, sebbene maturati potrebbero essere non incassabili, come il capitale relativo. A tal fine lo Stato avrebbe potuto istituire sistemi che permettano al creditore di non essere ulteriormente penalizzato dalle imposizioni fiscali vigenti (lo Stato si rivolge a Equitalia per esigere i suoi crediti, il privato non può farlo).
Se il processo di pagamento verrà gestito in modo virtuoso si potrebbero spostare le richieste di finanziamento agli istituti di credito verso determinati soggetti che, non potendo più far fede sul ritardo del pagamento dei fornitori, saranno costretti a rivolgersi alle banche ed alle finanziarie per poter onorare i propri debiti, non tanto per non pagare interessi di mora comunque inferiori rispetto ai tassi di interessi richiesti per il capitale di credito dalle banche, ma piuttosto per non ricevere segnalazioni negative nelle banche dati dei cattivi pagatori.
Nel testo di legge allegato sono evidenziati in giallo i passi più salienti.
Visualizza il testo di legge completo D._LGS_9_11_2012_n._192_-_Ritardo_pagamenti