Quanto vale la tua azienda?
In questi tempi alcuni imprenditori e soci di piccole e medie imprese stanno seriamente valutando se continuare a far vivere l’azienda e con quali prospettive. In un mio precedente articolo ho esaminato le possibili azioni che occorrerebbe intraprendere per salvare l’azienda in crisi, ma per attuarle spesso sono necessari nuovi finanziamenti esterni, da richiedere a Istituti di Credito o ad investitori di capitale (venture capital, imprenditori di altre aziende simili e non, ecc.). In alternativa i soci o l’imprenditore singolo valutano la cessione completa dell’azienda.
In entrambe i casi (cessione d’azienda e ricerca di investitori o di finanziamenti in genere) occorre capire, e magari calcolare, quanto vale la propria azienda in termini economici. Più si riesce ad attribuire valore alla propria azienda, più risulterà attraente nei confronti di investitori o eventuali acquirenti ed anche le banche accorderanno finanziamenti, ed a tassi inferiori, quanto più l’impresa mostrerà prospettive concrete nel futuro.
Sui metodi di calcolo del valore di un’azienda in caso di cessione si è scritto e discusso a lungo, ad esempio il testo “Valutazione d’azienda”, pubblicato da Ipsoa Editore nel 2009 costituisce un’ottima guida per chi volesse districarsi nell’argomento.
A mio modo di vedere, però, i sistemi di valutazione puramente economico-finanziari che sono stati utilizzati finora hanno senso fino ad un certo punto in questo periodo. Credo che valutare il valore “vero” di un’azienda italiana oggigiorno non sia (più) un lavoro (solo) da commercialisti e da funzionari di banca.
Oggi, infatti, il risultato ottenuto nell’esercizio precedente (EBITDA, EVA o altri indici) è già vecchio nell’estate dell’anno successivo e, in ogni caso, i dati di bilancio sono scarsamente affidabili, soprattutto quando spetta all’azienda (ed ai suoi consulenti fiscali) valutare le commesse pluriennali in corso, i crediti verso clienti, le scorte di magazzino ed altre poste del conto economico e dello stato patrimoniale. Quello che conta oggi sono:
- le prospettive per il futuro in termini di clienti, commesse acquisite e portafoglio ordini, prodotti che entreranno sul mercato, situazione del mercato e dei competitors;
- il know-how aziendale e la capacità di sviluppare nuovi prodotti e servizi a prezzi competitivi;
- l’innovazione tecnologica;
- il valore delle risorse, umane e materiali;
- l’organizzazione e l’efficienza dei processi.
Tutti aspetti – che tra l’altro costituiscono i capisaldi della teoria delle bilance score card – che ben difficilmente possono essere valutati attraverso i dati di un bilancio ed anche di un business plan, anche se ben fatto. Oggi le condizioni al contorno variano molto velocemente e la redditività di un’azienda negli ultimi anni ben difficilmente potrà essere mantenuta in futuro senza un controllo sistematico dei ricavi e dei costi ed un investimento continuo in risorse, tecnologie e miglioramento dell’efficienza dei processi.
Dal lato del possibile acquirente o investitore i bilanci ed una due diligence solo economico-finanziaria non possono essere sufficienti non solo per valutare l’azienda su cui investire, ma anche “se” investire in essa.
Occorrerebbe un’analisi molto più approfondita, svolta da personale competente su tutti i settori aziendali, dalla parte economico-finanziaria alla produzione o erogazione di servizi, dall’Information Technology alla valutazione delle risorse umane.
La tecnica per conoscere lo stato reale di un’azienda è quella degli audit sui sistemi di gestione e delle revisioni di bilancio per la parte economico-finanziaria, ma deve essere un audit vero e realmente efficace se si vuol tutelare gli interessi dell’investitore o dell’acquirente. Solo in questo modo si può giungere a valutazioni reali.
Facciamo qualche esempio per capire meglio.
Durante un audit in azienda vanno valutati tutti i processi e le risorse; nella pratica si intervisterà il personale, si valuteranno i sistemi informatici e le altre risorse tecnologiche, e si verificherà l’esistenza di procedure documentate che rispecchino la realtà, cercando di rispondere, ad esempio, alle seguenti domande:
- Il personale esegue quanto stabilito dai responsabili e dalla Direzione?
- A quali rischi va incontro l’impresa attraverso pratiche non conformi a requisiti contrattuali e/o cogenti? La direzione ne è consapevole?
- Il personale è adeguatamente formato per il ruolo che svolge? Rischia di commettere errori gravi per impreparazione?
- Il personale è adeguatamente motivato nello svolgimento delle proprie mansioni? I ruoli critici sono ricoperti da persone fortemente legate all’azienda oppure da soggetti che non aspettano che la prima occasione per cambiare aria?
- I sistemi informatici (dagli applicativi d’ufficio al gestionale) sono ben conosciuti dal personale e ed usati in modo corretto ed efficiente?
- I sistemi informatici sono adeguati alla realtà aziendale?
- L’infrastruttura tecnologica costituita dall’hardware e dalla rete locale e relative apparecchiature è adeguata oppure obsoleta?
- I sistemi informatici sono sicuri o espongono l’organizzazione a rischi di perdita e/o sottrazione di dati?
- Gli impianti produttivi, se presenti, sono adeguati o obsoleti? Vengono utilizzati al meglio? La manutenzione necessaria viene eseguita regolarmente?
- I controlli sulla qualità del prodotto e/o servizio erogato sono adeguati ed eseguiti in modo sistematico oppure espongono l’azienda a rischi sulla qualità del prodotto/servizio ed a contestazioni o reclami da parte del cliente?
- La gestione della compliance in azienda è efficace o espone l’organizzazione a rischi di contenziosi con i clienti e sanzioni da parte degli organismi di controllo in merito a sicurezza sul lavoro, adempimenti fiscali ed amministrativi, privacy, licenze software, ecc.?
- e così via…
Alle volte in una piccola realtà basta verificare come vengono archiviati i documenti sul server aziendale o come viene usata la posta elettronica per avere piccoli indizi di problemi più importanti!
In altre parole acquistare un azienda (o investire in essa) significa anche capire se saranno necessari ulteriori investimenti per renderla produttiva ed efficiente, dunque competitiva nel tempo. È come quando si sta per comprare un appartamento: guardiamo solo la piantina e la relazione del notaio sulla conformità normativa oppure valutiamo anche quali interventi di ristrutturazione sono da fare per renderlo vivibile in modo confortevole e duraturo?
Un’azienda con buona redditività passata, ottenuta senza investire in risorse tecnologiche adeguate e sufficientemente innovative, nella formazione del personale e nel miglioramento dell’organizzazione interna sarà appetibile da un investitore attento e competente? Probabilmente no.
In conclusione l’imprenditore che desidera lasciare o cercare investitori dovrebbe evitare i comportamenti suddetti, salvo non trovare qualche “pollo” che ci caschi. Dall’altra parte chi ha disponibilità finanziaria e vorrebbe investire in imprese che possano rendergli più di obbligazioni a basso rischio dovrebbe stare attento a non pagare a peso d’oro aziende che non valgono che poco più del terreno sopra il quale sono edificate (alle volte bisogna guardare anche come sono state costruite per non fare la fine di alcune aziende emiliane durante il sisma della scorsa primavera).