Valutare correttamente i costi indiretti ed i costi fissi

j0078616In molte piccole imprese manifatturiere che lavorano conto terzi, ovvero producendo su commessa su specifiche del cliente, la determinazione del costo del prodotto, e quindi del prezzo da proporre in offerta, si imbatte in uno scoglio difficile da affrontare con la consapevolezza di fare la cosa giusta: la valutazione dei costi indiretti e dei costi fissi o di struttura da considerare in aggiunta ai costi variabili del prodotto, sicuramente meno ostici.

La problematica del calcolò del costo del prodotto e della determinazione del prezzo da formulare in offerta è già stata trattata in precedenti articoli (“Come calcolare il prezzo del prodotto“, “Come calcolare il costo vero del prodotto“) ma in questo articolo vorrei approfondire la valutazione dei costi “non variabili”, ovvero quelli derivanti da attività indirette o di struttura.

Riepilogando le tipologie dei costi che riguardano principalmente la nostra analisi sono le seguenti:

  • costi variabili: variano in funzione del volume di lavoro svolto , ferma restando la capacità produttiva totale. La variabilità può essere percepita come evitabilità di un certo costo (se non sussiste la richiesta del cliente o interna) in un dato periodo di tempo;
  • costi fissi: sono costi il cui ammontare è costante al variare del volume di lavoro svolto in un intervallo di tempo definito e non breve;
  • costi diretti: compongono direttamente il prodotto finito o la commessa. Rientrano in questa categoria le materie prime, la manodopera diretta, gli acquisti di prodotti e servizi forniti da terzi;
  • costi indiretti: sono tutti quelli non classificati come diretti, ad esempio, i costi di manutenzione, gli ammortamenti, l’energia ed i costi generali;
  • costi speciali o specifici: si riferiscono in maniera esclusiva all’oggetto osservato; ad esempio, l’ammortamento di una risorsa tecnica usato esclusivamente per un prodotto/servizio/commessa;
  • costi comuni: sono costi non collegabili ad un unico oggetto di osservazione, come ad esempio il costo del personale del reparto IT o sistemi informativi.

Queste tipologie sono a due a due complementari. I costi variabili si contrappongono ai costi fissi, i costi diretti agli indiretti, i costi speciali (o specifici) ai comuni. Ogni costo può dunque rientrare in ciascuno dei tre gruppi, facendo parte delle varie tipologie.

Concentriamoci sulla determinazione dei costi fissi, anche denominati “a spese generali” o di struttura, e dei costi indiretti. Generalmente questi costi vengono valutati in modo forfettario come una percentuale dei costi variabili senza una precisa motivazione, se non che sono troppo difficoltosi da calcolare in modo preciso.

Tra i costi indiretti rientrano normalmente quelli relativi al lavoro del personale indiretto (ufficio commerciale, magazzinieri, addetti al controllo qualità, capi reparto e capi officina, ufficio pianificazione della produzione, addetti alle spedizioni) e relative attrezzature (strumenti di misura e controllo, materiale di consumo, ecc.).

Determinare in modo preciso il tempo speso dalle suddette persone e l’impegno delle attrezzature è spesso molto arduo. È quindi opportuno determinare un criterio di ripartizione di tali costi, attraverso un driver opportuno, che permetta di allocare i costi indiretti alla singola commessa e quindi al prodotto.

I sopracitati driver non sono altro che indicatori quantitativi che ci permettono di stabilire quanto più una commessa ha assorbito le risorse indirette rispetto ad un’altra. Se da un lato il volume di produzione, ovvero il numero di unità prodotte per la commessa o il lotto, è un facile driver che ci consente di ripartire tutti i costi indiretti, è altresì vero che non tutte le commesse assorbono risorse indirette allo stesso modo. Ad esempio il tempo impiegato da magazzinieri ed operatori di produzione dipende dal volume dei prodotti, il tempo per il controllo qualità dai piani di campionamento e dal numero di unità prodotte, i costi per l’utilizzo delle apparecchiature di controllo dai tempi di controllo e dal valore delle stesse apparecchiature e dei relativi costi di taratura.

Un buon ciclo di produzione gestito informaticamente permetterà di determinare in modo preciso anche i tempi di controllo/collaudo e, quindi, di rendere diretti tali costi. In generale se la produzione è molto variabile per tipologia di articoli e dimensione degli stessi potrebbero essere validi anche altri driver quali il peso del materiale impiegato per la commessa o il tempo totale di produzione del lotto.

I costi di struttura, quali i costi degli uffici amministrativi e della direzione, i costi di affitto dei locali e le altre spese generali potrebbero essere ripartire mediante gli stessi driver identificati per ripartire i costi indiretti, ma non necessariamente i medesimi impiegati allo scopo. Mi spiego meglio: un’azienda potrebbe decidere di ripartire i costi indiretti o parte di essi secondo il numero di unità prodotte ed i costi fissi o di struttura mediante il volume o il peso di materiale prodotto.

Per quanto riguarda i costi commerciali (costi per la preparazione di offerte e gestione ordini, eventuali verifiche della progettazione e del disegno del cliente), essi dipendono per lo più dal numero di ordini ricevuti, piuttosto che dalle quantità prodotte.

Il sistema più corretto è quello di definire dei centri di costo (ufficio commerciale, amministrazione, ufficio produzione, magazzino, laboratorio, costi di affitto e manutenzione dei locali, sistemi informatici, ecc.) a cui imputare i costi sostenuti e poi “ribaltare” tali costi complessivi sulle commesse/prodotti in funzione di diversi criteri o driver stabiliti.

Ripartire i costi indiretti e di struttura in base al valore del prodotto potrebbe mettere tutti d’accordo e semplificare le cose: è quello che molti fanno – come abbiamo detto all’inizio – ossia aggiungere ai costi variabili una percentuale determinata in base all’incidenza generale dei costi fissi ed indiretti sul totale dei costi a bilancio. Purtroppo tale procedura potrebbe ingenerare errori in quanto l’incidenza dei costi fissi nell’anno n potrebbe essere molto diversa da quella dell’anno n+1 in periodi di forti fluttuazioni del mercato come quello che stiamo passando.

Alcuni imprenditori, poi, estremizzano il concetto di costi variabili e considerano i costi per il personale dipendente ed i costi per le macchine di produzione come costi fissi, seguendo il ragionamento seguente: «indipendentemente dai volumi di produzione i dipendenti li devo pagare e le macchine sono di proprietà dell’azienda e dunque i relativi costi di ammortamento vengono sostenuti.»

Tale visione non cambia la sostanza del calcolo del costo del prodotto: occorre ripartire i costi di personale e macchine/attrezzature sulle varie commesse. A questo punto bisogna fare attenzione a non trascurare parte dei costi sostenuti, infatti si può imputare alla commessa le ore di manodopera e le ore macchina effettivamente impiegate per realizzare i prodotti (parte variabile dei costi di personale ed attrezzature) e considerare come costi fissi le ore di manodopera e le ore macchina non allocate alle commesse produttive, nella fattispecie per il personale trattasi di ore impiegate per manutenzioni, organizzazione interna, formazione/addestramento, ecc.; per le macchine i fermi per rotture e manutenzioni programmate ed a guasto. Ma per entrambe le risorse rientrano le ore non lavorate dal personale e dalle macchine “inoperosi” per mancanza di lavoro!

Una visione secondo il direct costing, anziché il full costing, eviterebbe di commettere errori nella ripartizione dei costi fissi sulle diverse commesse/prodotti, permettendo un confronto più reale fra di essi. In molte realtà, però, il problema resta il corretto calcolo di alcune voci di costo, soprattutto quelli relativi alle macchine di produzione e, comunque, in tutti i casi in cui la classificazione dei costi della contabilità generale è molto diversa da quelle che sono le esigenze della contabilità analitica e del controllo di gestione.

Il predetto calcolo dei costi delle macchine, infatti, prevede il conteggio esatto dei costi di possesso e di manutenzione per ogni singola apparecchiatura. Se da un lato i costi di ammortamento (o i canoni di leasing) contabilizzati per ogni risorsa in contabilità generale non sono esattamente quello che serve ai nostri scopi, ma si avvicinano ad una valutazione reale, per i costi di manutenzione, invece, è necessario imputare ogni singola spesa alla macchina di pertinenza. Ciò richiede che ogni intervento di riparazione o manutenzione esterna abbia una fattura con voci di costo chiaramente attribuibili ad una macchina piuttosto che ad un’altra, idem per i canoni di manutenzione che il fornitore spesso potrebbe addebitare in forma indivisibile per tutte le apparecchiature da lui assistite.

Tornando ai costi di ammortamento civilistico, oppure ai canoni di leasing per le macchine in locazione finanziaria, essi rappresentano spesso valori poco realistici rispetto al prezzo di mercato attuale della macchina ed alla sua vita utile (comunque difficilmente prevedibile).

Infine vanno imputati alla macchina anche i costi per manutenzione interna (manodopera e materiale) ed i costi degli utensili e di altro materiale di consumo. Tali costi, tra l’altro, generalmente dipendono dall’obsolescenza dell’apparecchiatura.

Quando si sente un imprenditore dire che una determinata macchina (se non addirittura tutte) lavora, ad esempio, a 50 euro all’ora, forse bisognerebbe riflettere e capire bene quali costi ha effettivamente considerato per arrivare a tale valore.

In pratica occorrerebbe implementare un piccolo sistema informativo in grado di contabilizzare, per ogni risorsa fisica:

  • il valore di acquisto della macchina;
  • la vita stimata della stessa e gli eventuali costi di smaltimento al momento della sua dismissione;
  • il tasso di deprezzamento della macchina (le quote di ammortamento reali non saranno probabilmente costanti);
  • i costi di manutenzione/riparazione esterna;
  • i costi di manutenzione/riparazione interna (ore di manodopera interna valorizzate e costo dei materiali e ricambi impiegati);
  • i costi per materiali di consumo ed utensili;
  • i costi di funzionamento (energia elettrica ed altri eventuali costi);
  • le ore effettivamente lavorate dalla macchina per un determinato periodo.

In tal modo ogni anno sapremo il costo orario di ogni risorsa da attribuire alle commesse/prodotti.

In conclusione il problema non è solo come ripartire i costi indiretti ed i costi di struttura, ma anche come calcolarli in modo sufficientemente accurato quando le registrazioni della contabilità generale non è in grado di supportarci per tempistiche e criteri di imputazione.

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