Il ruolo delle terre rare nell’economia mondiale

In questo periodo si è molto parlato delle cosiddette “terre rare” (che poi proprio rare non sono…) come merce di scambio fra Stati Uniti e Ucraina. L’importanza delle terre rare è causata dalla forte necessità di “batterie” per accumulare energia (dispositivi mobili, auto elettriche, impianti fotovoltaici…), spinta dall’evoluzione tecnologica e dal “green deal” della Comunità Europea. Ma il forte orientamento su fonti di energia elettrica è realmente sostenibile? C’è qualcuno che ci guadagna (e qualcun altro che ci rimette)?
In questo articolo fornito da alcuni giovani studiosi, sebbene datato, si sono stati analizzatidiversi aspetti sull’argomento.
Introduzione
Nel cuore dell’era digitale e delle tecnologie avanzate che permeano ogni aspetto della nostra vita, esiste un gruppo di elementi che rappresentano la chiave segreta dietro a molte delle innovazioni che stiamo vivendo: le terre rare. Questi minerali, spesso sottovalutati e poco conosciuti, occupano una posizione di crescente rilevanza nell’economia mondiale, grazie alle loro proprietà uniche e alla loro importanza in molteplici settori chiave.
Nell’era moderna, l’avanzamento tecnologico è diventato un elemento fondamentale per lo sviluppo economico e sociale di molte nazioni, di conseguenza il controllo delle terre rare è un vero a proprio asso nella manica estremamente ambito dalle grandi potenze economiche.
In questo articolo esploreremo l’importanza delle terre rare per l’era tecnologica in cui viviamo, le sfide associate alla loro estrazione e raffinazione, nonché le possibili soluzioni che stanno emergendo. Inoltre analizzeremo l’importanza geopolitica delle terre rare, analizzando le implicazioni per la sicurezza energetica globale, le dinamiche di potere tra le nazioni e le possibili soluzioni a questa sfida complessa. Vedremo come la competizione per il controllo delle terre rare stia influenzando le relazioni internazionali e come le nazioni stiano cercando di adattarsi a questa nuova realtà.
Cosa sono le terre rare?
Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica. Nel dettaglio sono i lantanidi, cioè una serie di 15 elementi con numero atomico tra 57 e 71 (Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio e Lutezio), scandio e ittrio.
Tutte le terre rare hanno proprietà chimiche simili, poiché presentano delle differenze a livello della struttura elettronica solo negli orbitali 4f, che sono interni, di conseguenza il guscio più esterno, che determina le proprietà chimiche, è il medesimo.
Ma quali sono queste proprietà chimiche?
La principale caratteristica delle terre rare è la capacità di mantenere stabili le proprietà magnetiche (soprattutto) e conduttive anche ad elevate temperature.
Le terre rare sono “rare”?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare le terre rare non sono rare. Se si considera la quantità presente sulla terra, infatti, secondo l’U.S.G.S. (United States Geological Survey) l’attuale presenza di terre rare (120 milioni di tonnellate circa) sarebbe sufficiente a soddisfare le richieste per altri 3 o 4 secoli. L’aggettivo in questione è stato usato la prima volta quando alcuni di questi elementi furono isolati in Svezia e da allora ha caratterizzato questo gruppo di elementi chimici.
Nonostante l’abbondante presenza di terre rare nella crosta terrestre, non esistono dei giacimenti di terre rare, infatti le terre rare sono presenti in molti luoghi, ma sempre in basse percentuali e, spesso, legate ad altri elementi. Questo problema, da un punto di vista economico, è molto impattante, infatti lo sforzo richiesto per estrarre le terre rare spesso non viene ripagato dalla quantità di terre rare estratte, proprio per la scarsa concentrazione.
A cosa servono le terre rare?
L’importanza delle terre rare è così grande da essere impattante per l’economia mondiale.
La proprietà principale delle terre rare è la capacità di esercitare magnetismo anche ad alte temperature, per questo motivo sono indispensabili nei prodotti tecnologici di ultima generazione: smartphone, tablet, televisori a schermo piatto, batterie ricaricabili. Nonostante la quantità di terre rare in apparecchi “high-tech” come i nostri smartphone sia minima, la loro presenza è cruciale per assicurare l’efficienza e la rapidità nell’utilizzo.
La loro utilità, però, non si limita all’ambito tecnologico, infatti le terre rare sono utilizzate anche in ambito medico, ad esempio il gadolinio è utilizzato come liquido di contrasto nelle risonanze magnetiche, così come in ambito aerospaziale e militare nelle strumentazioni (e purtroppo armi) di ultima generazione. Inoltre, le terre rare sono utilizzate in grande quantità nelle turbine eoliche, ad esempio in una da 5 MegaWatt ci sono 1000 kg di terre rare.
Un recente report del governo canadese (Report Governo Canada) ha elencato i principali ambiti industriali in cui le terre rare vengono utilizzate:
- 38% magneti permanenti;
- 23% cracking petrolifero;
- 13% industria del vetro;
- 9% leghe per le batterie;
- 8% metallurgia;
- 5% industria ceramica;
Un nuovo campo di utilizzo delle terre rare riguarda le auto ibride, dove è presente fino a 1 kg di terre rare, ma soprattutto le auto elettriche.
Le terre rare nelle auto elettriche
Riguardo a questo ultimo contesto citato si è recentemente aperto un dibattito tra esperti scientifici, di economia e di politica dopo la decisione, presa da parte dell’Unione Europea (formalizzata nel Gennaio 2023), di vietare la vendita, a partire dal 2035 nei territori della UE, dei veicoli che usano i combustibili fossili, per contrastare l’enorme inquinamento atmosferico da essi causato. In pratica, dal 2035, tutta l’industria (anche italiana) che si occupa della vendita di veicoli (auto, moto ecc.) a benzina e diesel cesserà di esistere, rimarrà possibile, almeno in un primo momento, continuare ad usare i veicoli acquistati prima di quella data. All’interno delle auto elettriche le terre rare sono usate nei magneti che permettono il funzionamento dei motori, proprio per le straordinarie proprietà sopra citate. Fino ad ora, nonostante gli sforzi, non si è stati in grado di trovare un’alternativa valida alle terre rare, o per motivi di costo o per i difetti degli altri elementi quando sono portati ad elevate temperature.
In questa situazione ci sono due principali problemi: l’inquinamento delle terre rare stesse ed il monopolio cinese del mercato delle terre rare.
Consideriamo ora il primo problema: la decisione della UE ha lo scopo di ridurre le emissioni di CO2, quindi apparentemente sembra una decisione presa per salvaguardare l’ambiente, ma l’estrazione e l’utilizzo delle terre rare è un processo tutt’altro che sostenibile. La decisione della UE di incentivare l’uso di auto elettriche comporterebbe un evidente abbassamento dei livelli di inquinamento, ma non è tutto oro quello che luccica. L’estrazione di terre rare è un processo tutt’altro che sostenibile.
Secondo i dati riportati da “euronews”, l’attività mineraria per l’estrazione di terre rare tra il 1965 ed il 1995 in California ha lasciato delle conseguenze ambientali gravissime, come l’inquinamento con elementi radioattivi di 2300 litri di acqua. I principali rischi sono dovuti all’utilizzo di acidi per raffinare, con la conseguente emissione di prodotti tossici ed anche radioattivi. Inoltre, considerando il difficile processo tramite il quale si ottengono le terre rare, si rischia, se non effettuato con precisione e mezzi adatti, di causare una perdita del 50% degli elementi ricercati.
Il secondo problema, invece, ha ripercussioni geopolitiche molto interessanti, infatti, come vedremo successivamente, la Cina attualmente controlla il 90% della fornitura mondiale di terre rare, ha il totale monopolio del mercato. La Cina, curiosamente, non ha emanato nessuna legge che vieterà la produzione di veicoli che utilizzano combustibili fossili e, vale la pena ricordarlo, produce il 33% dei gas serra di tutto il mondo.
L’Unione Europea, in confronto alla Cina, produce una quantità di gas serra incredibilmente inferiore, anche se si aggiungesse quella prodotta dagli Stati Uniti.
La Cina, quindi, oltre ad avere il monopolio delle terre rare avrà anche il monopolio della produzione dei veicoli che necessitano di combustibili fossili. Un fatto piuttosto curioso è che noi italiani potremo andare a comprare un’auto a benzina in un paese che continua la vendita e tornare in Italia a circolare liberamente.
Il mercato delle terre rare
Le principali riserve di terre rare si trovano in Cina, Russia, Stati Uniti, Australia, Brasile, India, Sudafrica e Vietnam. Fino a qualche decennio fa il monopolio apparteneva agli Stati Uniti, grazie alla miniera di Mountain Pass in California, ma ad oggi il più grande giacimento attivo nel mondo si trova in Cina, a Bayan Obo, e costituisce il 50% della produzione di terre rare cinesi. Ad oggi la Cina possiede il 37% di riserve di terre rare, seguita da Brasile e Vietnam con il 18% e dalla Russia con il 15%.
Il mercato dei metalli convenzionali ha luogo in piazze borsistiche riconosciute, mentre non esiste un vero e proprio mercato per le terre rare, di conseguenza le trattative tra il venditore (quasi sempre la Cina) e l’acquirente sono condotte senza un prezzo stabilito, nonostante le indicazioni fornite dalla National Minerals Information Center (istituto governativo statunitense di statistica che si occupa della domanda e dell’offerta dei materiali essenziali per l’economia statunitense).
Il mercato delle terre rare è libero ed è soggetto a continue ed imprevedibili variazioni del prezzo di acquisto, molto spesso deciso con precise finalità politiche. Recentemente stanno nascendo delle associazioni come la REIA (Rare Earth Industry Association), che ha il compito di associare produttori e acquirenti da tutto il mondo in modo da stabilizzare la situazione. Contestualmente un cambiamento sta avvenendo anche in Cina, con il governo che sembra disposto a regolamentare il mercato ed a migliorare l’efficienza e la sicurezza di tutta la filiera.
La strategia cinese
Tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento, la Cina ha deciso di sfruttare la chiusura della miniera di Mountain Pass in California da parte degli Stati Uniti ed ha intrapreso una serie di iniziative con il fine di assumere il controllo del mercato delle terre rare. Da allora, la produzione cinese ha raggiunto livelli elevatissimi grazie al bassissimo costo della manodopera, spesso arrivando allo sfruttamento dei lavoratori, ed agli investimenti per le infrastrutture intraprese dal governo cinese.

I costi di produzione della Cina sono molto più bassi rispetto a quelli degli USA anche perché la Cina ha deciso di costruire le fabbriche di raffinazione nelle immediate vicinanze dei giacimenti, in modo da minimizzare i costi, ma anche i rischi, di un lungo trasporto. Nonostante la Cina abbia “solo” il 37% delle risorse mondiali di terre rare, controlla fino al 90% delle terre rare sul mercato. Questo è stato reso possibile dalle abili e molto speculative politiche intraprese dalla Cina in Africa.
La Cina in Africa
La Cina, negli ultimi due decenni, ha voluto espandere all’estero la propria produzione ed ha scelto l’Africa. Questa politica commerciale cinese si chiama “Belt and Road Initiative” e consiste nella creazione di rotte commerciali da e per la Cina con lo scopo di sostituire gli Stati Uniti come prima potenza commerciale.
In cambio della costruzione di moderne infrastrutture e di aiuti sociali da parte della Cina, l’Africa ha concesso alcuni suoi ampi territori ricchi di risorse all’amministrazione cinese. La Cina ha così sfruttato l’incapacità da parte dell’Africa di sfruttare le risorse del proprio territorio, ampliando la produzione ed il controllo. La Cina ha comprato dei territori nei Paesi più ricchi con finalità economiche, mentre ha acquisito il controllo di alcune zone dei Paesi più poveri per scopi militari, creando delle vere e proprie basi militari a Gibuti (uno dei cosiddetti “choke points”) ed in Guinea Equatoriale.
Questo fenomeno di acquisizione di terre e risorse prende il nome di “land grabbing” ed è una pratica utilizzata anche dai Paesi Occidentali, Stati Uniti fra tutti.
L’aspetto più controverso e che fa riflettere, anche in riferimento alla politica coloniale dei Paesi dell’Europa in passato, riguardo la cosiddetta “trappola del debito”.
La Cina ha investito più di 150 miliardi di dollari in Africa, l’80% di questi investimenti sono stati fatti in infrastrutture che potrebbero tornare utili anche alla Cina stessa. La Cina, infatti, non ha aiutato lo sviluppo dell’Africa per ragioni umanitarie, anzi, è stata un’azione cinica che ha conferito un sacco di potere, con una conseguente“sudditanza” da parte dei Paesi in cui sono stati compiuti ingenti investimenti.
Se l’Africa, come succederà, non sarà in grado di ripagare i debiti nei confronti della Cina, sarà costretta a cedere il controllo delle infrastrutture, oppure a far entrare la Cina nelle decisioni politiche interne, con lo scopo di restituire il “favore” tramite precise azioni a favore del colosso asiatico.

Fonte: Espace Mondial
Il ricatto cinese e Taiwan
Le terre rare sono necessarie anche per l’armamento dell’esercito degli USA, di conseguenza un eventuale blocco all’export da parte della Cina avrebbe conseguenze disastrose per gli USA. Questo “jolly” in mano alla Cina condiziona le scelte politiche, economiche e militari di tutto il mondo, ma soprattutto influenza gli Stati Uniti, l’unica potenza in grado di competere con la Cina su tutti i fronti.
La situazione al momento più instabile riguarda Taiwan, un arcipelago di fronte alla Cina che si è dichiarato indipendente da vari decenni, con la Cina che, però, non accetta questa decisione, data l’importanza di Taiwan nell’equilibrio commerciale. Taiwan è fondamentale per la produzione di microchip (il 60% di quelli globali è prodotto a Taiwan) e di apparecchiature hi-tech.
Taiwan ha un’importanza anche “geografica”, infatti la sua posizione strategica impedisce alla Cina, e garantisce agli USA, di controllare tutta la zona di Oceano Pacifico in cui passano il 60% delle rotte commerciali. Negli ultimi mesi la situazione ha subito uno sviluppo preoccupante, infatti circa 600 aerei militari cinesi hanno ripetutamente violato lo spazio aereo di Taiwan, effettuando esercitazioni militari anche con armamenti nucleari.
La mancanza di microchip è alla base dell’attuale crisi globale, con la Cina che mira, quantomeno, a controllare le esportazioni da Taiwan per avere un altro “jolly” in mano negli equilibri globali.
Al momento la politica Occidentale, soprattutto degli USA, è stata incerta, infatti da un lato commerciano con Taiwan e ufficiosamente la supportano nelle scelte di indipendenza, ma, d’altro canto, non tutti la riconoscono ufficialmente, perché significherebbe inasprire i rapporti con la Cina con conseguenti problemi nel reperimento delle terre rare.
L’Unione Europea potrebbe svincolarsi dal monopolio cinese?
La soluzione potrebbe arrivare dalla Svezia, nell’area di Kiruna è stato recentemente scoperto un giacimento di terre rare da parte di una società svedese statale (Lkab). La scoperta di questo giacimento potrebbe, a livello teorico, sconvolgere gli equilibri mondiali, ma bisogna ancora pazientare ed essere realisti, infatti non sono ancora stati comunicati in modo ufficiale e preciso la tipologia, ma soprattutto la quantità, delle terre rare presenti.
Inoltre, prima di poter competere con la Cina, bisogna considerare i necessari tempi tecnici, poiché sarà necessario creare le infrastrutture per un recupero efficiente, per la raffinazione e per il trasporto.
CONCLUSIONI
La strategia della Cina in merito alle terre rare è stata lungimirante e, nel giro di un paio di decenni, ha posto l’Occidente in una posizione di dipendenza, al punto da poter decidere i prezzi e le quantità esportate, condizionando, di conseguenza, le scelte politiche di paesi, come gli USA, che altrimenti potrebbero competere su tutti i campi con la Cina, anche quello militare in merito alle continue tensioni con Taiwan.
La Cina ha anche condotto una politica di espansione in Africa, di cui non si è molto parlato fino a pochi anni fa, ma che si sta rivelando un fattore determinante.
La situazione non è irrimediabilmente compromessa, ma è necessario che la UE trovi delle soluzioni alternative alla Cina, ancora meglio se si rendesse indipendente, inoltre sarebbe opportuno non intraprendere delle politiche che, anche se giuste, possano favorire ulteriormente la Cina sul mercato.
E’ interessante osservare come “solo” 17 elementi della tavola periodica possano far nascere e sviluppare degli scenari che influiscono in campo politico, economico e militare, soprattutto in un mondo globalizzato come quello attuale.
FONTI
U.S.G.S. (United States Geological Survey)
Euronews (Inquinamento delle terre rare)
Geopop (Terre rare, Cina, Taiwan )
Wikipedia (Terre rare, Lantanidi)
Chimica.online (Proprietà delle terre rare)
China in Africa: a growing influence – World Atlas of Global Issues (sciencespo.fr)
Rai (Svezia)